Back in Time – SteamWorld Heist
Il successore di SteamWorld Dig esplora un genere diverso.
Visto che la settimana scorsa vi abbiamo parlato di SteamWorld Dig, questa settimana era d’obbligo trattare nella nostra rubrica SteamWorld Heist, il capitolo successivo della serie di SteamWorld (SteamWorld Dig 2 è successivo, e comunque vi rimandiamo alla nostra recensione).
Per la terza iterazione della serie SteamWorld, Image & Form decise di non seguire le orme di SteamWorld Dig, nonostante l’ottima accoglienza del gioco su tutte le piattaforme: una scelta coraggiosa, dunque, che ci piacque sin da subito, visto che i metroidvania cominciavano a essere troppo inflazionati. SteamWorld Heist è uno strategico a turni, che si avvale di una componente action importante. Tradotto in parole povere, il battle system è senz’altro debitore dei vecchi Worms bidimensionali, e può essere accostato a quello di giochi come Valkyria Chronicles e Code Name: S.T.E.A.M., solo che, appunto, è in 2D. Il giocatore controlla una squadra composta da un numero variabile di elementi (il minimo è uno, il massimo è quattro), ciascuno dei quali può muoversi nei limiti del suo raggio d’azione e attaccare gli avversari, oppure utilizzare gli oggetti equipaggiati.
Il sistema è molto efficace, perché riesce ad aggiungere agli elementi strategici – come l’importanza del posizionamento dei soldati, accentuato dall’esistenza del cover system – quel pizzico di abilità manuale (la mira, principalmente) che non guasta mai. Il gioco è stato pensato per non risultare frustrante a causa delle dimensioni contenute dello schermo (ho giocato su New Nintendo 3DS, N.d.R.), che avrebbero potuto complicare le operazioni balistiche; inoltre, la presenza di un secondo schermo consente di avere sempre la mappa sott’occhio (chiaramente lo screen qui sotto è tratto da un port per home console, NdR)
Anche sul versante narrativo Dig e Heist sono indipendenti: sono ambientati nello stesso universo (e qualche elemento di raccordo esiste), ma sono distanziati da alcuni secoli. Questa volta non seguiremo la storia di Rusty e non metteremo piede a Tumbleton, anzi, non metteremo piede in nessuna città, dal momento che le vicende si svolgono interamente nelle astronavi e in piccoli approdi spaziali, che ospitano bar, negozi e così via.
La scarsa varietà degli ambienti pesa molto più che in SteamWorld Dig, dal momento che Heist dura almeno tre volte tanto (io l’ho finito in poco meno di quindici ore, e di solito non sono una scheggia, N.d.R.). Anche il comparto narrativo involuto assume una maggior rilevanza, se non altro per il numero di conversazioni e di spostamenti a cui il giocatore viene obbligato: non si tratta più di scoprire in una manciata di ore i segreti di una vecchia miniera, ma di guidare un gruppo di pirati/ribelli in un’avventura che li porterà a salvare l’universo. Peccato che tutto ciò avvenga senza destare particolarmente l’interesse del giocatore.
Se il gameplay è profondamente mutato, lo stesso non si può dire della grafica, che ricorda molto da vicino quella del predecessore. Certo, i due giochi sono facilmente distinguibili a causa dei diversi personaggi e ambientazioni, ma lo stile inconfondibile di Image & Form non è mutato, anche perché osservando i crediti potete notare che i nomi coinvolti nello sviluppo sono grosso modo gli stessi. Spiccano ancora una volta il character design, con la sua venatura steampunk ironica, meno caricaturale che in passato, e la cura per i dettagli, che si nota soprattutto negli interni diversi dalle arene.
Sul versante delle musiche i cambiamenti sono consistenti: la colonna sonora non è più opera di Mattias Hammarin, che aveva dato un’ottima prova delle sue abilità in SteamWorld Dig, bensì di Johannes Hedberg per la musica in-game e del gruppo Steam Powered Giraffe (che compaiono anche nel gioco, come potete vedere dalla nostra immagine di testa) per il main theme e le tracce cantate. Chi scrive ritiene che queste ultime siano di gran lunga le migliori, mentre la musica durante le battaglie tende a passare “inosservata”.
Pur avendo scelto un genere più riflessivo rispetto a quello di SteamWorld Dig, Image & Form ha voluto realizzare uno strategico “leggero”, adatto a missioni brevi e anche al gaming portatile: in questa chiave va vista la scelta di limitare le dimensioni del party e l’estensione delle arene, generate perlopiù in modo procedurale, e di ridurre quanto più possibile la fase gestionale propedeutica allo scontro.
Ogni combattente ha delle abilità di partenza, a cui se ne aggiunge una per ogni level up. Alcune skill sono generiche (come health +1), mentre altre sono legate al personaggio. Il giocatore non ha alcun potere decisionale su queste abilità: non esistono skill tree e non è necessario scegliere quali skill attivare, perché in battaglia sono tutte disponibili. Anche la fase di equipaggiamento è ridotta all’osso: oltre all’arma, le truppe possono essere munite di un cappello – mero collectible, privo di ricadute sul gameplay – e di due oggetti di vario tipo, comuni a tutti i personaggi. Le armi equipaggiabili dipendono dalle skill del combattente: di solito ciascuno di essi può avvalersi di due classi di armi fra le quattro disponibili. Il numero di bocche di fuoco è davvero elevato (sono più di cento), ma non si può dire che se fossero state la metà il gioco ne avrebbe risentito.
La decisione di non appesantire questa componente è sensata; d’altronde, SteamWorld Heist non è un JRPG tattico come Valkyria Chronicles, e non si rivolge esclusivamente alla platea degli strateghi, pur risultando divertente per tutti. Il giocatore non è costretto a consultare decine di pagine di menu o a smanettare con gli equipaggiamenti, visto che tutto può essere gestito in un paio di minuti prima dell’inizio dello scontro, quando vengono designati i membri del party e il loro equipaggiamento. Il gioco memorizza le impostazioni dello scontro precedente per comodità, ma allo stesso tempo consente rapide modifiche, visto che non è necessario ogni volta “disequipaggiare” tutti gli oggetti per riassegnarli; l’inventario ridotto (ma espandibile) fa il resto, evitando che il giocatore accumuli oggetti su oggetti che appesantiscono la consultazione.
Forse, però, Image & Form ha risentito dell’assenza di esperienza nel settore, visto che i menu di SteamWorld Heist non sono il massimo della comodità: un esempio di ciò è dato dalle schermate di acquisto delle armi, che non consentono di paragonarle con quelle della stessa classe già presenti nel proprio inventario, oppure dall’impossibilità di passare da un personaggio all’altro nella schermata delle abilità, operazione consentita pressoché da ogni RPG (e non solo) premendo i tasti dorsali. Quisquilie, dirà qualcuno, ma si tratta comunque di imperfezioni che rendono meno agevoli alcune operazioni tutto sommato basilari.
L’esperienza di gioco è agile non solo per il ritmo delle battaglie – in particolar modo grazie all’animation skip – e per la gestione delle truppe semplificata, ma anche per la diversificazione della sfida e degli obiettivi. SteamWorld Heist mette a disposizione cinque livelli di difficoltà, liberamente intercambiabili prima dell’inizio di ciascuna missione; la scelta non influenza i contenuti a disposizione del giocatore, il quale peraltro sarà premiato da un progressivo incremento dell’esperienza ottenuta ai livelli di difficoltà più elevati.
Il grado di sfida si innalza se si intende ottenere il massimo punteggio in ciascuna missione. A ogni arena sono collegate diverse stelle di reputazione, che si ottengono raggiungendo tutti gli obiettivi e raccogliendo il tesoro speciale (nel gioco Epic Swag!); bisogna, inoltre, fare attenzione a non perdere nemmeno un combattente: non per il permadeath (che non c’è, state tranquilli), ma perché ogni morte comporta la sottrazione di una stellina dal punteggio finale. La reputazione serve per sbloccare aree, oggetti e alleati; contenuti non fondamentali, ma in grado di arricchire l’esperienza.
Dopo essere passata dal tower defense al metroidvania, Image & Form ha avuto il coraggio di effettuare un’altra brusca virata ed è riuscita a mantenere la qualità su alti livelli. Certo, emerge qualche ingenuità, forse legata all’inesperienza del genere, che potrebbe essere limata con un seguito.