Back in Time – The Legend of Legacy
Sette eroi alla scoperta di Avalon.
Sei anni fa debuttava in Europa su 3DS The Legend of Legacy di Cattle Call, studio giapponese poco noto in Occidente a causa della penuria di localizzazioni (Metal Max era una serie inedita in Europa fino a Xeno del 2018). Il gioco ricevette una sorta di sequel spirituale nel 2018: si tratta di The Alliance Alive, che abbiamo avuto modo di recensire in occasione della pubblicazione del remaster in alta definizione.
Dovrebbe bastare il solo curriculum dello sviluppatore alle spalle di The Legend of Legacy ad assicurargli un posto di tutto rilievo all’interno di quella ristretta nicchia popolata di produzioni binarie modellate con competenza, passione e tanto, tanto buon senso.
E invece l’opera di Cattle Call è la sagra delle occasioni sprecate, un coacervo di opportunità buttate al vento, un caleidoscopico anfratto di pura azione ruolistica non lineare, una buona base ludica impestata da difetti e imperfezioni che le impediscono di spiccare il volo. E poco importa che questo panta rei binario abbia uno sfondo narrativo dello stesso spessore di una sottiletta, considerando come l’intera prosopopea giocosa sia incentrata sull’esplorazione coatta e la compravendita di mappe, latrici di zone altrimenti inaccessibili: le pecche più evidenti vanno ricercate in altri settori.
L’incipit di The Legend of Legacy illustra sin da subito quelle che sono le fondamenta responsabili di sorreggere il peso di un impianto ludico decisamente importante in termini di contenuti, ma troppo grezzo e ambizioso da sopportare per un’opera che, sebbene aneli a sostanziarsi come piena rappresentazione delle ambizioni di un team di matrice nipponica, fatica a raggiungere quei livelli di perfezione ravvisabili, soventemente, nelle altre produzioni ruolistiche provenienti dalla terra del Sol Levante.
Tante buone idee quindi, assemblate tuttavia senza la necessaria perizia da un team che, per quanto esperto, sembra aver smarrito la giusta via nel corso dello sviluppo. Lungo tutta la durata dell’avventura si avverte prepotente una strana sensazione di pressapochismo, come se l’intero ventaglio di possibilità offerte da The Legend of Legacy fosse stato iniettato nel silicato package della cartuccia senza la necessaria cura per il dettaglio, tanto negli elementi di gameplay, quanto nel comparto tecnico, minato a sua volta da svariati tarli, mitigati in parte da un character design gradevole.
Il processo di discovery ricorda quello apprezzato in Etrian Odyssey, con l’unica differenza riscontrabile nel fatto che la mappa di ogni location non viene disegnata dal giocatore, bensì generata automaticamente dal gioco, in relazione alle porzioni di territorio ignoto già battuto. La feccia nemica è lì, tangibile, nessun incontro casuale interromperà l’azione, qualora il fruitore non lo desiderasse.
Uno dei punti focali del battle system a turni di The Legend of Legacy è rappresentato dall’estrema influenza degli elementi naturali nel mood giocoso. In un angolo dello schermo è presente un indicatore, in grado di tracciare istante dopo istante l’eventuale predominanza di un elemento sugli altri. Inutile dire che tali variazioni abbiano un peso specifico abbastanza consistente all’interno dell’economia di ciascuno scontro. Per arrogarsi il diritto di dominare un elemento e poter performare mosse e magie ad esso correlate, il giocatore dovrà sacrificare il turno di un proprio personaggio in maniera tale da siglare un “contratto” con tale forza della natura, e sfortuna vuole che la stessa azione possa venir eseguita da qualsiasi membro del party nemico, trasformando le battaglie in un noioso susseguirsi di scambi interamente incentrati nell’ottenimento del diritto di sfruttare, a proprio vantaggio, l’elemento desiderato.
Nel corso delle peregrinazioni, inoltre, il videogiocatore sbloccherà differenti stance da assegnare a ciascun compagno di avventura. Assegnare una particolare stance a un personaggio significherà metterlo nelle condizioni di esaltarne particolari caratteristiche precipue, siano esse l’attacco, la difesa o la velocità. È possibile swappare stance all’inizio di ogni turno, in combattimento, corrispondentemente alle esigenze del momento.
La difficoltà complessiva è bilanciata maldestramente. Ogni scontro, potenzialmente, può rivelarsi fatale: basta incappare in un gruppetto di cinque o più nemici, che persino il più coriaceo dei party verrà messo KO. Un fattore di disturbo non indifferente, considerando come manchi qualsivoglia indicatore di pericolosità da posizionarsi, eventualmente, all’approssimarsi di scontri particolarmente duri, un invito alla bestemmia alimentato dalla triste realtà che, nel mondo di The Legend of Legacy, morire significa ripartire dall’ultimo salvataggio effettuato, senza alcuna possibilità di scampo. Il giocatore dovrà affidarsi costantemente ai quick save, in maniera tale da non vanificare ore di fatica e sudore.
Un altro fattore decisamente negativo è rappresentato dall’eccezionale imprevedibilità del sistema di progressione: il level up di ciascuna abilità non viene deciso in base a punti esperienza o surrogati vari ma, seguendo una tradizione che al giorno d’oggi puzza di vecchiume, tanto più si utilizza una determinata azione, quanto più è elevata la probabilità che questa venga potenziata. Meccaniche analoghe regolano inoltre la scoperta di mosse e competenze ulteriori, senza che al giocatore venga dato preavviso alcuno. Capita pertanto di girare per ore e ore senza meta, nella beata speranza che si riesca a livellare quanto basta per oltrepassare ostacoli e brandelli giocosi altrimenti insormontabili. A corollario, interessante notare come ogni personaggio possa equipaggiare qualsiasi item messo a disposizione, fattore che incentiva la sperimentazione e rimarca quella libertà d’espressione di cui è figlio The Legend of Legacy.
L’engine tridimensionale della produzione FuRyu, sebbene non manifesti alcun orpello grafico particolarmente elaborato, fatica a tenere il passo con ciò che succede on screen. Non è raro, infatti, assistere a dei veri e propri slideshow, soprattutto quando, nel corso di una battaglia, dovesse venire impiegata una magia particolarmente impegnativa dal punto di vista del rendering. Nulla di cui preoccuparsi troppo, considerando la natura “statica” del titolo, ma risulta innegabile constatare come, in passato, i chip di Nintendo 3DS abbiano saputo conseguire risultati ben più lusinghieri di quelli raggiunti macinando il codice di The Legend of Legacy. Anche a livello sonoro, nulla di particolarmente esaltante da segnalare, purtroppo.
The Legend of Legacy è un’ottima idea, ma finalizzata maldestramente. La mancanza di una vera e propria storyline spiazza il giocatore più inesperto, lasciandolo vagare in terre densamente abitate da mostriciattoli di ogni genere, senza alcuna guida. La parte giocosa vera e propria, sebbene discretamente divertente, viene avvilita sia da un livello di difficoltà poco bilanciato, sia da un’implementazione complessiva decisamente ricca di falle. Grafica e sonoro, da parte loro, non esaltano, consegnando al fruitore un’esperienza complessivamente sufficiente, ma lontana dai risultati che il team di sviluppo, evidentemente ambizioso, avrebbe potuto e dovuto conseguire.