Back in Time – Yakuza: Dead Souls
Kazuma intrappolato in un B-Movie!
Concludiamo il nostro mini-ciclo di zombie pre-estivi con Yakuza: Dead Souls, giunto in esclusiva su PlayStation 3 nel giugno del 2011 (in Giappone; gli occidentali attesero fino al marzo del 2012). Ricordiamo che in questa rubrica abbiamo già parlato di Yakuza 2, 3, 4 e 5.
Non fu la prima volta che Ryu Ga Gotoku si concesse una variazione su tema, giusto per non uscirsene ogni anno con un episodio numerato. Il primo spin-off fu Ryu Ga Gotoku Kenzan!, ambientato nella Kyoto del 1605; considerato che anche Kurohyō (la sotto-serie per PSP) e il successivo Ishin! non furono portati in Occidente, Yakuza: Dead Souls fu il primo spin-off ad essere localizzato, e anche l’unico fino a Judgment, ma anche l’unico, fra i numerosi giochi localizzati della serie, a non aver ricevuto una qualche riedizione.
A differenza dell’elegante abito storico vestito da Kenzan! e da Ishin!, Dead Souls sceglie la strada della deriva trash, riempiendo Kamurocho di zombie e altri disgustosi mutanti. La trama, dunque, non può che essere delirante, pur mantenendo degli spunti interessanti nella seconda parte del gioco; bisogna comunque constatare che il comparto narrativo è decisamente più leggero rispetto a quello degli episodi regolari, tanto nella sua consistenza, quanto nella serietà e seriosità, stemperate dalle parentesi comiche offerte dalle substory.
Come anticipato, le vicende si svolgono ancora una volta a Tokyo, nel quartiere fittizio di Kamurocho, ambientazione tipica – seppur non esclusiva – della serie. Nel corso di questi anni la zona è cambiata abbastanza poco, arricchendosi al massimo di alcuni ambienti (pensiamo ai tetti e alle fogne in Yakuza 4); questa volta la grande novità consiste nell’invasione degli zombie, che ha portato l’esercito a delimitare una Quarantine Zone all’interno del quartiere stesso: in sostanza, una porzione di esso è stata “sigillata” da paratie, in modo da arginare la contaminazione. Questa zona, ovviamente, è diventata una sorta di Arkham City dei morti viventi, cioè un “ghetto” popolato quasi esclusivamente da zombie e in continua espansione. Ciononostante, esistono dei gate che mettono in collegamento le due aree, e, manco a farlo apposta, ci capiterà ben spesso di farne uso nella nostra avventura, non solo per motivi di trama, ma anche per completare numerose substory.
Ciò detto, non ci sono altre rilevanti novità, anche da un punto di vista tecnico: la grafica è rimasta pressoché invariata dai tempi di Yakuza 3, e già all’epoca non era sicuramente all’avanguardia; nel 2012 era già vecchiume (figuriamoci adesso), considerando anche alcuni problemi di frame rate e l’installazione obbligatoria di ben 5 GB, che comunque non fa venir meno i caricamenti. A elevare al di sopra della sufficienza il tutto ci pensa l’atmosfera piuttosto azzeccata e le discrete cutscene, che beneficiano di animazioni facciali convincenti, come al solito.
Anche sul versante del sonoro non ci sono grandi novità, se non per i versi disumani degli zombie e una presenza maggiormente invasiva di spari. Ottimo il doppiaggio (esclusivamente in giapponese) e buona la colonna sonora, forse più movimentata del solito, anche se pure negli episodi precedenti non mancavano tempi aggressivi ad accompagnare le numerose sequenze d’azione.
Le analogie con i capitoli regolari non si fermano certo a quanto detto finora: nonostante gli elementi di rottura che vedremo più tardi in relazione al gameplay, Dead Souls strutturalmente non si discosta dai suoi predecessori. In particolare, pare di essere di fronte ad uno Yakuza 4 “zombieficato”: abbiamo ancora una volta la formula vincente del 4×4, cioè quattro parti composte di quattro capitoli, a cui aggiungere l’epilogo. Ogni parte vi vedrà vestire i panni di un personaggio diverso fra Kazuma, Ryuji Goda (ma come?! Non era morto?!), Akiyama e Majima.
Tuttavia, a differenza di Yakuza 4, in cui ciascuno aveva un suo stile di lotta e delle mosse peculiari, questa volta si è optato per l’unificazione, sicché i vari protagonisti differiscono fra loro solo per l’armamento (parzialmente) e per le substory attivabili. Le skill, dunque, funzionano con lo stesso sistema (progressione di livelli e sfere da impiegare), ma, una volta acquisita un’abilità con un personaggio, essa sarà sbloccata anche per gli altri tre.
Per quanto non fresca, la formula funziona bene, anche grazie al carisma dei comprimari in questione. Non è mistero, dunque, che per godere al meglio di quest’opera sia necessario conoscere i retroscena costituiti dalle vicende dei quattro episodi regolari. Alla fine, Dead Souls è anche fanservice e non cerca più di tanto di espandere la fanbase della serie, se non occasionalmente in direzione degli amanti degli zombie. Anche perché in Giappone è già piuttosto cospicua.
Anche sul piano dell’offerta ludica complessiva sono stati rispettati gli standard di Yakuza: Kamurocho è pieno zeppo di locali, minigiochi, substory (quindici per personaggio) e altri incarichi secondari, in modo da allungare notevolmente la longevità, altrimenti limitata alla dozzina di ore della main quest. Certo, molti di questi contenuti non sono inediti e le pecche del sistema di controllo potrebbero far desistere alcuni, ma non si può negare che la carne al fuoco sia parecchia anche questa volta.
Il vero tallone d’Achille risiede nel battle system, ed è un vero peccato, dal momento che si combatte molto. Questa volta, vista la quantità e la qualità dei nemici, il Nagoshi ha pensato bene di abbandonare le scazzottate in favore di un impiego più massiccio di armi da fuoco, fermo restando l’utilizzo delle armi di fortuna, come le biciclette, le insegne e quant’altro (personalmente ho trovato sfiziosissima la motosega, NdR).
Considerare Dead Souls un TPS sarebbe però errato, visto che le meccaniche del genere avrebbero dovuto essere implementate in modo molto più rigoroso. Non è certo l’assenza del cover system a pesare (i nemici non sparano, d’altronde), bensì la mancanza complessiva di precisione e praticità, a causa anche di inquadrature non sempre felici. Alcune pecche sopportabili in un picchiaduro a scorrimento vanno a pesare in misura maggiore in un simil-sparatutto, e fra queste assume particolare rilievo la già citata mancanza di precisione, a cui si è in parte sopperito con una scarsissima IA, ma va bene così, siccome parliamo di zombie. Il sistema di controllo, dunque, non ricorda né quello dei classici TPS, come Binary Domain, né quello di Resident Evil 4: ne sia riprova il fatto che è sì possibile sparare in corsa, ma non si può prendere la mira, a meno di non fermarsi e attivare la visuale in prima persona. Quel che è certo è che il gioco avrebbe dovuto essere ben più divertente di quanto lo risulti ora.
Yakuza: Dead Souls è fatto apposta per due categorie di giocatori: da una parte, i fan della serie, che troveranno piacevole questa “chiave di lettura alternativa” e i numerosissimi rimandi alle precedenti avventure di Kazuma; dall’altra, i cultori dei B-movie (e dei B-game, se ci concedete il termine) difficilmente resisteranno al fascino di uno scenario del genere, che, all’occorrenza, viene impreziosito da umorismo e demenzialità. Al di fuori di queste due “fazioni”, difficilmente troverete particolarmente attraente Dead Souls, soprattutto nel momento in cui decideste di giocarlo alla stregua di un TPS.