Back in Time – Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull’infinito

I portali sulla noia, più che altro.

Sembrava dovesse non finire mai, e invece eccoci qui: questa è l’ultima puntata del nostro lunghissimo ciclo dedicato a 3DS. Chiudiamo non proprio in bellezza con Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull’infinito, uscito in Occidente sette anni fa.

Forse avrete sognato di possedere dei Pokémon e di partire all’avventura nel mondo di Kanto o Johto, abbandonando compiti, impieghi ed esami per diventare un Maestro, ci scommettiamo. Più difficile, invece, che vi siate immaginati come sarebbe stato diventare proprio un Pocket Monster, con tanto di coda, occhioni stile manga, artigli e in grado di usare tuonoshock contro chi vi sta sulle scatole. In casa Spike Chunsoft devono invece aver fatto questo sogno a occhi aperti, per poi applicarlo nella serie Pokémon Mystery Dungeon.

Come da tradizione, all’inizio il protagonista umano viene trasformato in una bestiola Poké, a seguito di un turbolento sonno nel quale vede un Munna in difficoltà chiamarlo in suo soccorso. Dopo aver scelto il proprio alter ego tra una rosa che vede cinque alternative (Pikachu, Snivy, Tepig, Oshawott e Axew), si viene catapultati dal cielo in una landa sprizzante di natura incontaminata, nella quale vivono, manco a dirlo, i Pokémon, ignari dell’esistenza degli umani. Decisamente confuso dall’esperienza, il giocatore si ritroverà a conoscere un gruppo di animaletti, aiutandoli nella loro missione di costruire una nuova città – il Poképaradiso – cercando allo stesso tempo di capire che cosa gli sia successo.

Pokémon Mystery Dungeon Portali

Benché la missione di fondo di ampliare le nostre proprietà costruendo negozi, palestre e campi sia simpatica, il resto dell’intreccio risulta a tratti stucchevole nella sua semplicità e quotidianità. Tepig, Emolga, Dunsparce e amici parleranno per ore di fatti di interesse davvero marginale, mentre i momenti intensi che faranno avanzare la storia (neanche malvagissima, se la vedessimo riassunta in poche righe) si contano sulle dita di una mano. Certo, in Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull’infinito la trama non è il punto focale, ma si poteva fare di meglio, sfruttando il carisma dei mostri disegnati da Ken Sugimori.

Certamente, rispetto ai suoi predecessori, questo capitolo per 3DS approfitta della potenza tecnologica e delle caratteristiche della console. La grafica per esempio è l’asset decisamente più importante di Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull’infinito: completamente tridimensionale, colorata e fluida, ricorda un titolo Wii come PokéPark 2, il che non è per nulla male per una portatile. I modelli dei Pokémon, le loro casette a tema e gli ambienti sono davvero ottimi, nonostante manchi forse un po’ di profondità di campo alle ambientazioni. Le musichette sono orecchiabili e la longevità è assicurata da un altissimo numero di missioni a disposizione, senza contare qualche modalità alternativa (anche realtà aumentata) e il multiplayer in locale.

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A tirare giù decisamente la qualità globale c’è sfortunatamente il gameplay, problema comune agli altri episodi della serie, ma esacerbato ulteriormente dalla qualità molto alta degli altri strategici su 3DS.

Mystery Dungeon è un dungeon crawler vecchia scuola, con livelli generati casualmente. In ogni missione guideremo una team di Pokémon all’interno di angusti corridoi e pericolosi labirinti, esplorando una manciata di location quali boschi, grotte e deserti. Sfortunatamente però, i luoghi, sebbene ogni volta diversi, console alla mano risultano sempre uguali. In ogni piano dovremo infatti esplorare ogni anfratto cercando l’uscita e occupandoci della fauna Poké locale, senza dimenticare il caro e vecchio loot classico del genere. Come spesso accade in questa sotto-categoria di RPG, la noia arriva presto ad accompagnare quelle che dovrebbero essere emozionanti avventure in dungeon misteriosi: si tratterà sempre di avanzare più o meno casualmente, scoprendo tutte le sezioni della mappa, a caccia del nostro obbiettivo.

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I combattimenti, poi, non aggiungono nulla alla profondità di Mystery Dungeon. Nelle sfide controlleremo direttamente solo il nostro personaggio, scegliendo ogni turno le mosse da usare e sperando che i nostri alleati controllati dalla IA seguano le classiche regole delle lotte Pokémon, cosa che non succede con la frequenza dovuta. Ogni scontro si riduce a velocissime e semi-automatiche schermaglie, con conseguente item drop e boost di esperienza.

I nostri eroi saliranno di livello e apprenderanno nuove mosse, potremo intervenire aggiungendo elementi alla nostra squadra reclutandoli nei dungeon, ma la formula rimarrà bene o male invariata – e, oltretutto, davvero poco divertente o profonda.

Pokémon Mystery Dungeon portali


Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull’infinito è uno sforzo competente da parte degli sviluppatori, che presenta una notevole quantità di contenuti e un motore grafico sorprendente e che potrebbe strappare un sorriso ai fan dei Pocket Monster (ah, dimenticavamo, nel gioco fanno la loro apparizione in 144 specie, un po’ poche… N.d.R.). Il rovescio della medaglia di tutto ciò è una storia tirata troppo per le lunghe e, soprattutto, una giocabilità austera, datata, ripetitiva e scialba, che tirano giù la valutazione decisamente e pesantemente.

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