Back in Time – Ratchet & Clank: L’altezza non conta

Il primo Ratchet & Clank miniaturizzato

Ratchet & Clank: L’altezza non conta (titolo originale: Size Matters) è stato la prima fatica di High Impact Games, frutto della scelta – non del tutto azzeccata – di Sony di “miniaturizzare” i suoi maggiori franchise: nel 2006 uscì l’ottimo Daxter, nel 2007 L’altezza non conta, mentre l’anno successivo fu la (prima) volta di God of War (come abbiamo già visto)… e potremmo andare avanti con Killzone, Resistance e MotorStorm (su cui torneremo presto in questa rubrica). Da un certo punto di vista è cosa buona e giusta rimpolpare la line-up di una console con titoli di richiamo e di qualità, ma allo stesso tempo bisogna chiedersi se, invece di adattare meccaniche di gioco nate in ambito home console, non sarebbe stato più proficuo elaborare nuovi concept ad hoc per PSP, magari sfruttando anche qualche serie famosa, ci mancherebbe altro; è stato fatto (LocoRoco e Patapon sono grandi esempi), ma forse non abbastanza.

In occasione del dodicesimo anniversario del gioco (che cade fra pochissimi giorni), Back in Time torna con voi alla prima volta in cui Ratchet e Clank divennero piccini piccini.

I nostri eroi sono in spiaggia a prendersi il loro meritato riposo, ma vengono importunati da una ragazzina, che darà il via alla quinta avventura del Lombax e del suo compagno robot, infarcita come sempre di spassosi dialoghi e humour; forse questa volta siamo vagamente sottotono in alcuni frangenti, ma non è il caso di preoccuparsene più di tanto: Ratchet, Clank e il Capitano Qwark sono presenti all’appello e le gag che hanno contribuito a renderli famosi. Forse manca solo un cattivone degno di tale nome, ma la trama è sempre e comunque un elemento secondario nella formula vincente della serie, riassumibile in tre parole: armi, risate e spettacolarità. Quest’ultima non è certo assente, anche se non siamo ai stessi livelli di PlayStation 2, su cui Insomniac Games aveva sviluppato un motore grafico da urlo; High Impact Games non ha voluto essere da meno, e ha messo a punto un comparto tecnico assolutamente degno dell’hardware su cui gira, che è lo stesso che ospita un gioiellino del calibro di Daxter. Spiccano in particolar modo i modelli poligonali dei protagonisti e delle armi, decisamente più dettagliati dei comunque buoni fondali.

Sul versante audio, il prodotto si assesta su buoni livelli, ma sotto tono rispetto alla grafica e a quanto ascoltato negli episodi precedenti, non a causa del doppiaggio – le voci sono le stesse dei capitoli precedenti: Giuseppe Calvetti sostituirà Simone D’Andrea alla voce di Ratchet solo dall’era PlayStation 3 – bensì di una colonna sonora non memorabile, che si limita a svolgere il suo lavoro. Effetti nella media, abbastanza familiari per i fan della serie.

Il vero problema per il developer californiano, però, non era certo dare un saggio delle proprie competenze tecniche, bensì adattare alla minuta PSP le grandi gesta che il duo scoppiettante aveva già compiuto su home console. Il dramma numero uno in questi casi è la mancanza dello stick analogico destro, che spesso compromette la godibilità dei giochi tridimensionali in cui è necessario ruotare la visuale comodamente: i ragazzi di High Impact Games hanno fatto del loro meglio, tutto sommato, implementando due diverse modalità della telecamera, cioè quella “a seguire”, che, come suggerisce la denominazione, segue Ratchet in ogni suo spostamento, e quella “passiva”; per le correzioni si utilizzano i tasti dorsali, con la possibilità di invertire gli assi. Ciò in cui hanno peccato è la regia virtuale, che rende necessario abusare degli aggiustamenti manuali, ma è un difetto davvero comune in molte produzioni.

Questione numero due: tasti. PSP ha una sola coppia di dorsali, per giunta utilizzata come abbiamo appena visto, quindi azioni come lo strafe o l’accovacciamento andavano riviste: mentre il primo è ora gestibile senza grossi traumi con le frecce direzionali, il secondo è imputato ala pressione congiunta dei dorsali (in questo modo si centra pure la visuale) e risulta più scomodo che in passato, ma il suo uso (che era essenzialmente legato all’attacco Cometa, cioè il lancio dell’Onnichiave) è limitato anche dai problemi di inquadratura di cui sopra, responsabili di qualche lancio “a vuoto”. Per fare un discorso generale, possiamo dire che si gioca bene lo stesso, anche se in modo un po’ più scomodo rispetto al passato. Forse è questo ad aver causato un leggero incremento della difficoltà, che risulta pure positivo, dando un po’ di mordente alla sfida.

In conclusione, il gameplay funzionava ancora benone, ma cominciava ad essere un po’ stantio al suo quinto banco di prova: questo è stato il problema principale della serie durante la scorsa generazione. La maggior delusione deriva dall’arsenale: non solo meno nutrito del solito, ma anche privo di qualsiasi slancio di originalità: le tredici armi sono prese di peso dagli episodi precedenti (come il Cannone a risucchio o i Cavalieri del Giudizio) oppure sono copie sbiadite di idee già viste (come il Muccatore). In un gioco del genere, si sarebbe dovuto fare di più e meglio.

Per il resto tutto funziona come al solito: è possibile upgradare l’arsenale e aumentare la salute con i punti esperienza; ci sono i Punti Abilità e i Bolt di Titanio, utili a sbloccare trucchi e skin; i gadget contano poche new entry, fra cui lo Spruzz-o-matic per fare crescere delle piante speciali indispensabili per superare determinati frangenti. Si fa prima a contare le novità: le armature, ad esempio, non vengono più acquistate, ma si trovano/ottengono pezzo per pezzo (testa, busto, mani e piedi), permettendovi di indossare pezzi appartenenti a diversi set, ciascuno dei quali è dotato di un potere particolare se equipaggiato nella sua interezza. I mini giochi sono cambiati, ma non brillano, se escludiamo alcune eccezioni come una simpatica imitazione di Lemmings.

In linea con i due episodi precedenti, Ratchet & Clank: L’altezza non conta accompagnava alla modalità in solitaria un comparto multiplayer fino a quattro giocatori con solo tre modalità, di cui due (Deathmach e Capture the flag) scontatissime; la terza, denominata “Lombax di Ferro”, prevedeva obbiettivi diversi a seconda dell’arena scelta fra le sole quattro disponibili. Si trattava comunque di un piacevole bonus rispetto al single player, non certo della pietanza principale. Il problema in realtà consiste nel fatto che che la storia dura appena sette ore, a cui bisogna aggiungerne una manciata per gli extra legati ai mini game e ai segreti.

Rimane da osservare in chiusura che nel 2008 L’altezza non conta ha ricevuto un port per PlayStation 2, che va ad eliminare i problemi relativi alla mappatura dei comandi, ma non quelli relativi alle inquadrature, condendo il tutto con sgradevoli glitch. Se proprio sentite l’esigenza di recuperare l’altezza non conta, tanto vale farlo su PSP (o, al limite, PlayStation Vita).

Altezza non conta


Ratchet & Clank: L’Altezza Non Conta ha dalla sua il fatto di essere un’ottima trasposizione portatile della serie, però ciò comporta anche degli svantaggi, come l’assenza del secondo stick analogico, meno spettacolarità e longevità ridotta.

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