Bethesda prima di Starfield, pt. 2
L'editoriale vuole fare luce sull'evoluzione di Bethesda e su quali siano le componenti che necessariamente hanno ispirato lo sviluppo di Starfield.
Starfield, in arrivo il 6 settembre del 2023, promette di essere per Bethesda un titolo epocale, un’enciclopedia moderna della fantascienza nella quale al giocatore sarà consentito esplorare liberamente una mole di pianeti sconfinata nonché intessere rapporti con chicchessia. Insomma, la realizzazione di uno dei sogni più frequenti: essere un astronauta. Ma anche altro, un esploratore, un cacciatore, un condottiero, un meccanico.
In questo secondo editoriale waiting for Starfield, attraverso un salto temporale, completeremo la trattazione sulla saga di Fallout, in particolare Fallout: New Vegas, Fallout 4 e Fallout 76 e della tribolata accoglienza di quest’ultimo, in modo da evidenziare le caratteristiche che, probabilmente più di tutte, hanno ispirato e ispirano Starfield nella sua realizzazione.
Fallout: New Vegas, il punto più alto?
L’attenzione nei confronti della saga di Fallout era particolarmente alta durante i primi anni del 2000, complice il successo di Fallout 3, titolo che ha pesantemente lasciato un segno nel mondo dei giochi di ruolo occidentali, aiutando Bethesda a imporsi nell’universo degli RPG.
Il compito di sviluppare il successore di Fallout 3 venne affidato ad Obsidian, azienda di sviluppo particolarmente legata a Bethesda, la quale, come dichiarato anche nel corso del tempo, si cimentò su Fallout: New Vegas, in veste di pacchetto di espansione del terzo capitolo più che di titolo stand alone, anche in considerazione del fatto che Bethesda, all’epoca, era già al lavoro nello sviluppo di Skyrim.
Il titolo, pubblicato nel 2010, venne accolto dalla critica positivamente, in un’ottica di evoluzione del capitolo precedente, sebbene il giudizio complessivo finì per allinearsi agli standard di Fallout 3, anche in ragione di una complessiva sistematicità del gameplay dei due titoli, i quali si differenziavano, in concreto, soprattutto dal punto di vista stilistico.
Ciò che contraddistingueva, infatti, Fallout: New Vegas rispetto al predecessore fu la scelta peculiare compiuta da Obsidian di ambientare il titolo nella costa occidentale degli Stati Uniti, infondendo allo stesso un sapore maggiormente old school che si riverberava anche nella costruzione del mondo di gioco nonché nei dialoghi con i diversi NPC.
Ma non solo. Il lavoro di perfezionamento di Obsidian ha coinvolto, altresì, il sistema di combattimento, che risultava quindi più pulito e coerente, nonché la qualità delle missioni secondarie, quest’ultime risultando, ancora oggi, tra le migliori in circolazione per profondità e progettazione.
Insomma, un gioco di ruolo a tutti gli effetti che permetteva realmente al giocatore di immergersi nel mondo di gioco e costruirsi la propria esperienza anche grazie a opzioni di dialogo sempre vicine al reale pensiero del giocatore nel caso concreto nonché alla costruzione di NPC sempre interessanti e mai banali.
Fallout 4, Bethesda perde colpi
Dalla vetta di una montagna non si può far altro che scendere ma vi sono due alternative: un lancio in picchiata, netto, che riporti a terra in pochi secondi o una discesa più lineare e tranquilla, una lenta calata verso, però, il medesimo punto d’arrivo.
Se Fallout 3 prima e Fallout: New Vegas poi hanno avuto il merito di risaltare le qualità di Bethesda nello sviluppare giochi di ruolo realmente caratteristici, vuoi per la scelta di troncare con il gameplay proposto nei primi due capitoli, vuoi per un fascino ludico e grafico impareggiabile, lo stesso non può dirsi per il quarto capitolo della serie.
Non siamo a conoscenza della storia del processo produttivo di Fallout 4 ma quel che è certo è che l’ultimo titolo della saga non ha riscosso il successo, quantomeno quello affettivo, dei predecessori, figlio, anche, di alcune scelte di gameplay che hanno finito per peggiorare la qualità generale del prodotto.
Attenzione, premettiamo che, conti alla mano, Fallout 4 è stato per Bethesda un successo commerciale assoluto: il titolo risultava realmente divertente e affascinante, con una votazione su Metacritic che si è allineata a quella dei titoli precedenti, ma forse sbagliava ad assegnarsi l’effige di gioco di ruolo nell’accezione più cruda del termine.
Dopotutto, i fan storici della saga hanno accolto con molte perplessità Fallout 4 a causa di alcune scelte stilistiche discutibili: il quarto capitolo della saga non godeva di quella profondità da gioco di ruolo tipica di Fallout 3 e New Vegas, risultando, a conti fatti, un ottimo sparatutto ambientato in un open-world con elementi sparuti da gioco di ruolo, che perdeva il senso di immersione assoluto visto in Fallout: New Vegas per abbracciare una tendenza più commerciale.
La brillante evoluzione realizzata da Fallout 3 a Fallout: New Vegas, sia per il gameplay relativamente più complesso sia per la narrazione dello spirito e dei toni dei primi due Fallout, finisce per perdersi nel quarto capitolo, il quale baratta volontariamente il senso di immersione tipico degli RPG con un divertente ed enorme sandbox nel quale al giocatore vengono donate le chiavi per ricreare un mondo di gioco che, però, finisce per essere vacuo e privo di complessità.
Insomma, bene ma non benissimo.
Fallout 76, quello che Bethesda non deve riproporre
Vi ricordate il progetto Fallout Online? Quell’incredibile esperimento che avrebbe dovuto contenere l’immersione tipica dei Fallout in salsa multiplayer? Ecco, il 2018 è l’anno in cui ha visto la luce Fallout 76, titolo intriso di elementi da MMORPG sul quale Bethesda ha puntato (e continua a puntare) molto, sebbene la conclamata inesperienza nella realizzazione di titoli multigiocatore
Wow…? Non proprio. Il gioco all’uscita presentava una serie di problemi non di poco conto: server glitch, un senso di noia durante l’avanzamento tale per cui il videogiocatore spesso vagava in un paesaggio noioso, con enfasi posta su eventi elettrizzanti come trovare acqua pulita e riparo.
A quanto sopra si aggiunga l’assenza di missioni ramificate che includessero più personaggi e interazioni con gli stessi nonché la peculiare scelta di non includere alcun NPC umano che, sebbene spiegata narrativamente, faceva da eco alla mancanza di una storia avvincente per giocatore singolo e all’incapacità di tradurre elementi classici della serie, come il VATS, in un’esperienza multiplayer.
Proprio per i motivi sopra esposti, Fallout 76 non è mai riuscito a fare breccia nel cuore dei fan della saga, finendo per essere quasi considerato, forse anche da Bethesda stessa, una mela marcia in una saga che invece era solita proporre ai giocatori titoli di ben altro respiro e qualità.
Il gioco, ad oggi, anche grazie ai numerosi aggiornamenti rilasciati, risulta molto più divertente da giocare, gli accampamenti multipli o il saccheggio delle aree sono state aggiunte notevoli, ma la storia, le missioni e i contenuti in generale non hanno contribuito a rivoluzionare Fallout 76 né a far cambiare idea ai fan storici della saga.
Fine seconda parte
Lasciamo il racconto della lunga vita di Bethesda a questo punto avendo avuto cura di sottolineare gli aspetti più importanti della compagnia e dei titoli pubblicati dalla stessa. Restate connessi con Gamesource perché a fine mese chiuderemo il cerchio, avvicinandoci sempre di più all’uscita di Starfield.