Bethesda: 10 anni di MachineGames
Un approfondimento sulla storia di MachineGames: i trionfi, le difficoltà e la crescita e l'innovazione di uno studio di sviluppo nel corso di 10 anni.
In occasione del decimo anno di MachineGames, il produttore esecutivo e socio fondatore Jerk Gustafsson ha riassunto l’ultimo decennio raccontando i trionfi, le difficoltà e la crescita e l’innovazione di uno studio di sviluppo nel corso di anni.
“Era l’inizio del 2009, e il primo anno dopo aver lasciato Starbreeze si rivelò molto più difficile del previsto.”
Così, Jerk Gustafsson, ha descritto l’inizio del nuovo percorso intrapreso nella creazione di MachineGames. Le difficoltà più grandi le trovarono nella ricerca di un publisher. “Soffrivamo economicamente e con il passare del tempo la nostra difficoltà nel trovare un publisher iniziò a diventare mentalmente logorante.”
Fortunatamente arrivò la svolta grazie a Bethesda che gli fece visitare Id Software e iniziare a lavorare su un loro progetto di gioco. “Durante quelle caldissime settimane estive in Texas, stendemmo i piani per quello che sarebbe poi divenuto Wolfenstein: The New Order”.
Questa immagine mostra tutti i loro progetti per Wolfenstein: The New Order, e ciò che è scritto su quella lavagna è stato poi trasformato in un gran titolo. “Fortunatamente, siamo sempre stati bravi in questo: una volta steso un piano comune, ci atteniamo a esso”. Dopo questo primo progetto, che regalò molte soddisfazioni al team, si resero conto ancor di più delle loro grandi capacità, e di quanto era importante far parte di un publisher come Bethesda:
“Realizzammo presto che, rispetto al passato, quando eravamo sviluppatori indipendenti, far parte di un publisher videoludico portava grandi benefici: non solo una comprensione e un coinvolgimento maggiore del processo di pubblicazione, ma anche contatti importanti con altri sviluppatori dell’organizzazione. Poter condividere esperienze, idee e conoscenze con team incredibilmente dotati è una fortuna. E anche se i nostri studi sono unici e lavorano su giochi molto diversi, il supporto che ci forniamo a vicenda è una parte importante del successo ottenuto”.
Prima di aprire i loro uffici, utilizzavano una sala conferenze di un hotel, in cui crearono gli script e la progressione del capitolo della Prigione Eisenwald di quella che sarebbe poi divenuta la prima area giocabile di Wolfenstein: The New Order.
“In questa foto potete vedere un pezzo della testa della persona più intelligente nella stanza: il nostro direttore tecnico, Jim Kjellin. Oggi ha meno capelli”.
Jerk Gustafsson ha poi parlato del primo anno di collaborazione con Bethesda, tra la creazione del team e lo sviluppo del primo Wolfenstein:
“Il primo anno dopo essere entrati in Bethesda fu piuttosto caotico, poiché stavamo al tempo stesso mettendo insieme il team, costruendo gli uffici e iniziando la pre-produzione per il nostro primo titolo di Wolfenstein. Ci avevano affidato l’incredibile opportunità di lavorare su uno dei franchise videoludici più classici e iconici di sempre, e non dovevamo fallire: dovevamo assicurarci che fosse uno degli sparatutto in soggettiva migliore mai creato! Era importante per diverse ragioni: per mostrare a id Software e a tutti i fan di Wolfenstein che eravamo in grado di portare avanti un simile retaggio, per mostrare a ZeniMax che MachineGames avrebbe fatto la propria parte e sarebbe divenuta una parte importante dell’organizzazione e, cosa più importante per noi, per creare e pubblicare un titolo di debutto di cui l’intero team di MachineGames potesse andare fiero.
Col senno di poi, credo che abbiamo realizzato buona parte dei nostri obiettivi, ma al momento della pubblicazione siamo rimasti un po’ delusi dai punteggi delle recensioni. I nostri piani di sviluppo erano estremamente ambiziosi e c’erano state diverse sfide: stavamo sviluppando al tempo stesso per le console dell’epoca e per quelle della prossima generazione, PlayStation 4 e Xbox One, e tutto questo mentre stavamo ancora mettendo insieme il nostro team. Inoltre, The New Order era originariamente previsto per l’autunno del 2013, ma fummo costretti a posticiparne l’uscita alla primavera del 2014. Chiedere del tempo extra a Bethesda non fu facile, e fu imbarazzante sentire di aver deluso l’azienda che ci aveva accolto per non aver rispettato la data iniziale di pubblicazione del nostro primo titolo. Avendo visto di persona quanto Bethesda e ZeniMax tenessero alla qualità e fossero disposti a supportarci, sapevamo di essere molto fortunati a far parte dell’organizzazione”.
Il team continuò il suo lavoro mettendosi subito sotto con la produzione di Wolfenstein II: The New Colossus, un progetto che inizialmente portò sconforto nella testa di Jerk, soprattutto per aver deluso Bethesda con il rinvio, ma che poi si rivelò un successo per tutti i giocatori e per la critica:
“Iniziammo a lavorare su Wolfenstein: The New Colossus subito dopo la pubblicazione di The New Order. Ritenevamo che per il sequel dovessimo alzare la posta in gioco, soprattutto per quanto riguardava la storia. Non volevamo farci limitare da nulla. Non volevamo andare sul sicuro. Facemmo quello che facevamo sempre: stendere l’intero gioco su una lavagna, con tutti i capitoli, i luoghi e i momenti importanti della trama. Poi Jens e Tommy Tordsson Björk, il nostro progettista narrativo, iniziò a scomporre e a scrivere le scene. Nel frattempo, avevamo già iniziato a lavorare su Wolfenstein: The Old Blood per tenere impegnato il team mentre procedevamo alla produzione di The New Colossus. The Old Blood era un omaggio a Return to Castle Wolfenstein, un gioco che avevo amato e usato come riferimento per The New Order, specialmente dato che volevo preservare quel feeling retrò che ritenevo fosse andato perduto nella nuova generazione di sparatutto. Il team fece un ottimo lavoro e pubblicò The Old Blood dopo soltanto un anno dall’uscita di The New Order. Venimmo criticati per la storia di The Old Blood, che fu ritenuta non all’altezza del titolo precedente. Sebbene non ci sembrasse giusto che venisse paragonato con un titolo a prezzo intero, fu anche bello vedere che la nuova pubblicazione di MachineGames aveva aspettative così elevate. Sinceramente, la storia più leggera di The Old Blood era l’effetto di tempi di produzioni ridotti e del fatto che la nostra creazione narrativa fosse già concentrata su The New Colossus, il nostro prossimo titolo di punta. Il tema principale di The New Colossus era “libertà”.
Il nostro obiettivo e la nostra ambizione erano di usare tale tema per influenzare gli aspetti chiave del gioco: la libertà di liberarsi narrativamente dai tradizionali vincoli delle trame videoludiche, ambienti che i giocatori potessero rivisitare ed esplorare rapidamente e meccaniche di gioco libere da restrizioni. The New Colossus venne pubblicato come previsto nell’ottobre del 2017, ma fu una corsa contro il tempo e mise sotto forte pressione i reparti di CQ e produzione. Pubblicare il gioco richiese sforzi epici da parte di tutti, compresa la preziosa assistenza dei nostri colleghi di Arkane e id Software. Giunti a chiudere le ultime cose in autunno, eravamo molto stanchi e non sapevamo cosa aspettarci in termini di ricezione del pubblico. Eravamo solo concentrati nel completare il gioco. Poi, il 13 ottobre, ricevetti nella mia casella email le prima recensioni commissionate:
Oggetto: Wolfenstein II | Recensioni commissionate USA
Recensioni allegate. Non condividere ancora con nessuno.
- XX l’ha valutato 65
- XX l’ha valutato 74
Punteggio previsto: 69 – 74.
Considerato quanto eravamo soddisfatti della qualità del gioco, quelle recensioni furono un duro colpo. Jans, con cui ero solito confidarmi per queste cose, era a una conferenza stampa in Australia, e io non volevo dargli una notizia così deprimente quando era concentrato nel pubblicizzare il gioco. Quindi, la tenni per me. A quanto pare, anche il nostro team PR americano restò scioccato dai punteggi, che ritennero drammaticamente bassi. Furono così colpiti, che inviarono immediatamente (e segretamente) il gioco per una terza revisione commissionata a Los Angeles, inviando una console con il gioco installato insieme a un dipendente che doveva già recarsi a LA in settimana. La recensione, fatta da un fan della serie Wolfenstein, ottenne un 90. A questo punto, era impossibile sapere cosa aspettarsi dalle recensioni videoludiche. Non avevo intenzione di dirlo agli altri del team, soprattutto se consideriamo quanto stessero ancora lavorando duramente sul titolo. Il giorno della pubblicazione, portai alcuni grafici a pranzo e offrii loro una birra. Per quella sera era prevista una festa per la pubblicazione, e mentre ero pronto alle prime recensioni i ragazzi controllarono su Internet e su vari siti, e cominciammo a vedere le prime recensioni positive. Si trattava di punteggi tra l’8 e il 10, e vedere la felicità tra i membri del team presenti è uno dei momenti migliori della mia carriera”.
Subito dopo, l’idea del team era quella di realizzare un prequel, ma il progetto fu subito bocciato per non risultare troppo banale. La scelta finale cadde quindi sull’ultimo Wolfenstein: Youngblood:
“Dopo la pubblicazione di The New Colossus, volevamo provare qualcosa di diverso per il nostro prossimo titolo intermedio in stile The Old Blood. Inizialmente, avevamo pensato a un prequel (similmente a The Old Blood, che era un prequel di The New Order), ambientato mentre B.J. si stava riprendendo dalle ferite, con Caroline come personaggio giocabile. Tuttavia, era un po’ troppo banale, e decidemmo di sfruttare l’occasione di correre rischi maggiori rispetto alla realizzazione di un vero e proprio seguito, di un Wolfenstein 3. Inoltre, era da un po’ che parlavamo di creare qualcosa insieme ai nostri amici di Arkane Lyon. Dopo qualche scambio, decidemmo di cambiare direzione e di farlo insieme. Un gioco collaborativo e una collaborazione tra due studi… Wolfenstein: Youngblood.
Sebbene ci siano varie cose che avremmo potuto fare diversamente per semplificarci la vita e migliorare la qualità del gioco pubblicato, sono orgoglioso del team e di tutto quello che sono riusciti a ottenere in un periodo di sviluppo relativamente breve. A ben vedere, è un risultato incredibile: è il primo titolo cooperativo di Wolfenstein, il nostro primo gioco con una progressione GDR non lineare, il nostro primo gioco con una protagonista femminile, il primo gioco Bethesda a essere stato pubblicato in contemporanea su Bnet, Steam, PS4, Xbox e Nintendo Switch, ed è anche il primo gioco a essere stato pubblicato con un Buddy Pass. Inoltre, Youngblood è stato il primo titolo di Wolfenstein a essere pubblicato in formato non censurato in Germania.
Era un progetto rischioso, ma tale rischio è stato ripagato ampiamente, e non lo rimpiango. Wolfenstein: Youngblood ha dato vita a un team e a uno studio di MachineGames più preparati per il futuro. E il nostro futuro è molto ambizioso”.
Jerk Gustafsson conclude poi con bellissime parole per il team e una grande proiezione verso un futuro pieno di passione per i videogiochi e di altri grandissimi titoli da creare:
“Se analizziamo questo decennio di Wolfenstein e gli anni di Starbreeze prima di essi, si nota l’importanza del team, della comunicazione e della collaborazione verso l’obiettivo condiviso di creare grandi giochi. Noi di MachineGames non temiamo di correre rischi, e il lavoro che svolgiamo sarà sempre difficile e impegnativo, ma per i giusti motivi: la crescita come sviluppatori e come squadra, e l’opportunità di creare esperienze di gioco incredibili. Tutti noi sappiamo… o abbiamo imparato nel corso degli anni… che nella vita ci sono cose più importanti del lavoro. È incredibile che abbiamo dei membri del team che si sono uniti a noi quand’erano ventenni e che ora hanno famiglie e figli. Abbiamo avuto il privilegio di far parte dei loro viaggi personali. Ma anche il lavoro è una parte importante delle nostre vite. Dobbiamo mantenere passione per quello che facciamo. E, guardando quello che stiamo sviluppando e i grandi progressi che stiamo facendo, posso dire che la nostra passione per i giochi e per lo sviluppo videoludico è più forte che mai”.