Back in Time – The Guided Fate Paradox
Il Destino a portata di mano.
Prosegue il nostro viaggio alla riscoperta della scuderia di nicchia di Nippon Ichi Software: dopo il dungeon crawler Legasista, ci spostiamo verso il genere roguelike con The Guided Fate Paradox, seguito spirituale di Z.H.P. uscito nel 2013 su PlayStation 3.
Mentre i vari Disgaea si sono sempre occupati principalmente di esplorare gli inferi, The Guided Fate Paradox ci porta a Celestia, il regno degli angeli; si badi bene, comunque, che il titolo è stand alone, come d’altronde quasi tutte le opere di Nippon Ichi Software.
Lo studente Renya vince il titolo di Dio in una lotteria sui generis e viene condotto a Celestia da Liliel, il suo angelo “personale”, incaricato di istruirlo: il nostro, infatti, in quanto divinità, ha l’importante compito di esaudire le preghiere dei devoti tramite un complesso meccanismo chiamato Fate Revolution Circuit, che influenza in modo indiretto il mondo reale (Original World) agendo su una sua riproduzione (Copy World). La formula scelta prevede una combinazione di trama orizzontale, costituita dalle varie preghiere, e trama verticale, che ci racconta del conflitto fra demoni e angeli. Il rapporto fra Renya e i suoi messi divini è abbastanza particolare, nel senso che questi ultimi non sembrano veramente suoi subordinati, e alcuni sembrano tramare qualcosa…
La vicenda ha un tono più serioso rispetto a Disgaea o a Z.H.P., ma nel complesso leggero: alcune preghiere sono piuttosto strampalate e anche i personaggi presentano spiccate caratteristiche umoristiche. La trama si svolge in modo non particolarmente rapido e la narrazione interrompe un po’ troppo spesso l’azione a parere di chi scrive, dal momento che ad ogni floor (che si ripulisce in una manciata di minuti al massimo) corrisponde almeno un evento.
Il gameplay è sicuramente la componente migliore dell’opera, grazie a meccaniche interessanti, già rodate con Z.H.P. e perfezionate ed espanse in questo successore spirituale. Abbiamo un roguelike che i fondamentalisti non si sognerebbero mai di definire tale, a causa di alcune possibilità che non rispettano il canone della Roguelike Development Conference 2008 ma che risultano gradite a tutti quelli che siano alla cerca di un gioco profondo e impegnativo, ma non troppo frustrante. Il principio di base è evitare di ricominciare da zero dopo una sconfitta. L’obiettivo viene raggiunto in vari modi, il principale dei quali è lo sdoppiamento dei livelli: ogni personaggio ha due livelli, uno legato al dungeon e un total level; quando si esce (non necessariamente per morte) da un dungeon il primo tipo di livello si riazzera, mentre il secondo viene incrementato. Ciò significa, in soldoni, che il proprio personaggio di livello 1 sarà sempre più forte perché il suo total level aumenterà.
Un altro sistema di potenziamento permanente è il Divingram. Si tratta di una scacchiera su cui possono essere collocati Holy Icon, che aumentano i parametri, e Holy Artifact, che garantiscono bonus di altra natura. Se volessimo paragonare questo meccanismo con growth system di altri JRPG, potremmo fare accostamenti con la Sferografia di Final Fantasy X e la scacchiera delle licenze di Final Fantasy XII. Altre feature che consentono la conservazione dei propri progressi sono la banca, che consente di depositare soldi prima di entrare in un dungeon (dove il denaro può anche non servire) e il magazzino, dove si custodiscono gli oggetti che non ci si porta dietro; quelli, invece, saranno persi (equipaggiamenti inclusi) se Renya viene sconfitto, così come la metà dei soldi guadagnati in battaglia. Come potete constatare, c’è un discreto bilanciamento fra ciò che viene perduto e ciò che, invece, è possibile conservare.
Sul campo di battaglia The Guided Fate Paradox è più genuinamente roguelike, presentando un po’ tutti gli elementi del genere: i dungeon sono generati casualmente ed esplorazioni, combattimenti e altre dinamiche (come l’avvelenamento e il movimento dei nemici) sono step-based. Poi ci sono alcuni tocchi tipici di Nippon Ichi Software, come la possibilità di sollevare e lanciare alleati, oggetti e nemici, e gli equipaggiamenti esteticamente ridicoli. Nonostante ci si possa portare dietro un limitato numero di oggetti reperiti in precedenza, la maggior parte degli oggetti si reperisce sul campo. In particolare, l’introduzione del burst determina la necessità di cambiare equip propri e dell’unità di supporto con frequenza: in sostanza, tutti gli equipaggiamenti con l’uso incrementano la loro percentuale di burst e, quando arrivano al loro limite, rilasciano Holy Icon ma dimezzano le loro statistiche fino a quando non andrete dal fabbro a Celestia, che funge da HUB del gioco.
Nel complesso possiamo affermare che la sfida offerta da The Guided Fate Paradox sia abbastanza impegnativa, non solo per l’inventario limitato, ma anche per la forza dei nemici (ogni tanto ci sono le “ABERRATIONS OUT THE WAZOO!”: si tratta di stanze piene di mostri potenti, che possono facilmente uccidervi) e per la necessità di superare un certo numero di floor senza salvare. La chiave di tutto è ovviamente un’attenta pianificazione, la mancanza della quale può essere sopperita da sessioni di allenamento, come abbiamo già detto. Fortunatamente esiste l’oggetto Exit, che riporta Renya a Celestia in qualsiasi situazione si trovi. La frustrazione è tutto sommato limitata: certo, rifare numerosi floor o, nella peggiore delle ipotesi, perdere importanti pezzi di equipaggiamento può far saltare i nervi a qualcuno, ma con un po’ di oculatezza la seconda delle opzioni dovrebbe essere il più delle volte scongiurata, e si può compensare tenendo fornito il magazzino di qualche valido pezzo di scorta. Certo, bisogna avere una certa pazienza.
The Guided Fate Paradox, nonostante non sia esente da difetti, può dirsi l’ennesimo ottimo gioco sfornato dal developer giapponese, che in quegli anni è stato anche in grado, nei limiti del low budget, di innalzare lo standard tecnico. Se all’inizio della scorsa generazione i nostri occhi sanguinavano sugli sprite a bassa risoluzione di Disgaea 3, a partire dal successore sono stati fatti molti passi avanti.
Tutta la componente artistica, in realtà, risulta differente rispetto alla maggior parte delle produzioni Nippon Ichi, dal momento che il binomio Harada-Sato non è stato coinvolto nel progetto. D’altro canto, la qualità è assicurata anche questa volta. Ultima constatazione di rito riguarda come al solito il doppiaggio: immancabile il dual audio, così come è immancabile il consiglio di scegliere quello originale, anche se quello americano si difende discretamente.
The Guided Fate Paradox è l’ennesimo tassello del mosaico di giochi di nicchia di qualità realizzato da Nippon Ichi Software. Una rilettura del genere roguelike in grado di mescolare sapientemente le ferree meccaniche classiche con elementi innovativi e maggiormente user friendly senza operare banalizzazioni.