Back in Time – Motorstorm: Arctic Edge
Un racer innevato perfetto per l'inverno!
Prosegue il nostro viaggio a cavallo fra PSP e PlayStation 2, alla riscoperta di tutti quei giochi usciti sulla prima portatile di Sony per poi approdare anche sulla vecchia ammiraglia, che stava esalando gli ultimi respiri della sua lunghissima e gloriosissima carriera. Dopo Jak and Daxter: The Lost Frontier è tempo di Motorstorm: Arctic Edge, terzo episodio (primo spin-off) di MotorStorm, uscito nel 2009.
Arctic Edge abbandona gli aridi canyon del primo episodio e i lussureggianti scenari del secondo, in favore dei ghiacci dell’Alaska, che, esteticamente, avvicinano il gioco a SSX piuttosto che ai precedenti Motorstorm. Questa nuova ambientazione è suggestiva, merito anche di un’ottima realizzazione grafica, anche se, ovviamente, è improponibile un confronto con i due capitoli precedenti, per forza di cose più spettacolari, soprattutto negli incidenti. A proposito di questi ultimi, è doveroso aggiungere che quelli a bordo di moto o quad appaiono poco credibili, quasi caricaturali, a causa dei balzi cui è sottoposto il pilota, che, inoltre, ha la snodabilità di un essere invertebrato. Piccola imperfezione, questa, perdonabilissima. A livello stilistico, invece, le scelte sono azzeccate, dal design dei veicoli (nessuna licenza ufficiale) a quello delle piste e alla scelta dei colori. Ottimo lavoro.
Grazie all’ottima veste grafica e a un gameplay fedelissimo all’originale, il feeling della serie è riprodotto piuttosto bene da Arctic Edge, solo che è tutto inevitabilmente ridotto: vediamo adesso, uno per uno, i ridimensionamenti che affliggono il titolo. Innanzitutto, oltre al lato visivo, di cui abbiamo già parlato, anche il sonoro subisce dei tagli: se risultano scontati quelli prettamente tecnici, meno prevedibili erano quelli alla colonna sonora, che conta solo 16 brani, discretamente assortiti (si va dai Chemical Brothers ai Motörhead passando per i Prodigy), ma comunque 30 in meno rispetto a Pacific Rift.
Anche il numero di veicoli è stato ridotto: se già il primo Motorstorm poteva vantarne più di 50, ora ne abbiamo a disposizione solo 24, 3 per classe. Come se ciò non bastasse, il loro numero in gara è stato portato a soli 10, per limitazioni tecniche. Tuttavia ciò che urta maggiormente è lo scarso numero di tracciati (percorribili anche al contrario), una misera dozzina. Riportando così questi dati, però, il quadro generale pare decisamente peggiore di quello che è in realtà: Motorstorm: Arctic Edge resta un prodotto valido e divertente, grazie a un feeling simile ai predecessori. Resta il fatto che, forse, chi ha già giocato a Pacific Rift potrebbe non trovarlo particolarmente interessante, se non per le atmosfere cool.
Festival è la modalità di gioco principale. Consta di 100 competizioni single player utili a sbloccare veicoli, filmati e personalizzazioni, ossia nuove possibilità di modifica del proprio mezzo: il tuning, anche se non maniacale come quello di Need For Speed Underground, funziona a meraviglia, ma ha uno scopo puramente cosmetico.
Le sfide si suddividono in 8 diversi livelli di difficoltà, a cui si accede di volta in volta accumulando punti (arrivando primi si ottengono 100 punti, secondi 75 e terzi 50). Spesso la curva di difficoltà si alza sensibilmente da un livello all’altro, costringendo il giocatore a un “salto di qualità”, talvolta di entità modesta, altre volte più consistente. Se, infatti, le prime dieci o quindici gare vi vedranno trionfare staccando il secondo sul podio anche di un minuto intero, quelle successive vi vedranno ridurre questo distacco, fino a dover provare e riprovare per ottenere l’agognato oro. Le tipologie di competizione non sono moltissime, in realtà:
- gara: si tratta solo di ottenere la miglior posizione possibile (almeno terzi);
- velocità: corsa a tempo con check point;
- gara a punti: a ciascun concorrente viene assegnato un quantitativo di punti congruo alla sua posizione, ogni secondo. Il primo che arriva a 999 punti vince;
- torneo: evento costituito da tre gare con graduatoria. Sblocca il terzo mezzo (il più performante) delle categorie.
Le ultime tre si sbloccano con un numero preciso di stelle, ottenibili soddisfacendo alcune condizioni particolari (vincere l’oro, scendere sotto un certo tempo, stare 10 secondi consecutivi in testa) in determinate gare.
A rendere più varia la situazione vengono in soccorso le famose 8 classi di veicoli (la serie Motorstorm detiene un guinness dei primati per questo): buggy, auto da rally, spazzaneve, tir, moto, quad e due aggiunte ad hoc, il gatto delle nevi e la motoslitta. Ciascuna classe ha, prevedibilmente, vantaggi e svantaggi peculiari: ad un esempio, le moto sono veloci e maneggevoli, ma al minimo urto il pilota viene sbalzato a decine di metri di distanza, mentre i buggy, abbastanza equilibrati nei vari parametri, soffrono di una scarsa accelerazione. Ogni giocatore troverà la tipologia più adatta a sé e ne odierà altre, ma il completamento del gioco richiede la padronanza di tutte, siccome alcune gare comportano una scelta obbligata. Questo è l’aspetto che vi farà sudare più camicie: oltre a doversi abituare alla guidabilità di tutte le classi (nessuna esclusa!), il giocatore deve anche fare buon viso a cattiva sorte accettandone le debolezze, spesso messe in risalto dai mezzi avversari; non sono infrequenti gare in cui vi troverete costretti a scegliere fra moto e quad, mentre alcuni dei vostri avversari, dotati di tir, vi travolgeranno quasi inevitabilmente. Ma alla fine è questo il bello di Motorstorm, l’eterogeneità dei veicoli, che porta ad affrontare in modo diverso lo stesso tracciato (che è sempre e comunque dotato di diversi percorsi alternativi) a seconda del mezzo a disposizione.
Il modello di guida è smaccatamente arcade e fa leva sul massiccio utilizzo di freno a mano (poi, comunque, dipende anche dalla classe di veicolo scelta) e turbo, che non è una preziosa arma da centellinare, bensì una costante, dal momento che si ricarica rapidamente, o meglio, si raffredda il motore: questa precisazione, che parrebbe inutile, comporta invece il fatto che la ricarica del turbo avviene più velocemente quando si attraversano corsi d’acqua, mentre un uso eccessivo dello stesso porterà all’esplosione del bolide. Nonostante Arctic Edge sia tutto improntato sulla velocità, talvolta è consigliabile sollevare il dito dal pulsante dell’acceleratore e affrontare i meandri più rischiosi a bassa velocità, poiché un incidente fa perdere più tempo rispetto a un’andatura lenta limitatamente al tratto problematico.
Il Festival è molto lungo (oltre 15 ore per completarlo, per non parlare di tutti gli ori), ma, a causa dei pochi tracciati e tipologie di sfida, Arctic Edge potrebbe venirvi a noia prima della centesima competizione; quando questo succederà, andrete in cerca di altre modalità, per scoprire che vi rimane solo la classica prova a tempo e il multiplayer in split-screen fino a 4 giocatori (su PS2).
Un po’ poco, gli stimoli mancano senza la modalità online (che era disponibile solo su PSP) e la presenza di “finti trofei” (Badge) non migliora la situazione, siccome, non esistendo più una community online, essi sono troppo fini a se stessi. Oltre al comparto online, la versione PSP beneficia anche della colonna sonora personalizzabile e di una Photo Mode, oltre ai DLC. Per questo motivo è consigliabile ai possessori di ambo le macchine Sony l’acquisto su PSP anche se, con buona probabilità, il Dualshock 2 è più comodo dei controlli della console portatile. Graficamente, il port per PS 2 migliora la versione PSP perdendo qualcosa in fluidità: i cali del frame rate, comunque, sono davvero sporadici e non inficiano in alcun modo l’esperienza, veloce e adrenalinica come da tradizione.
MotorStorm: Arctic Edge è un ottimo racer arcade, graziato da un’ambientazione estrema molto affascinante, tuttavia, a causa della piattaforma di elezione, si presenta decisamente più limitato dei tre episodi principali usciti su PlayStation 3.