Battlefield 6 mi fa molta paura
Battlefield Labs e il futuro della serie: speranza o ultimo tentativo?

Electronic Arts ha ufficialmente annunciato Battlefield Labs, una nuova iniziativa che, almeno sulla carta, sembra voler ridare lustro a una serie che da anni arranca nel tentativo di riconquistare la sua gloria perduta. Eppure, nonostante la buona volontà e le promesse, c’è un elefante nella stanza: Battlefield 6 mi fa paura. Molta paura.
Lo dico subito, senza troppi giri di parole: sono stato uno di quelli scottati malissimo da Battlefield 2042. E, come me, tanti altri giocatori che fin dai primi trailer pensavano di trovarsi di fronte al Battlefield definitivo.
Quello che ci avrebbe riportato ai fasti di Battlefield 3 e Battlefield 4. Quello che sarebbe stato il punto di riferimento per gli FPS multiplayer su larga scala. Poi è arrivata la realtà e, con essa, il tonfo.
Battlefield 6 salverà la serie dopo il tracollo?
Doveva essere un colosso, il miglior Battlefield di sempre, sacrificando persino la campagna single player per concentrarsi unicamente sul multiplayer e promettendo aggiornamenti costanti, nuove mappe, eventi e contenuti a getto continuo. Invece, ci siamo trovati con un titolo che, al lancio, era a malapena giocabile.
Bug, problemi di bilanciamento, scelte di design discutibili, mappe spoglie e un supporto iniziale decisamente insufficiente. L’idea di eliminare le classi tradizionali per sostituirle con gli specialisti? Un disastro tale che, dopo mesi di lamentele, hanno dovuto fare marcia indietro e reintrodurre il vecchio sistema.
Con il tempo, grazie a un’infinità di patch e aggiunte, la situazione è migliorata. Oggi, chiunque vada a guardare un gameplay recente noterà un gioco molto più rifinito rispetto al disastro iniziale. Ma il punto è un altro: un titolo live service che parte male ha pochissime speranze di riconquistare i giocatori. Il problema è che il primo impatto è cruciale, e quando deludi i fan più accaniti, difficilmente questi torneranno sui loro passi.
Non siamo nel caso di No Man’s Sky, che, dopo un inizio catastrofico, è riuscito a rinascere con aggiornamenti monumentali. Battlefield 2042 si è portato dietro problemi troppo profondi, compromettendo la fiducia della community e facendo perdere alla serie quella posizione di rilievo che aveva ai tempi d’oro.
Il declino della serie e il tentativo di risalita
Non è un mistero che la serie Battlefield non stia attraversando il suo periodo migliore. Dopo i successi di Battlefield 3 e Battlefield 4 – il secondo già con i suoi problemi iniziali, poi sistemati nel tempo – è iniziato un lento declino. Con Battlefield Hardline, lo spin-off poliziesco, qualcosa si è incrinato.
La sensazione era che la formula iniziasse a scricchiolare e che Electronic Arts fosse sempre più interessata alla monetizzazione aggressiva piuttosto che alla qualità dell’esperienza.
Così hanno provato un passo indietro. Battlefield 1 ha riportato la serie in un contesto storico, la Prima Guerra Mondiale, con un comparto visivo incredibile e mappe memorabili. Forse l’ultimo vero grande Battlefield. Ricordo ancora le partite su Montegrappa, tra trincee e bombardamenti, e quella sensazione di guerra totale che solo Battlefield sa dare.
Ma poi è arrivato Battlefield 5, un capitolo ambientato nella Seconda Guerra Mondiale che, sulla carta, sembrava la naturale evoluzione di Battlefield 1. Peccato che il risultato finale fosse ben lontano dalle aspettative. Bug, problemi di netcode, mappe meno ispirate e una gestione dei contenuti che lasciava molto a desiderare.
Soprattutto, si è sentito fin da subito che era stato sviluppato con un occhio al riciclo: in fin dei conti, era una versione modificata di Battlefield 1, senza la stessa forza evocativa. Non brutto, ma nemmeno memorabile.
Nel frattempo, il rivale storico Call of Duty continuava la sua corsa inarrestabile, supportato da titoli di successo e da un colpo di genio: Call of Duty Warzone.
Il Battle Royale di Activision ha ridefinito il genere, mentre Battlefield si lanciava timidamente in Firestorm, una modalità battle royale che aveva potenziale, ma che è stata completamente ignorata dal pubblico. Perché? Perché mancava il coraggio di farne un free-to-play standalone, e così è stata dimenticata in fretta.
Battlefield Labs: la nuova speranza o l’ultimo tentativo?
Ed eccoci arrivati a oggi. Dopo il fallimento di Battlefield 2042, Electronic Arts ha capito di non poter permettersi un altro scivolone. Per questo ha riorganizzato tutto il team di sviluppo, mettendo sotto lo stesso tetto DICE, Criterion e altri studi interni, tutti riuniti sotto l’etichetta Battlefield Studios.
Al timone, Vince Zampella, un nome che dovrebbe far sorridere i fan degli FPS. Parliamo di uno dei creatori di Call of Duty: Modern Warfare (2007) e padre di Titanfall e Apex Legends.
La sua strategia? Battlefield Labs, una piattaforma pensata per permettere ai giocatori di testare in anticipo alcune parti del nuovo gioco e dare feedback costruttivi. In teoria, una buona idea: invece di lanciare un titolo che poi ha bisogno di mesi per essere aggiustato, si punta a correggere eventuali problemi prima del rilascio ufficiale, previsto entro aprile 2026.
Nel video di presentazione di Battlefield Labs, si è visto anche un breve spezzone di gameplay di una pre-alpha del nuovo Battlefield, e lo ammetto: visivamente sembra straordinario.
L’atmosfera ricorda quella di Battlefield 3 con steroidi, esattamente quello che i fan vogliono. Ma il punto è proprio questo: Electronic Arts saprà realmente ascoltare i giocatori?
Il vero problema non è il gameplay, che con un team guidato da Zampella potrebbe finalmente tornare ai fasti di un tempo. Il problema è tutto ciò che ruota attorno: il modello economico, il supporto post-lancio, le decisioni aziendali che spesso mettono il profitto prima della qualità.
Per tornare grande, Battlefield deve puntare su pochi ma solidi pilastri: classi ben definite, distruzione ambientale, mappe ispirate e, soprattutto, un lancio privo di problemi.
Se vogliono spingersi nel live service, che almeno sia ben fatto, con contenuti di qualità e non una corsa ai Battle Pass pieni di oggetti inutili. E magari, perché no, una campagna single player degna di questo nome, visto che Criterion è ora coinvolta nello sviluppo.
E se tutto ciò non dovesse bastare? Beh, allora forse non ci sarà un altro Battlefield dopo questo. Perché se sbagliano ancora, questa volta il pubblico potrebbe non essere così disposto a perdonare.