Back in Time – The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D
Dopo Ocarina of Time, anche Majora's Mask tornò alla ribalta su 3DS.
La settimana scorsa abbiamo parlato di The Legend of Zelda: Ocarina of Time 3D, per cui oggi ci sembra giusto ricordare il suo sequel, Majora’s Mask 3D, a maggior ragione se pensiamo che l’originale Majora’s Mask ha appena celebrato il suo ventesimo anniversario.
Come è risaputo, Majora’s Mask era molto più cupo del predecessore: non a caso il gioco, stando alla timeline ufficiale del 2011, inaugura il ramo del Twilight Realm, di cui fan parte anche Twilight Princess e Four Swords Adventures. In questo senso, Majora’s Mask è uno dei tre seguiti di Ocarina of Time, a partire dal quale, appunto, la timeline si divide in tre path. Si tratta di un seguito diretto, quindi Link è proprio lo stesso di Ocarina of Time, ma per evitare spoiler non possiamo essere più precisi. Limitiamoci a dire che il nostro eroe è partito alla ricerca di Navi, ma resta intrappolato nella terra di Termina, in una dimensione parallela (eh no, niente Hyrule). Un malvagio Skull Kid priva Link dei suoi averi nonché della sua forma umana (all’inizio giocheremo nei panni del celebre Deku-Link), ma il giovane di verde vestito non si perde d’animo e cerca di rimettere a posto le cose, nonostante abbia solo settantadue ore di tempo.
Majora’s Mask è senz’altro un episodio inusuale, per trama, ambientazione, meccaniche di gioco (in parte) e direzione artistica. Quest’ultima, come accennato sopra, è decisamente più cupa rispetto al solito, tanto per il design – pensiamo all’inquietantissima luna che guarda la città di Cronopoli, o anche alla stessa maschera di Majora – quanto per le scelte cromatiche, che prediligono spesso tonalità scure se non addirittura smorte. A occhio e croce, comunque, questa versione per 3DS è più chiara di quella originale.
L’opera di restauro è stata affidata ancora una volta a Grezzo. La veste grafica è stata sottoposta allo stesso trattamento cui fu sottoposta quella di Ocarina of Time e il risultato può dirsi analogo, se non addirittura migliore, soprattutto per quanto attiene le texture (a volte trascurate nel lavoro precedente); d’altronde, giunse tre anni e mezzo dopo, su una console ormai matura; senza contare il fatto che comunque Majora’s Mask girava su una versione potenziata dell’engine utilizzato per Ocarina of Time. Nel complesso, dunque, Majora’s Mask 3D appare in tutto e per tutto come un gioco per 3DS, probabilmente non il migliore, ma comunque non un titolo per Nintendo 64 tirato un po’ a lucido per non sfigurare. Il 3D stereoscopico è stato implementato molto bene anche questa volta, ed è in grado di offrire spettacoli suggestivi.
Il sonoro non è stato sottoposto alla stessa cura, quindi è sostanzialmente lo stesso di quindici anni fa. Ciò non è un dramma, soprattutto se si considera l’eccellente colonna sonora realizzata dal solito Kondo, in collaborazione con Toru Minegishi (il quale scrisse tre battle theme), che all’epoca aveva da poco iniziato la collaborazione con Nintendo che si protrae fino ai tempi recenti (con Splatoon). Buona parte della musica è mutuata da Ocarina of Time e (in misura minore) da capitoli precedenti, ma nel complesso le novità non mancano, e conferiscono a questo lavoro un tono più cupo e serioso, che rispecchia perfettamente la direzione artistica.
Parlando della trama, abbiamo detto che Link ha solo settantadue ore per risolvere il pasticcio in cui è stato cacciato da Skull Kid. Ebbene, questo limite si riflette notevolmente sul gameplay: il tempo scorre veramente, a occhio e croce secondo l’equazione 1 secondo reale = 1 minuto a Termina, o qualcosa di simile, con tanto di cicli giorno/notte. Ciò significa che Majora’s Mask 3D dura un paio d’ore o poco più? Nient’affatto! Senza spoilerare, vi ricordiamo semplicemente che Link è dotato di un’ocarina del tempo (uno dei primi obiettivi è proprio recuperarla), grazie alla quale potremo riavvolgere a nostro piacimento le settantadue ore, e anche rallentare/velocizzare il tempo. Di conseguenza il time limit esiste, ma è meno pressante di quanto si possa temere inizialmente. La seccatura più evidente è data dal fatto che molte cose vanno perdute riavvolgendo il tempo, ma non le più importanti, come le maschere e strumenti quali l’arco e il portabombe; inoltre, depositando le rupie presso la banca, anche queste saranno conservate. In questo modo, a furia di stratificare vari cicli di tre giorni, si arriverà alla battaglia finale alla mezzanotte del terzo giorno.
Anche le side quest danno una grossa importanza al tempo: i negozi sono tutti dotati di orari diversi, e, a seconda delle ore e dei giorni, i vari personaggi che popolano Cronopoli si dedicheranno ad attività diverse. Sarebbe alquanto seccante dover prendere matita e foglio di carta per annotarsi tutto, quindi esiste un comodo taccuino in-game, che è stato arricchito in Majora’s Mask 3D. Molto di questo materiale è opzionale, ma c’è da dire che il gioco dà un certo peso a questi elementi, rispetto ai suoi predecessori.
Per quanto Majora’s Mask sia annoverato fra i The Legend Of Zelda più originali, non c’è dubbio che moltissimo sia stato mutuato da Ocarina of Time; d’altro canto, solo in questo modo è stato possibile sviluppare il gioco in un solo anno e con un team relativamente ridotto.
Al di là di comparto tecnico e sonoro, di cui abbiamo già parlato, Majora’s Mask assomiglia al predecessore anche per quanto attiene il gameplay; un’affermazione che non stupisce nessuno, visto che anche i successivi The Wind Waker, Twilight Princess e Skyward Sword non si sono discostati poi molto dalla formula vincente di Ocarina of Time. Ancora una volta, dunque, ci troviamo ad affrontare una sequela di dungeon/puzzle con lo stesso, affidabile, sistema di controllo, armati di spada, scudo, arco, bombe, rampino e così via. Ovviamente non manca qualche oggetto inedito, fra cui figura una macchina fotografica (che tornerà in The Wind Waker), ma, soprattutto, le maschere, che rappresentano l’altra grande novità, assieme al “Three-Day-System” di cui abbiamo già parlato. Le maschere (più di venti, non tutte “obbligatorie”) conferiscono a Link varie caratteristiche, tra cui la possibilità di cambiare razza, trasformandosi così in Deku, Goron e Zoras, con varie conseguenze, prima fra tutte un nuovo moveset (ad esempio, i Deku Link spara bolle).
Nel complesso, dunque, si può dire che Majora’s Mask si gioca grosso modo come Ocarina of Time, ma sono stati introdotti diversi sistemi inediti che, uniti alla virata stilistica, rendevano il gioco fresco, all’epoca. Oggi possiamo dire che si tratta di un classico. Questa versione per 3DS non cambia la situazione, nonostante presenti qualche aggiustamento che rende l’esperienza più user friendly o più moderna. Citiamo in ordine sparso la pietra Sheikah, che dà moltissimi consigli per aiutare i giocatori che si sono bloccati, una semplificazione delle interfacce, qualche modifica minore nei dungeon (ad esempio la disposizione di alcune fatine) e nelle boss battle, ma, soprattutto la presenza della mappa nel secondo schermo; quando il dungeon design si fa intricato, avere la mappa sempre a portata di mano è davvero un toccasana.
In questa sede non vogliamo fare revisionismo storico, quindi non ci discostiamo dall’opinione “classica”, che pone Majora’s Mask fra i migliori giochi della scorsa decade, ma un gradino sotto al suo predecessore a causa di alcuni difettucci, fra cui una minor accessibilità e un minor numero di dungeon: in effetti quelli principali sono solo quattro, davvero pochi se confrontati con quelli di qualsiasi episodio successivo; in compenso i dungeon secondari sono di più (sei) ed è posta una maggior enfasi sulle subquest, che coinvolgono numerosi abitanti di Cronopoli e non solo. Il port su 3DS aggiunge anche un paio di laghetti in cui è possibile praticare il minigioco della pesca.
The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D è un’ottima occasione per rivivere una delle più strane avventure di Link, nonché un gioco imperdibile per chi all’epoca si fece sfuggire Majora’s Mask, o magari non era ancora nato. Trattandosi più di un enhanced port che di un remake, chi ha già una conoscenza approfondita dell’originale, potrebbe trovare non troppo interessante questa riproposizione. Ma di solito i fan di Zelda non si fanno questi problemi.