Back in Time – Yakuza 3
Kamurocho in alta definizione, per la prima volta.
Precisamente tredici anni fa Yakuza 3 debuttava in madrepatria su PlayStation 3. Un tortuoso percorso di localizzazioni incerte, tardive e incomplete aveva fatto temere il peggio per i fan occidentali della serie, ma, fortunatamente, a partire dal terzo capitolo la situazione si è stabilizzata e negli anni la serie si è ritagliata il suo pubblico anche dalle nostre parti: nel corso dell’ottava generazione, fra port, remake e remaster, la serie è approdata – oltre che su PlayStation 4 – su PC e PlayStation 4.
Yakuza 3 si pone in continuità narrativa con gli episodi precedenti, tanto che entro i primi minuti di gioco rivedrete subito Haruka e Sayama. Grazie a un espediente narrativo, inoltre, sarà possibile visionare i riassunti di Yakuza e Yakuza 2, utili tanto agli smemorati quanto ai novizi.
La premessa alle vicende non necessita di alcuno spoiler, per cui vale la pena di vederla brevemente: Kazuma ha deciso di abbandonare non solo la malavita, ma anche Tokyo, per rifugiarsi a Okinawa, dove alleva in un orfanotrofio dei bambini assieme ad Haruka, ormai una figlia per lui. Per un bel po’ di tempo, la vita scorre gioiosa e tranquilla, ma il destino non è mai clemente con il nostro eroe: la terra su cui sorge il Sunshine Orphanage, infatti, è al centro di un progetto che vede collaborare politica e Yakuza…
Per la prima volta, la storia non è opera del brillante Hase Seishu, bensì di Masayoshi Yokoyama: difficile stabilire se si tratti di una coincidenza o meno (io propendo per quest’ultima ipotesi, ndr), ma la trama è effettivamente inferiore, se paragonata ai primi due Yakuza. Il primo difetto è indubbiamente il ritmo piuttosto lento nelle battute iniziali, che vedono Kazuma alle prese coi problemi dei suoi bambini: tutto sommato, ciò fa parte di una scelta ben precisa e non criticabile in toto, però è innegabile che le prime fasi non siano esaltanti né per gli eventi narrati, né per il gameplay, che spesso si riduce a “parla con Taichi” o “trova il cane che vuole Izumi”.
Un secondo difetto è una relativa povertà di sorprese all’interno dell’intreccio, ma forse qui era stato Seishu ad abituarci troppo bene. Semplicemente, nonostante qualche rivelazione, riesce difficile sorprendersi più di tanto. Fortunatamente, i grandi idoli della saga (quelli rimasti in vita, quantomeno) sono presenti all’appello, da Majima a Date, passando per Kazuki e Yuuya.
Se c’era una cosa su cui tutti si trovavano d’accordo, era il maggior difetto della serie, cioè i caricamenti, senza i quali le suggestive e insidiose passeggiate di Kazuma sarebbero state molto più gradevoli. Ebbene, grazie al nuovo (all’epoca) hardware, le cose son cambiate: i loading time sono presenti solo quando si entra o esce da un locale. Ciò significa che anche le battaglie si svolgono sostanzialmente senza soluzione di continuità, cosa non da poco se teniamo conto che una caratteristica della serie è costituita proprio dagli incontri casuali in cui ci si imbatte in città. Inoltre, ora è possibile ruotare liberamente la telecamera ed è stata implementata la visuale in prima persona.
Il salto tecnico, dunque, si vedeva tutto. Purtroppo, però, non si può dire che la grafica fosse all’avanguardia: dettaglio non eccezionale, specialmente per quanto concerne i modelli poligonali dei personaggi “generici”, compenetrazioni e animazioni così e così affliggono Yakuza 3. Meritano un plauso, invece, le animazioni facciali, realizzate per mezzo del Magical V-Engine, che dona un’espressività eccezionale ai protagonisti delle lunghe cutscene, graziate dal solito doppiaggio giapponese di ottima qualità (sottotitoli in Inglese). Alcuni sostengono che conferisca ai volti un aspetto un po’ “plasticoso”, ma il risultato è comunque ottimo.
Per concludere il discorso sul sonoro, invece, bisogna spendere due parole sulla OST: essa è composta da trentuno brani, che trovate pure in un CD all’interno della confezione. Un graditissimo extra, tenendo conto della buona qualità della stessa.
A costo di essere ripetitivi, ricordiamo i fondamenti del gameplay della serie, per quanto negli ultimi dieci anni sia divenuta più nota anche in Occidente. Sostanzialmente, esistono due fasi, che potremmo battezzare “adventure” e “battle”. Nella prima si esplora la città (Kamurocho o Okinawa, nella fattispecie), con la massima libertà: si può andare dritti come fusi al proprio obiettivo, in modo da far proseguire la storia, oppure gironzolare alla ricerca di substory, locali e minigiochi. Impossibile procedere a una disamina degli elementi in questione, a meno che non si voglia dilungarsi per pagine e pagine. Diamo solo un po’ di numeri: gli incarichi secondari sono più di cento e i minigame ben sedici. Insomma, la trama, che da sola vi porterà via almeno quindici ore, in sé costituisce appena il 10% dei contenuti di Yakuza 3.
Nonostante tale cornucopia, bisogna lamentare i tagli operati in fase di localizzazione, che ci hanno privato di cinque Trofei su un totale di cinquanta (poi ci sono alcune modifiche nella scaletta), quattro minigiochi, due subquest e gli hostess club. Nessuno di questi elementi può essere definito fondamentale, però dispiace sempre trovarsi in possesso di una versione “castrata”. Fortunatamente, le localizzazioni degli episodi successivi si sono rivelate migliori.
I combattimenti sono rimasti fedeli ai canoni imposti dai precedenti episodi, caratterizzati da un alto tasso di violenza, quasi caricaturale, e da un sistema di controllo che avrebbe potuto essere un po’ svecchiato. Tornano ovviamente le Heat Move (le mosse speciali attivabili con Triangolo quando è stata riempita l’apposita barra), cariche del loro consueto fascino distruttivo, specie se si tratta di quelle speciali contro i boss, che spesso ci costringono a superare qualche Quick Time Event. Come al solito, la varietà di armi e di tecniche è garantita, anzi, è stata addirittura accentuata: ad esempio, sono state introdotte le “Revelations”, scenette assurde e comiche che ispirano Kazuma (che si improvvisa fotografo con il suo cellulare), insegnandogli nuove e speciali Heat Move. Chiaramente, l’ampliamento dell’arsenale o del parco mosse dipenderà dalla forza di volontà di ciascuno, dal momento che spesso è legato a incarichi secondari da scovare in giro per il mondo.
Ultima trovata nuova, volta a rinfrescare il gameplay, è l’introduzione delle sezioni di inseguimento, in cui il giocatore dovrà raggiungere (o seminare, in qualche missione secondaria) qualcuno, facendo attenzione a non restare troppo indietro e a non esaurire la propria barra della Stamina. Non si tratta di un’aggiunta determinante, bensì di un gradevole diversivo di tanto in tanto, giusto per avere l’impressione di trovarsi davanti a qualcosa di nuovo.
Il debutto di Ryu Ga Gotoku nell’alta definizione si rivelò buono, anche se probabilmente Yakuza 3 è inferiore ai due precedenti capitoli. Il maggior pregio fu sicuramente la significativa riduzione dei tempi di caricamento, che rese più fluide le sezioni di gameplay.