Call of Duty Vanguard – Recensione multiplayer
Dopo aver esaminato la campagna single player è tempo di dedicarsi al comparto multigiocatore di Call of Duty Vanguard. Ecco il nostro giudizio definitivo!
Nei giorni scorsi abbiamo aperto le danze con la nostra disamina su Call of Duty Vanguard, ultimo capitolo dell’ amatissima saga di sparatutto in prima persona, partendo dalla campagna single player (qui la nostra recensione), notoriamente una parte se vogliamo marginale del pacchetto completo. I ragazzi di Sledgehammer Games hanno confezionato un’avventura non esattamente memorabile, né per narrazione né da un punto di vista ludico, confermando in qualche modo quanto detto poco sopra, ossia che, mai come quest’anno, il pargolo di Activision vuole fare all-in su quello che è notoriamente il suo aspetto più affascinante: il comparto multigiocatore.
Per catturare e tenere incollati ai server più giocatori possibile il team di sviluppo ha messo su, con questo Call of Duty Vanguard, un’infrastruttura incredibilmente solida, ricca e variegata, per quanto non del tutto originale, riuscendo, nel complesso, a risultare ancora una volta un punto di riferimento per tutti gli appassionati del genere. Certo, probabilmente per le novità vere e proprie probabilmente dovremmo attendere la nuova iterazione del brand, giacché al netto del cambio setting e il conseguente impatto dovuto da questa scelta sul gameplay (nemmeno poi così rivoluzionari) ci troviamo di fronte a quello che definiremmo un “more of the same” per eccellenza, con tutti i pro e i contro del caso.
Dopo aver trascorso diverse ore sui server di gioco, in compagnia della nostra fedele Xbox Series X e di una buona dose di caffè, siamo pronti a completare la nostra recensione, la cui prima parte dedicata alla campagna potete trovare qui.
Call of Duty Vanguard: Guerra e scontri per tutti i gusti
Così come per gli ultimi capitoli della saga, Call of Duty Vanguard risulta, già da un primissimo sguardo, un prodotto ricco di possibilità, che cerca di venire in contro a tutte le tipologie di giocatori offrendo a questi ultimi tantissime soluzioni ludiche per passare il tempo sui server in maniera più piacevole e appagante possibile. La lista delle attività fruibili nel comparto multigiocatore del titolo di Activision è veramente elevata, tra graditi ritorni, doverose conferme e qualche novità, in alcuni casi anche molto interessante. Una delle più gradite aggiunte è sicuramente la modalità Collina dei Campioni, che come dice il nome stesso vuole risultare una sorta di modalità ancor più “competitiva”, pensata dunque per chi vuole mettersi alla prova in maniera più totale negli scenari di guerra pensati da Sledgehammer per il nuovo corso del brand.
In questa modalità è necessario o quantomeno consigliabile affrontare i match con un gruppo di amici o comunque con una squadra organizzata, poiché la collaborazione, il piazzamento e il movimento corale degli uomini in battaglia risulta una delle chiavi principali per portare a casa gli scontri, che spesso e volentieri risultano tesi e serrati dall’inizio alla fine. Si tratta di una sorta di deathmatch con rianimazioni limitate in cui i giocatori vengono divisi in otto team che si scontrano, fino alla sopravvivenza del team più forte, a rotazione su porzioni di mappa più ridotte e che di conseguenza necessitano di un fattore collaborazione più marcato e prioritario.
Dopo ogni round i giocatori possono potenziare o modificare il proprio arsenale spendendo i soldi accumulati durante gli scontri, cosa che chiaramente mette ancor più pepe a una modalità che comunque, al netto di alcuni problemi di bilanciamento, sembra comunque poter dire tanto nella scena competitiva del titolo.
Anche la modalità Pattuglia risulta molto interessante e non possiamo non annoverarla tra le aggiunte più interessanti di questo Call of Duty Vanguard. In questi match, che risultano per certi versi una sorta di Hardpoint 2.0, bisogna, un po’ come accade in Overwatch con l’amatissima “Scorta il carico” difendere un punto di controllo prestabilito, che si muove in continuazione sulla mappa seguendo un percorso preciso. Va di per sé che ciò rende lo svolgimento degli scontri sempre molto dinamico e frenetico, unendo però un fattore tattico e strategico necessario e tratti imprescindibile, cosa che riesce a elevare le partite su un livello decisamente più intrigante e difficilmente “ripetitive”.
Decisamente meno interessanti, per quanto comunque provino a offrire una vantata di novità alla formula base, risultano le modalità Blitz e Ritmo di Combattimento, le quali non riescono a risultare veramente tanto intriganti da risultare potenzialmente rivoluzionare o comunque alla lunga amate e giocate. La prima è un semplice “tutti contro tutti” in cui 48 giocatori si scontrano in maniera però troppo confusionaria e a tratti incomprensibile, mentre la seconda offre al giocatore la possibilità di personalizzare l’esperienza di gioco, attraverso però la gestione di alcuni parametri nel complesso poco entusiasmanti e mai veramente incisivi.
A tutte queste, ovviamente, si aggiungono le modalità più classiche e, diciamoci la verità amate dai parte dei giocatori, come Deathmatch, Punto di Controllo e Uccisione Confermata, che rappresentano, al netto di tutte le novità illustrate, lo zoccolo duro dell’esperienza multigiocatore, oggettivamente uno delle più ricche degli ultimi anni per un titolo del genere e soprattutto una delle più complete nella storia del brand.
Un gameplay solido e appagante che farà la felicità di tutti
Al netto di tutto il discorso (doveroso) fatto sulla quantità e la qualità delle modalità di gioco disponibili è chiaro che buona parte delle fortune del titolo passano attraverso un fattore altrettanto fondamentale e focale: il gameplay (e gunplay). Facendo leva su quella che è l’ambientazione e la collocazione temporale il team di sviluppo, in collaborazione con Infinity Ward (al lavoro sul Modern Warfare del 2019) ha portato su schermo un prodotto per certi versi spaccato a metà rispetto alle ultime due iterazioni del brand, da cui, appunto, eredita in maniera quasi equiparata dei tratti anche fondamentali dell’esperienza di gioco. Pad alla mano, infatti, questo Call of Duty Vanguard evidenzia la volontà del team di conservare quella “pesantezza” dei movimenti più marcata rispetto al passato, con i giocatori che si muovono in maniera più credibile e se vogliamo tattica sul campo di battaglia, senza assistere a manovre “isteriche” e confusionarie che in qualche modo rappresentano ormai il passato della saga.
Ciò si lega in maniera importante con quello che è un altro fattore “innovativo” per l’ultimo corso della saga, ossia il level design delle mappe, sempre più importante e centrale all’interno dell’esperienza di gioco. Oltre a risultare numerose e ben diversificate tra loro, le mappe di gioco risultano quasi sempre ben congegnate e molto ispirate dal punto di vista della concezione e della creazione e rendono il posizionamento e la strategia in battaglia un fattore sempre più focale e di prioritaria importanza in un titolo che ha sempre fatto della frenesia e del “faccia a faccia” il proprio credo.
Sia chiaro, ciò non significa che il nuovo Call of Duty Vanguard sia in qualche modo vicino ai ritmi di titoli quali Battlefield 1 e V, ma risulta evidente quanto il team abbia deciso di spingere fortemente in tal direzione, una scelta se vogliamo comprensibile e che risulta decisiva per rendere l’esperienza di gioco più longeva, appagante e soprattutto più alla portata di tutte i palati.
Se alcuni di voi si stanno preoccupando leggendo queste parole, vogliamo subito dirvi che non è il caso. Se siete tra quelli che amano l’esperienza “classica” di COD siete comunque nel posto giusto, poiché il titolo unisce questi elementi tattici e questi ritmi più compassati alla solita frenesia di un gameplay “leggero” e spettacolare, in cui il peso delle armi è sempre molto relativo, con un feedback generale molto piacevole ma comunque votato fortemente all’arcade. Proprio le armi, come da tradizione, risultano poi dannatamente letali, con un time-to-kill che si conferma incredibilmente basso e che rende praticamente istantanea sia la propria dipartita sia quella degli avversari.
Questo rende, di conseguenza, l’esperienza di Call of Duty Vanguard ancor più intrigante, poiché la necessità di spostarsi in continuazione attraverso le più intricate mappe diventa un fattore fondamentale per evitare di esporsi alla vista degli avversari, il che vorrebbe significare morte praticamente certa e istantanea, con buona pace di tutti i puristi della saga.
Tornando al discorso sulle bocche da fuoco, è giusto sottolineare quanto anche quest’anno i ragazzi di Sledgehammer Games abbiano dato grande libertà di azione ai giocatori, confermando, ampliando e dando ancor più lustro al fattore personalizzazione dell’armamento con cui affrontare gli scontri. Call of Duty Vanguard offre infatti una varietà di abilità, di killstreak perk da sbloccare e di potenziamenti per le (tante) armi disponibili da poter equipaggiare veramente intrigante e variegato, confermando in buona parte tutto quello di cui vi abbiamo parlato finora.
La notte dei morti viventi
Chiosa finale sulla modalità Zombie, tanto amata dai giocatori ma comunque sempre in qualche modo “marginale” ai fini dell’esperienza di gioco complessiva. Quest’anno il team di sviluppo ha provato ad alterare in qualche modo la formula classica, proponendo una struttura in parte diversa ma che alla fine convince soltanto in parte. Con l’espediente narrativo dell’Etere oscuro e del ritorno dei redivivi la modalità Zombie si presenta coma una sorta di micro missioni a livelli, in cui i giocatori, una volta entrati nel portale che li conduce all’area in cui si muovono i morti viventi, sono chiamati a fronteggiare alcune prove mentre si divertono a trucidarli in maniera colorata e “scanzonata”, un po’ come da tradizione per la serie nella serie.
Progredendo nell’avventura si sbloccano via via sempre più portali e dunque nuove missioni, ma la profondità di tale modalità si esaurisce fondamentalmente qui, risultando a lungo andare ripetitiva e “noiosa”, ma soprattutto che offre pochi spunti veramente interessanti e poche ragioni per popolare i server sul lungo periodo, specialmente una volta superato l’hype iniziale. Potenziare la dotazione, esplorare le aree e prendere parte alle varie attività risulta subito ripetitivo e, di conseguenza, siamo convinti che senza qualche ritocco tale modalità possa risultare dimenticabile anche per gli affezionati di vecchia data.
https://youtu.be/EfFU-vxbzd0
Il comparto multigiocatore di Call of Duty Vanguard è sicuramente, come doveva essere, il cuore pulsante della produzione. Affiancato a una campagna single player che difficilmente rimarrà nel cuore degli appassionati sia di nuova sia di vecchia data i ragazzi Di Sledgehammer hanno confezionato un prodotto ricco, variegato e longevo, capace di soddisfare i differenti palati dei tanti giocatori appassionati. Le nuove modalità, alcune delle quali molto interessanti, si uniscono allo zoccolo duro della produzione, rappresentato dalle classiche iterazioni ampliate e migliorate grazie a un level design sempre più consapevole e importante e da una varietà delle mappe di primissimo livello. A ciò si “contrappone” un time kill bassissimo e un gunplay sempre più frenetico e “leggero” il che rende l’esperienza di gioco un perfetto mix tra frenesia e strategia, chiaramente in maniera più o meno evidente in base alla modalità di gioco selezionata. La grande personalizzazione fa poi il resto, e siamo sicuri che i giocatori rimarranno incollati agli schermi per tantissime ore in compagnia di questo nuovo capitolo della serie, sporcato in qualche modo soltanto da una modalità Zombie per il momento fin troppo acerba e scarica di idee ma che, stando al team di sviluppo, dovrebbe espandersi di mese in mese. Chi vivrà vedrà, è il caso di dire!