Borderlands 3: Un breve dietro le quinte
Dalla famosa convention ecco le ultime novità sul titolo Gearbox Software
Sul palco della Devcom 2019, oggi, c’è Randy Varnell, a capo dello sviluppo del mondo di gioco in Borderlands 3.
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Da veterano del settore da più di 25 anni, Randy fa luce sugli aspetti meno “front and center” dello sviluppo di un videogame, condividendo i processi mentali che portano una compagnia come Gearbox Software ad adattare le poco flessibili regole del game design a una realtà così dinamica come quella di Borderlands 3. Dopo una piccola parentesi sulla necessità implicita di un reparto narrativo dedicato, soprattutto in uno studio delle dimensioni di Gearbox, Varnell ha iniziato a parlare delle principali difficoltà nel lavorare sul sequel di una serie così amata. Prima fra tutti?
La metaforica chimera dell’equilibrio da trovare (o peggio creare) tra il contributo creativo che ogni singolo elemento del team vuole fornire e la necessità di prendere decisioni finalizzate alla realizzazione di uno e un solo progetto: quasi sempre ci si trova davanti a moltissime scelte “giuste” ma tra loro incompatibili, piuttosto che di fronte alle canoniche scelte. È un bilanciamento dinamico che va regolato a ogni step del processo, una scalata che spesso costringe un team a effettuare compromessi, possibilità che per Gearbox non è mai davvero da considerare.
Essenzialità di questo modus operandi è stata la suddivisione del processo creativo in quelle che Varnell chiama tasks, macro-intervalli di lavoro nei quali sono solo alcuni i team interpellati, permettendo una comunicazione più efficace e un prodotto più coerente nella sua totalità, meno frammentato dai troppi input.
Inoltre, per ogni atto del gioco è stata creata una sorta di canovaccio che contiene le informazioni essenziali, a livello narrativo, per quella specifica tranche: cosa sa il giocatore prima dell’inizio della missione, che personaggi incontra, quali cose impara nel concludere la missione.
Anche chi è al lavoro su Borderlands 3 deve tenersi aggiornato sull’andamento del mercato, su ciò che il panorama videoludico si è lasciato alle spalle e su quello che invece è il suo nuovo orizzonte: negli studi di Gearbox infatti, alle 17, ogni singolo elemento del team si mette a giocare, anche e soprattutto a titoli della concorrenza, proprio per avere una stima della competizione che si troveranno a dover affrontare. Varnell si è poi espresso sul desiderio di Gearbox di non precludere l’ingresso – in questo capitolo come nei precedenti – a nuovi giocatori, permettendo così a chiunque di iniziare Borderlands 3 anche senza aver mai messo mano sulle sue prime iterazioni.
Borderlands è una serie che si concentra molto più sui personaggi che sugli eventi, e questo presenta una doppia difficoltà: se da un lato è difficile rendere in videogioco il percorso di crescita che il team di scrittori ha creato e immaginato per i principali comprimari, riuscendo quindi a convincere il giocatore della loro evoluzione caratteriale ed emotiva, dall’altro è presentare a un neofita della serie un pg con specifiche storie e motivazioni, la vera montagna.
Tutti i personaggi in Borderlands 3 sono invecchiati, cresciuti: Tina ora ha 20 anni, Moxxi rientra tranquillamente nella categoria milf, perfino Rhys e Vaughn di Tales of the Borderlands sono stati ritoccati e resi più maturi.
Se da un lato si parla di invecchiamento, dall’altro Borderlands 3 ha deciso di rinnovarsi con l’introduzione di veri e propri filmati di gioco: lunghi fino a 5 minuti, sono posti nei punti chiave della complessa matassa narrativa offerta dal titolo.
Per una maggior comprensione della storia, Varnell consiglia di giocare a Commander Lilith & Fight for Sanctuary, e lo fa parlandone come la dimostrazione dell’amore che il team ha per gli utenti e per il franchise, considerando che è un DLC per un gioco di 7 anni fa.
Il Game Development è tanto un’arte quanto un business, e per portare nuovi fan nell’universo di Borderlands, non si possono non reintrodurre i concetti chiave in modo chiaro (Cripta, Chiave della Cripta, Pandora, i mostri). Questi concetti chiave vanno poi ripetuti e spesso, ovviamente senza stancare: 20-30 ore per finire il titolo (80 per i completisti) sono davvero tante, un lasso di tempo in cui è facile dimenticarli. Centrale in questa missione è la capacità di saper distribuire i contenuti, chiarendo da subito chi è il giocatore, di cosa ha bisogno per vincere, e chi si oppone a lui. È sempre nell’inseguimento di questo obbiettivo che in ogni nuovo capitolo Gearbox da la possibilità a ogni giocatore di iniziare da zero, con 4 nuovi personaggi: il giocatore cresce con il personaggio perché hanno iniziato il viaggio insieme, e aiuta moltissimo far dire al personaggio quello che magari il giocatore sta pensando, ad esempio dubbi sulla missione in corso o sulle motivazioni di quel determinato personaggio o villain.
Sono tutti esempi di una flessibilità che Gearbox sembra applicare a diversi aspetti, basti considerare anche solo il prologo di Borderlands 3: se inizialmente la storia doveva iniziare su Promethea, un enorme pianeta metropoli, si è poi percepito che qualcosa non tornasse, ed ecco il ritorno a Pandora.
Ormai manca poco meno di un mese all’uscita di Borderlands 3, ed eventi come questo non fanno che buttare benzina sul fuoco dell’hype.