Back in Time – The Escapists
16-bit in fuga!
Il 13 febbraio 2015, dopo sei mesi di Early Access, The Escapists debuttava su Xbox One e PC, per poi raggiungere, nei mesi e negli anni successivi, quasi tutte le piattaforme di gioco. L’originale opera di Mouldy Toof Studios sotto l’egida di Team17, ha riscosso un buon successo, che ha portato alla realizzazione di un sequel, pubblicato nel 2017.
Le premesse di The Escapists sono presto dette: nei panni di un detenuto, di cui potete scegliere nome e sembianze, dovete fuggire da un carcere. Non c’è niente di più, niente di meno: non sapete perché siete in carcere, non c’è alcuna trama, carcerati e guardie sono privi di background e caratterizzazione. E questo ci piace, perché è in linea con una certa filosofia indie, volta ad evitare inutili orpelli che non aggiungono nulla all’esperienza globale, se non qualche perdita di tempo. Possiamo dire che The Escapists è tutto gameplay.
Anche sul piano stilistico, il gioco di Mouldy Toof Studios si rifà ad un preciso filone indie, caratterizzato da un look retro: grafica e sonoro ci rimandano indietro di trent’anni, all’epoca degli 16-bit.
Se a prima vista The Escapists non sembra discostarsi significativamente da molti altri colleghi, il gameplay è ciò che contraddistingue l’opera di Mouldy Toof Studios.
Come abbiamo già detto, l’obiettivo del gioco è quello di evadere dal carcere. Per riuscirci, sarà necessario mettere a punto un piano, procurarsi il materiale necessario e, infine, passare alla fase esecutiva. Quel che colpisce positivamente è l’assenza di qualsivoglia binario: ciascuno schema può essere superato utilizzando svariate strategie, come dimostrano le mezze-guide e i video di gameplay che potete trovare su YouTube. Ciò è reso possibile dal generoso numero di variabili prese in considerazione, soprattutto per quanto concerne gli oggetti che possono essere reperiti, comprati, rubati e creati tramite un sistema di crafting rudimentale. Altre variabili rilevanti sono le interazioni con i propri “compagni”, più o meno pacifici, e con i secondini.
Ciò non significa che non esistano limitazioni; d’altronde, ci troviamo in prigione! Le giornate dei detenuti sono scandite da diversi momenti, ad esempio i pasti; in questi frangenti non è strettamente obbligatorio partecipare all’attività imposta, ma l’assenza verrà notata dai secondini, il sospetto dei quali aumenterà. Per evitare di attirare le attenzioni su di sé, sarà opportuno presentarsi almeno al termine dell’attività. Questa struttura rigida mette in evidenza un primo difetto di The Escapists, costituito dalla ripetitività. Anche fregandosene il più possibile degli obblighi del carcerato, molte azioni si rivelano comunque necessarie per ottenere gli strumenti necessari. Facciamo un paio di esempi: molti oggetti vanno comprati da altri detenuti, e ciò vi costerà denari, quindi dovrete guadagnarne; oppure, per “craftare” uno strumento potreste aver bisogno di innalzare il parametro di Intelligenza, quindi dovrete passare un certo tempo a “grindare”, leggendo o navigando in Internet.
Il secondo difetto di The Escapists è – a parere di chi scrive – l’assenza di un tutorial degno di tal nome, e di altre informazioni utili. All’inizio del gioco una brevissima sezione spiega i comandi e segnala l’esistenza (eh sì, perché dire “spiega” sarebbe un’esagerazione) di alcuni sistemi fondamentali, quali il crafting, e poi il nulla, o quasi: tolte due frasette in croce per illustrare cosa si fa in palestra o in altri locali del carcere, il gioco non dice null’altro. E di cose da sapere ce ne sono molte, dai rapporti con gli altri detenuti e le guardie alla distinzione fra oggetti di contrabbando e oggetti consentiti; tutto ciò sarà appreso con tempo e pazienza, sulla base dell’attenta osservazione o dei tentativi andati a vuoto.
Ciò avrebbe maggior senso se tutte le conseguenze alle proprie azioni fossero ragionevoli e prevedibili da una persona accorta, ma così non è. Facciamo un esempio. È possibile picchiare le guardie – con un battle system moooolto approssimativo – in modo da lasciarle stordite a terra e rubare i loro averi. Tale azione dovrebbe avere gravissime conseguenze; in realtà, basta mettere K.O. l’avversario senza farsi notare da altri, e poi tutto torna alla normalità, anche quando il malcapitato si sarà ripreso. Qualcuno potrebbe pensare: “beh, a questo punto picchio tutte le guardie infami e rubo le chiavi per fuggire!”. Non sia mai! In tal caso o fate SUBITO un duplicato e rimettete gli originali a posto, oppure vi arriverà una comunicazione in cui c’è scritto che siete stati sgamati e che starete per un po’ in isolamento, perdendo così anche gli oggetti faticosamente ottenuti.
E sono soprattutto gli oggetti a darvi problemi: per molto tempo non conoscerete tutti quelli che il gioco mette a disposizione, non saprete come crearli (e il sistema di crafting a tre slot non aiuta) e non saprete a cosa possano servire. Pensate sempre al piano di prima: per creare un duplicato delle chiavi cosa vi serve? Uno stampo. E come si farà uno stampo? E poi che materiale si mette nello stampo? Plastica fusa o metallo fuso? E come si ottengono? Qualche suggerimento (non necessariamente quello che vi occorre) arriva usando la cabina telefonica, ma tutto ciò ha un prezzo in moneta sonante, quindi dovrete svolgere qualche lavoro o qualche incarico proposto da altri detenuti: in entrambi i casi un’opera ripetitiva.
Al netto dei difetti, The Escapists trova i suoi pregi nel concept inconsueto e nella grande libertà offerta al giocatore; inoltre, propone una sfida notevole, che sa essere appagante e che ha un vago sapore retro, di un’epoca in cui si spiegava poco o nulla al giocatore. Le sei carceri offrono sempre qualche novità e una difficoltà crescente, quindi non mancheranno i momenti di vera e propria tensione; inoltre, il gioco vi terrà impegnati a lungo. Se siete abbastanza “hardcore”, si intende.