Back in Time – Silent Hill Origins
Le origini dell'inquietante serie di Konami.
Ve lo ricordate ancora Silent Hill? La cancellazione di Silent Hills brucia ancora come il famoso rigore di Baggio? Beh, noi di Back in Time non possiamo cambiare il passato, ma solo riviverlo, e lo facciamo con Silent Hill Origins, che proprio in questi giorni spegne la sua dodicesima candelina.
Si trattò del primo episodio sviluppato non dallo storico Team Silent, bensì dagli occidentali di Climax. Origins, prequel del primo episodio, inizialmente suscitò non pochi dubbi tra i fan: la visuale era mutata, ora alle spalle del protagonista, e l’utilizzo delle armi da fuoco ricordava Resident Evil 4. Altra perplessità derivava dal discutibile monster desing, che mostrava abomini più simili a zombie che alle inquietanti e sinistre creature tipiche della serie. A quanto pare, Konami ritenne che la serie non fosse pronta al grande salto (intrapreso, tra l’altro, da Silent Hill 4 senza particolarmente successo), e intervenne mostrando la retta via a Climax. Il risultato è stato un ottimo survival horror dotato delle meccaniche tipiche della serie, anche se ciò non ha precluso qualche piccola novità.
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Silent Hill Origins è il terzo capitolo che in un modo o nell’altro è legato, dal un punto di vista narrativo, al capostipite. In questo caso si tratta non di un sequel, come avvenuto per Silent Hill 3, bensì di un prequel, che racconta le vicende subito successive all’incendio della casa di Alessa. Ecco che quindi ci troviamo nei panni di Travis, un camionista apparentemente capitato per caso nella cittadina nebbiosa, che fa la scoperta di un terribile scenario: una casa sta bruciando, e il motivo dell’incendio non è altro che il sacrificio umano di una povera bambina, Alessa per l’appunto. Dopo averla salvata dalle fiamme, il poveretto sviene e si risveglia nella città di Silent Hill, che pare totalmente deserta e isolata dal resto del mondo. Inizia quindi un “pellegrinaggio” per quelle strade nebbiose tanto care ai fan, dove le vicende si alternano con maestria e a ritmo incalzante; facendo la conoscenza della inquietante Dahlia, la bella infermiera Lisa, nonché l’enigmatico Kauffman. Tutti personaggi già apparsi e conosciuti fin troppo bene, ma rivisitati per l’occasione.
Ben presto ci accorgeremo che le vicende di Alessa raccontate in Origins non aggiungono poi molto a quello che già si conosce giocando al primo e al terzo episodio: la maggior parte della trama, infatti, fa luce sul passato del nostro protagonista, del quale vengono svelati numerosi retroscena, scoprendo che in realtà non è capitato per caso in quel luogo. Una trama che quindi agglomera due vicende differenti, anche se con temi simili, in maniera sapiente e mai intrusiva, riuscendo nell’intento di stupire e affascinare.
Se andiamo ad analizzare Origins dal punto di vista delle atmosfere, ci accorgeremo come anche in questo campo il titolo riesca nel suo intento. La suggestione data dal camminare per le strade della cittadina nebbiosa, con il costante statico della radio sulle orecchie, è ancora tale e quale a quella provata vent’anni fa. Anche le sessioni all’interno dei vari edifici, l’altra grande fetta dell’esplorazione di Silent Hill, sono ancora una volta molto intense e opprimenti, grazie soprattutto alla caratterizzazione di questi luoghi, che risultano più inquietanti che mai. Un esempio è fornito dall’istituto di igiene mentale o, ancora, con il teatro, dove faremo interessanti incontri e nel quale la tensione sarà sempre altissima. Dopo il quarto capitolo, che aveva un po’ stravolto la serie, torna anche la nostra fidata torcia; ciò significa che spesso saremo avvolti dalle tenebre, e l’ansia di non riuscire ad avere un controllo totale su ciò che avviene su schermo è una sensazione ben accolta e che sinceramente ci mancava.
Altro elemento storico della serie, il dualismo dei mondi, quello chiaro (normale) e quello oscuro (demoniaco), è presente anche qui, e ora avremo la possibilità di passare dall’uno all’altro ogni volta che sarà necessario tramite degli appositi specchi, strumenti che sin dall’antichità hanno sempre suscitato nell’animo umano sentimenti di curiosità ma anche di mistero. Le atmosfere sono infine ulteriormente perfezionate grazie a una colonna sonora di tutto rispetto, curata ancora una volta da Akira Yamaoka, compositore storico della serie. Colonna sonora che segue costantemente le varie situazioni: ansiose e terrificanti musiche ci accompagnano una volta messo piede nel mondo oscuro, e malinconiche melodie fanno da sfondo alle vicende di Travis e Alessa.
Dopo aver analizzato gli aspetti scenici, è doveroso parlare del gameplay. Nonostante ricalchi a grandi linee lo schema dei primi tre episodi, il titolo introduce qualche piccola e interessante novità. Da un punto di vista esplorativo, avevamo già accennato che la struttura è molto classica, con Trevis indaffarato a spostarsi da un ambiente all’altro utilizzando le desolate e nebbiose strade della cittadina di Silent Hill. Lo stesso accade all’interno degli edifici, con una struttura delle location decisamente vecchio stile, rispetto a quanto si era visto in Silent Hill 4, con un discreto numero di enigmi sufficientemente elaborati, che coinvolgono, nemmeno a dirlo, le due differenti dimensioni. Infine, a far compagnia alla nostra “visita”, vi saranno torcia e radio, delle quali il ritorno è assai gradito.
Parlando invece del battle system, ci ritroviamo in mano un sapiente mix di quanto ha offerto la serie sino a quel momento. Per esempio, ritorna l’inventario a schermo ereditato da Silent Hill 4, che permette un cambio d’arma molto più veloce, ma ritorna anche l’illimitato spazio a nostra disposizione, trasformando di fatto Travis in un enorme “contenitore” senza fondo. Inoltre, ora potremo attaccare non solo con i classici bastoni, piedi di porco, mazze ferrate e pistole, ma anche con armi di “fortuna”, che da semplici soprammobili o elettrodomestici si trasformano in letali strumenti di morte. Non è un caso infatti che potremo rompere un televisore in testa a un nemico, piuttosto che infilzarlo con un paralume. Oltretutto, se siamo a corto di armi o non vogliamo sprecare proiettili, potremo affidarci agli economici pugni di Travis, che fanno più male di quanto non si possa immaginare. Ultima novità introdotta sono i Quick Time Event, che Resident Evil 4 ha elevato a standard: quando un mostro ci assalirà, per scrollarcelo di dosso sarà sufficiente premere il giusto tasto che compare a schermo.
Silent Hill Origins ha debuttato su PSP, per essere portato l’anno successivo su PlayStation 2. Si sa, le conversioni da PSP a PS2 non sono mai felicissime: ne sono testimonianza molti titoli che, durante il “passaggio” non hanno avuto giovamento dall’hardware migliore, addirittura peggiorando il risultato sotto alcuni aspetti. Silent Hill Origins in questo caso sta nel mezzo: la versione PS2 a livello visivo è sicuramente superiore alla controparte PSP, ma non mancano i difetti. Dal passaggio si sono guadagnate infatti texture molto più definite e curate, effetti speciali più corposi, nonché modelli poligonali nettamente più dettagliati e meglio animati. Non dimentichiamoci poi della maggior definizione delle immagini, vedendo così sparire buona parte dell’aliasing che logicamente affliggeva la versione PSP.
Di contro, si è verificato un inspiegabile calo di frame rate generale: talvolta, quando i nemici a schermo sono veramente tanti, questo scende in maniera un po’ preoccupante. Inoltre, la palette dei colori pare più spenta rispetto alla controparte portatile e non mancano poi i bug come nemici che s’incastrano tra le pareti. Insomma, un lavoro a metà, sicuramente migliore di tanti altri, ma che avrebbe potuto essere più curato.
Silent Hill Origins è un buonissimo survival horror. Le atmosfere tipiche della serie sono state pienamente rispettate, grazie a una trama che, anche se non aggiunge poi molto alle vicende del primo episodio, sa colpire il giocatore e farlo appassionare alla storia di Travis. Tornano oltretutto la cittadina esplorabile, la torcia, la radio e gli enigmi, elementi cari a tutti i fan. Come se non bastasse, l’aspetto artistico è proprio quello del mondo malato della cittadina nebbiosa. Il titolo non è esente da difetti, come i filmati in computer grafica non molto ben realizzati e la longevità abbastanza bassa.