Back in Time – Star Ocean: First Departure
L'inizio di un'epopea spaziale.
Appena una settimana fa è stato annunciato il remaster di Star Ocean: First Departure (uscito nel 2008), che, a sua volta, è il remake del primo Star Ocean, risalente all’ormai lontano 1996, quando volgeva al termine la gloriosa stagione JRPGistica su SNES. Quale migliore occasione per rispolverare la nostra PSP e goderci un po’ di sci-fi in salsa giapponese?
Scegliere l’Universo come setting ha indubbi vantaggi: ogni pianeta ha storia e civiltà proprie, e non è detto che sia allo stesso livello di sviluppo di altri pianeti: ciò ha consentito la commistione fra sci-fi e fantasy caratteristica della saga. Inoltre, ciò permette di sviluppare in ogni nuovo capitolo storie che si inseriscano nel contesto dei precedenti, senza però essere legate indissolubilmente a quelle degli altri giochi, diversamente da serie come Wild Arms, che ambienta ogni suo titolo nel mondo di Filgaia, ma senza una continuità, con vicende storiche, conformazione geografica e altri elementi sempre diversi. Ad esempio, in Star Ocean 4 si torna a un certo punto sul pianeta del primo, ma in epoca precedente, tanto che alcuni personaggi sono antenati di quelli di First Departure; è possibile, dunque, giocare ciascun episodio come stand-alone (tranne Blue Sphere, sequel diretto di Second Story), però i collegamenti esistono.
Peccato che queste potenzialità siano in parte sprecate da trame spesso non brillanti e da uno sbilanciamento (almeno in First Departure; non ho ancora giocato gli altri titoli approfonditamente, NdR) in favore dell’elemento fantasy, che è anche il più banale. Il plot, nella sua parte maggiore (quella centrale), è lo stesso che potreste trovare in mille JRPG fantasy privi di spunti originali, un po’ come se, dopo l’inizio, si dimenticasse per buona parte dell’avventura di essere anche un plot sci-fi; e pensare che di spunti ce ne sarebbero stati diversi, a partire dall’interazione fra scienza e magia, tema solo accennato da uno dei protagonisti. La sezione sci-fi è più interessante, ma avrebbe meritato un ampliamento, specialmente nel finale.
In compenso, sono state aggiunte nuove Private Action: per i neofiti, potremmo definirle come piccole scenette (come le skit in Tales of) opzionali, che possono modificare il livello di Affection fra i vari personaggi, determinando finali diversificati (nei rapporti fra i vari pg, si intende; la storia è sempre la stessa) e altro. Tutto ciò è un ottimo rimedio contro la ridotta durata della main quest, stimabile attorno alle venti ore (e pure afflitta da backtracking), dal momento che rende rigiocabile l’avventura, che si arricchirà di nuovi e diversi aspetti, a seconda delle scelte fatte, dei personaggi che compongono la squadra e dei rapporti intercorrenti fra loro, fino al raggiungimento di uno degli ottanta finali alternativi previsti. Certo, meglio realizzare un gioco più lungo e completo che incoraggiare il replay, però è meglio di niente e accentua il ruolismo.
Non troverete traccia sul manuale di come funziona l’Affection Rating, e neanche durante il gioco avrete le idee molto chiare, quindi è consigliabile studiarsi un po’ la guida, indispensabile anche per trovare i personaggi opzionali: ce ne sono nove in tutto, e, tenendo conto che ce ne sono anche quattro obbligatori e il party contempla un massimo di otto combattenti, purtroppo è impossibile averli tutti con una sola giocata; siccome alcuni necessitano di passaggi elaborati o comunque difficilmente intuibili, o addirittura vengono preclusi da altri acquisibili in precedenza, l’uso di una walkthrough si rende quasi indispensabile per godersi First Departure al meglio, e non solo per il consueto materiale post-game (ridotto all’osso), ma soprattutto per ottenere un finale soddisfacente (impresa in cui ho miseramente fallito, N.d.R.).
I progressi più significativi, ad ogni modo, sono stati compiuti dal di vista grafico, come era facile aspettarsi: il “nuovo” motore, utilizzato anche per Second Evolution, è una versione potenziata di quello utilizzato in Star Ocean 2 e si rivela molto efficiente. I personaggi sono realizzati con sprite 2D e, come in molti titoli dell’era 32 bit, si muovono all’interno di scenari 3D prerenderizzati molto colorati, ma non ruotabili; i campi di battaglia sono un po’ spogli, ma, in compenso, le magie godono di buoni effetti speciali. Gli aspetti migliori, probabilmente, sono i nuovi artwork e le cut-scene anime, veramente bellissime: sono solo sette in tutto, di cui una opzionale, della durata di circa novanta secondi ciascuna. Avrebbero potuto essere più numerose, a ben vedere, dal momento che la parte centrale del gioco ne è praticamente sguarnita.
Il sonoro beneficia del discreto doppiaggio nuovo di zecca e della colonna sonora riarrangiata, come sempre opera di quel Motoi Sakuraba che è dietro a tutti gli Star Ocean, nonché a quasi tutti gli altri lavori di Tri-Ace. Spesso Sakuraba riserva a Star Ocean un trattamento particolare, in linea con la sua natura ibrida di sci-fi e fantasy, con brani sperimentali che spaziano molto fra vari generi; c’è da dire che forse fra le sue opere più recenti ci sono OST più incisive, ma il lavoro svolto è buono anche in questa occasione e risente in positivo, ovviamente, del progresso tecnologico.
A livello di gameplay, ci troviamo davanti a un classico JRPG con un sistema di combattimento action, come un Tales of a caso, anche se le differenze fra il battle system di Fantastic Space Odyssey (questo il sottotitolo del gioco originale) e quello di Tales of Phantasia erano abbastanza evidenti. Curiosità storiche a parte, First Departure ha portato dei controlli molto più moderni ed efficienti ed una velocità leggermente incrementata, anche se non ai livelli frenetici di un Tales of Eternia (secondo me è un bene, NdR). I personaggi schierabili sono quattro e se ne controlla solo uno a propria scelta, switchabile anche nel corso della pugna, mentre gli altri seguono le semplici indicazioni (conserva gli mp, cura gli amici, ecc.) impostabili. Gli attacchi speciali sono imputati a L e R, quindi sono solo due, ma se controllate un mago, potete selezionare qualunque incantesimo (Symbology) dal menù, fermando l’azione. Il risultato, grazie anche ad una difficoltà generalmente bassa, ma con rari picchi ingiustificati, e ad un encounter rate non asfissiante, è molto user-friendly.
Decisamente meno user-friendly è, invece, il sistema di Item Creation e skill: moltissime sono le skill che permettono di creare svariati oggetti di diversa natura, dalla cucina all’alchimia, dal crafting propriamente detto alla scrittura… L’abbondanza di possibilità è sicuramente positiva, ma può spiazzare inizialmente. Ciascuna di queste abilità, assieme ad altre relative al combattimento, può essere affinata assegnandole Skill Point, ottenibili ad ogni frequente level up: ogni skill ha un suo livello- il massimo è 10- che determina, assieme alla predisposizione naturale del personaggio (disponibilità di un Talent, spesso acquisibile pure con la pratica), la sua possibilità di successo. Aggiunta di First Departure sono le Super Specialità, abilità di gruppo che richiedono determinati livelli in una particolare skill dell’intero party. Come avrete intuito, il sistema è articolato e versatile, piacevole nonostante gli anni, ma richiede un po’ di esperienza e ragionamento; ancora una volta, una guida potrebbe fornirvi un orientamento iniziale o qualche consiglio.
First Departure è un ottimo punto di partenza per approcciarsi a Star Ocean, che non è certo fra le saghe più blasonate nel settore, ma che ha conservato negli anni un certo fascino grazie alla commistione tra fantasy e sci-fi. Certo, non possiamo biasimarvi se deciderete di attendere il remaster.