Back in Time – Dungeons & Dragons: Shadow over Mystara
La scorsa settimana le pagine virtuali di Back in Time sono state dedicate a Dungeons & Dragons: Tower of Doom, che proprio nel 2018 spegne la sua quindicesima candelina. Oggi ci è sembrato doveroso parlarvi del sequel, Shadow over Mystara, giunto nelle sale giochi nell’ormai lontano 1996.
Shadow over Mystara è ambientato due anni dopo l’epilogo di Tower of Doom. Il setting resta ovviamente Mystara, ma il nostro gruppo di eroi (ora più nutrito che mai, come vedremo) si è mosso in direzione Glantri per sventare il piano malefico di cui faceva parte anche Deimos, l’antagonista del prequel.
Stiamo parlando di un picchiaduro a scorrimento per sale giochi, quindi la trama non riveste un ruolo fondamentale e non occupa il giocatore per molto tempo. Va sottolineata però la cura riposta da Capcom anche in questo comparto: la vicenda appare più strutturata rispetto a quella di Tower of Doom ed esistono finali diversi per ciascuna delle classi, a seconda di requisiti vari; chiaro che stiamo parlando di finali composti da due schermate in croce con tre linee di testo ma, nell’ottica di un gioco che dura poco più di un’ora e destinato a essere finito molte volte, si tratta comunque di una variabile gradevole che può anche incentivare a utilizzare personaggi diversi.
Mentre Tower of Doom appartiene alla prima generazione di giochi sviluppati su CPS-2, Shadow over Mystara giunge dopo annate ricche come il 1994 e il 1995, in cui Capcom ha imparato a sfruttare a dovere la sua scheda. Nonostante non sia avvenuto un salto generazionale (che c’è stato solo qualche mese più tardi, con l’arrivo della meno fortunata CPS-3), il divario tecnico è apprezzabile, soprattutto per quanto riguarda fondali e animazioni. Va comunque constatato che esiste un cospicuo riciclo di materiale, soprattutto per quanto riguarda mob e protagonisti, eccettuati ovviamente quelli inediti.
In ambito artistico si registrano novità più significative, con il duplice cambio di character designer e composer. Il primo ha portato a una orientalizzazione di D&D più marcata: se già in Tower of Doom si poteva notare una commistione fra stile occidentale ed estetica anime da primi anni Novanta, Shadow over Mystara si spinge oltre, proponendo una palette cromatica più satura e avvicinandosi visivamente a Street Fighter, serie su cui Kinu Nishimura (character designer) ha lavorato sin dai tempi del secondo episodio. Alla colonna sonora possiamo ascoltare un giovane Masato Kouda, entrato in Capcom nel 1995, anno in cui ha composto la colonna sonora di Cyberbots. La coerenza stilistica con Tower of Doom è stata mantenuta, anche se forse in questo seguito prevalgono le sonorità di stampo JRPGistico (ovviamente dovete pensare al periodo SNES) sui temi più movimentati dei beat ‘em up a scorrimento.
Il gameplay di Shadow over Mystara costituisce la naturale evoluzione di quello del prequel. Il primo evidente miglioramento è dato dalle incrementate possibilità di scelta in mano ai giocatori – parleremo sempre al plurale d’ora in poi, dal momento che l’opera è apertamente dedicata al multiplayer cooperativo per quattro persone, tanto che già giocare “solo” in due rovina parzialmente l’esperienza. Mentre Tower of Doom poteva essere affrontato da un party immutabile, composto da un guerriero, un’elfa, un nano e un chierico, il suo sequel è molto più flessibile, per i motivi che andiamo subito a vedere. Innanzitutto, sono state aggiunte due nuove classi: una è il ladro, caratterizzato da scarse capacità combattive ma da una notevole destrezza e dall’abilità di aprire tutti i forzieri e riconoscere le trappole; l’altra è il mago, forse l’unità più forte a livello massimo, nonché un alleato utilissimo contro i numerosi boss. Secondariamente, ora ogni classe conta due personaggi diversi (più per aspetto che per caratteristiche, a dire il vero), in modo da consentire la formazione di party che abbiano due avventurieri della stessa classe. Infine, ad ogni sconfitta è possibile cambiare classe, in modo da poter sperimentare approcci differenti senza la necessità di ricominciare il gioco.
Ad accompagnare questa accresciuta flessibilità troviamo una maggior diversificazione delle classi, ottenuta tramite l’arricchimento dei moveset, degli oggetti e degli equipaggiamenti, più che raddoppiati; a questo proposito, si sono resi necessari l’ampliamento e la riorganizzazione dell’inventario a discapito della rapidità di navigazione, per cui è consigliabile cambiare oggetto in situazioni non concitate. La grande aggiunta è quella delle armi (una quarantina circa), ciascuna dotata di un proprio valore d’attacco e appartenente a una classe (sword, mace, e così via), il che la rende utilizzabile solo da alcuni personaggi. Le armature, invece, costituiscono quasi una novità: erano presenti già in Tower of Doom, ma il loro numero esiguo consentiva di prestare meno attenzione; in Shadow over Mystara sono più di venti, il che rende più che gradita la neo introdotta possibilità di controllare (ma nulla di più) il proprio equipaggiamento.
Tutta questa abbondanza si riversa sul battle system, l’aspetto che rende questo gioco indubitabilmente migliore del predecessore. All’ampliamento dei moveset di cui sopra si è accompagnato un maggior dinamismo, in virtù del quale i personaggi più portati per il corpo a corpo possono prodursi in rapide combo, più o meno articolate, e addirittura in vantaggiose juggle. La diversificazione fra classi, tanto sul versante degli oggetti e degli equipaggiamenti, quanto su quello del parco mosse, è molto più accentuata: si pensi, ad esempio, al mago, che non è in grado di effettuare combo, ma che possiede incantesimi devastanti ai più alti livelli e un’abilità peculiare come il teletrasporto; o, ancora, alla ladra, in grado di fare salti doppi e di balzare sulle pareti. Inoltre, è stato introdotto per tutti l’attacco disperato, che costa qualche HP ma consente di uscire da situazioni critiche di soverchiamento. Tutto ciò è supportato da un sistema di controllo efficiente e abbastanza semplice, anche se la fase di studio dei personaggi si rivelerà senz’altro più lunga di quella sperimentata in Tower of Doom.
Anche sotto questo profilo, dunque, Capcom si è superata: Shadow over Mystara appartiene senz’altro all’ultimo stadio evolutivo del genere negli anni Novanta, prima del declino che sarebbe avvenuto di lì a poco (l’ultimo picchiaduro a scorrimento della software house è Battle Circuit, del 1997), assieme a quello delle sale giochi; alla crisi sarebbero sopravvissuti solo i picchiaduro a incontri, che continuarono a imperversare sia su CPS-2 sia su CPS-3 costituendo, anzi, l’unico genere ospitato da quest’ultima scheda.
Dungeons & Dragons: Shadow over Mystara costituisce senz’altro un significativo passo in avanti rispetto a Tower of Doom, nonché uno dei migliori picchiaduro a scorrimento degli anni Novanta.