Back in Time – Max: The Curse of Brotherhood
Natale arriva dalla Danimarca.
Buon Natale, lettori di Gamesource! Per questa puntata di Back in Time abbiamo scelto un videogioco uscito nel periodo natalizio, precisamente il 20 dicembre 2013 (su Xbox One; vari port sono giunti fra il 2014 e il 2018): si tratta di Max: The Curse of Brotherhood, sequel di Max & the Magic Maker.
Sviluppato dai brillanti ragazzi di Press Play (studio che ha chiuso i battenti nel 2016), Max: The Curse of Brotherhood si rivelò uno dei giochi migliori disponibili su Xbox One nei primi mesi di vita della console. Ma scendiamo più nel dettaglio.
Il Magic Marker delle prime avventure di Max (nate su WiiWare) è ancora il vero protagonista di questo platform 2.5D dalle tinte colorate. La storia è molto semplice e adatta allo stile fanciullesco – solo all’apparenza – delle cut-scene animate a livelli Pixar (soffrono però, a differenza del resto del gioco, di qualche calo di frame rate): Max un giorno scova il suo fratellino Felix intento a distruggere giocattoli in cameretta. Adirato dal comportamento del piccoletto, ironicamente Max cerca su internet un modo per far sparire il parente dalla faccia della Terra. Quello che il rosso protagonista sicuramente non si aspetta è che la formula magica, recitata quasi per scherzo, funzioni veramente e che inghiotta Felix in un misterioso vortice viola. Max tuttavia non manca di coraggio e di riflessi pronti, tanto che in un attimo si catapulta all’inseguimento del mostro che ha catturato il fratello.
In Max: The Curse of Brotherhood ovviamente dovremo salvare Felix dalle grinfie del malvagio Moustacho, aiutati da ancestrali poteri in grado di dominare le forze della natura, controllati tramite il nostro pennarello, l’unica arma che vedremo nel gioco. Il prodotto di Press Play non si trasformerà in uno shooter dopo qualche livello, non vi preoccupate. Volendo descriverlo in soldoni, è un Limbo colorato – ma non meno ricolmo di insidie per il bambino protagonista – che fa della sopravvivenza, ma soprattutto dei puzzle basati sulla fisica, il suo punto focale.
Parafrasando il concittadino del sottoscritto Luca Carboni, per far funzionare Max: The Curse of Brotherhood la maggior parte del lavoro di Press Play è sicuramente stata spesa nel realizzare un motore fisico funzionante e funzionale per interfacciarsi con il motore grafico Unity 3D, qui al suo apice massimo di splendore.
The Curse of Brotherhood, come dicevamo, è un platform 2.5D, in cui non spareremo un colpo o uccideremo direttamente nessuno dall’inizio alla fine. Max è un ragazzino coraggioso ma non certo forzuto o abile con le armi da fuoco; l’unica cosa in cui eccelle (oltre a scappare) è disegnare, e qui entrano in gioco i sopracitati poteri del Magic Marker. Avanzando tra la ventina di livelli che offre il gioco – per una durata approssimativa di 6-8 ore – otterremo il potere di creare, in particolari aree, rami, liane e corsi d’acqua, utilizzandoli per arrivare alla fine del livello. Controllate tramite l’analogico destro e la pressione del grilletto sinistro, queste abilità verranno intelligentemente introdotte in maniera graduale, senza mai diventare noiose o ripetitive. Dovremo creare liane per superare crepacci, usare corsi d’acqua per farci lanciare in alto ed evitare i nemici o faremo crescere una colonna di terreno per sollevare le immancabili casse. I momenti migliori di Max: The Curse of Brotherhood arrivano nei casi in cui dovremo combinare uno o più poteri in maniere intelligenti e non sempre ovvie (vi capiterà di bloccarvi a tratti) oppure quando saremo inseguiti da qualcosa. Le fasi di fuga dai vari nemici o quelle in cui scivoleremo giù da altezze attiveranno anche una sorta di bullet time molto elettrizzante: dovrete avere buoni riflessi per non scaraventare il povero Max verso il proprio destino.
È evidente che questa piccola perla di Press Play sia stata prodotta da gente che di level design se ne intende davvero: il geniale posizionamento dei vari collectible e segreti – legati ad alcuni dei rompicapo più intriganti del gioco – è un perfetto testamento di questa affermazione e per raccoglierli tutti dovremo davvero spremerci le meningi.
Se dal punto di vista del gameplay Max: The Curse of Brotherhood risulta un’opera fresca e ingegnosa, potremmo aspettarci qualche comprensibile topica dal punto di vista tecnico e invece anche qui questi ragazzotti danesi se la cavano alla grande. Graficamente già la versione Xbox 360 vista a Colonia aveva stupito, ma l’adattamento per Xbox One è semplicemente magnifico da vedere: 1080p, frame-rate praticamente sempre inchiodato sui 60 FPS e un impatto visivo delizioso e dettagliato che rende giustizia alla magistrale direzione artistica. Se a ciò aggiungiamo un doppiaggio semplice ma efficace (Max è adorabile) e la OST orchestrata, a tratti davvero notevole,
Max: The Curse of Brotherhood, a 15€, fu uno dei migliori giochi dei primi mesi di Xbox One. Nnon è perfetto, visto che la fisica dei salti non è ai livelli di un Mario qualsiasi (pensate più a un LittleBigPlanet) e la trama è solamente accennata. Inoltre – nonostante si debba tenere conto del prezzo – non è proprio il gioco più longevo della storia e non offre modalità alternative, ma se quello che c’è possiede un ritmo così buono e rimane fresco per tutta la durata dell’avventura alla ricerca del nostro occhialuto fratellino, il problema proprio non si presenta.