Back in Time – LocoRoco
Un gioco per PSP. Su misura.
La fine dell’anno può coincidere con il termine del ciclo vitale di una console: fu il caso di PSP, dismessa nel 2014: noi la vogliamo ricordare ancora una volta, con uno dei suoi giochi iconici: LocoRoco, la cui remaster è uscita su PlayStation 4 un paio di anni fa ma che fece il suo debutto originale sulla portatile di casa Sony tredici anni or sono.
I LocoRoco sono rotonde creature canterine che vivono in santa pace nel loro pianeta in armonia con la natura fino al momento in cui i Mojya non invadono il pianeta, costringendo i simpatici animaletti a partire alla riconquista della loro terra. La caratteristica più interessante dei LocoRoco è la loro capacità di unirsi in una grande palla che, all’evenienza, può separasi nei suoi componenti originari. Ciò è utile quando bisogna superare passaggi angusti, oppure premere contemporaneamente più di un pulsante, mentre la forma “accorpata” è preferibile nelle normali situazioni, in modo da non perdere di vista nessun esserino, che, lasciato solo per un periodo prolungato, viene divorato dai Mojya.
Esistono varie specie di LocoRoco, contraddistinte da colore e voce. Questo dettaglio è rilevante per il sonoro, dal momento che tutte le musiche sono cantate dai protagonisti; di conseguenza, scegliere un LocoRoco giallo piuttosto che rosa farà la differenza non solo per i vostri occhi, ma anche per le vostre orecchie! La colonna sonora è eccezionale e tipicamente nipponica; in campo videoludico è accostabile all’OST di Katamari Damacy, e questo non è un complimento da poco. La principale sensazione trasmessa è la spensieratezza, che può essere identificata con il messaggio del gioco.
La grafica punta tutto su stile e colori, lasciando in secondo piano i “muscoli” e gli effetti speciali: tutto funziona alla perfezione, quindi non ci si può lamentare di questa scelta. Le tinte sono prevalentemente brillanti e vivaci e le forme tondeggianti; è difficile descrivere in maniera efficace il risultato finale, ma in una parola sola si potrebbe dire ridente. D’altro canto, il profilo tecnico non è certo poco curato e non dà adito a nessuna lamentela, come è giusto che sia.
Il genere di Locoroco è quello dei platform bidimensionali, ma, console alla mano, il feeling non è lo stesso di un Super Mario. E non si parla tanto dell’aspetto, quanto del sistema di controllo: non controllerete direttamente il (o i) LocoRoco, bensì l’inclinazione dei piani con i dorsali, consentendo alle creaturine di rotolare attraverso i quaranta livelli di gioco. Per quanto interessante, una scelta del genere si sarebbe rivelata eccessivamente limitante, se non fosse stato possibile gestire alcune azioni dei LocoRoco: ecco, dunque, che, premendo i due dorsali contemporaneamente si può saltare, mentre con il Cerchio si dividono e riuniscono le bestiole.
Il sistema di controllo è molto semplice, ed è bene che sia così in un gioco portatile; inoltre, la scelta del 2D, unitamente a un level design ben studiato e a uno sviluppo perlopiù orizzontale, in modo da adattarsi al meglio allo schermo della console, rendono l’esperienza rilassante e alla portata di tutti. Anche un livello di difficoltà calibrato verso il basso è in linea con la filosofia del gioco. Raramente vi capiterà il Game Over, forse mai: i nemici scarseggiano, non sono molto reattivi e vi privano di un solo LocoRoco a ogni colpo. Tuttavia, ne esistono diversi tipi; ecco i principali:
- Mojya: svolazzano in giro e cercano di catturare i nostri amichetti. Con un colpo tornano al Creatore;
- Ojya: sono i capi dei Mojya e infatti ci assomigliano in tutto, ma sono molto più grossi e resistenti. Fungono da boss, anche se in questo gioco non ce ne sono di veri e propri;
- Kojya: questi piccoli Mojya vi si attaccano rallentando i movimenti;
- Toge: corrispondono, in sostanza, agli spuntoni che affiorano dai pavimenti di un Prince of Persia a caso.
E i giocatori più smaliziati? Per loro c’è la possibilità di andare alla ricerca di tutti gli oggetti disseminati nei livelli, in modo da completare il gioco al 100%. Non sarà un’impresa facile, dal momento che le aree segrete spesso sono nascoste con grande cura e possono richiedere anche una certa abilità nello spiccare i salti più arditi per raggiungerle.
Peccato che proprio in questa fase “da esperti” si rendano fastidiosi i piccoli difetti che affliggono questa produzione: innanzitutto, i salti non godono di precisione millimetrica. Ciò non dà fastidio giocando tranquillamente, ma per il completista può essere un problema dal momento che non ci sono checkpoint nei livelli: certo, sono brevi, ma trovarsi a dover ricominciare uno schema per aver mancato un elemento al nono minuto di gioco può scoraggiare i meno volenterosi (me compreso, N.d.R.). Secondariamente, alcune cose sono state occultate da una mente diabolica, probabilmente: ai nascondigli si accede entrando da pareti del tutto uguali alle altre (avete presente il binario 9 e ¾ di Harry Potter?) o da buchi nel soffitto che dovrete aprire a suon di craniate. Anche in questo caso, è impossibile individuare le zone che possono essere distrutte, col risultato che si finisce per saltellare e rotolare un po’ ovunque, alla ricerca casuale di passaggi segreti. Quanto detto non inficia la qualità complessiva del gioco, ma forse vi farà desistere dal raccogliere proprio tutto.
In cosa consistono questi extra sbloccabili con tanta fatica? Abbiamo, principalmente, mini giochi e elementi da utilizzare nella Loco House e nell’editor di livelli, oltre alle varie musiche che compongono la straordinaria OST. I primi sono due semplici diversivi all’avventura principale e non sono particolarmente originali o divertenti: uno è un gioco con le gru, l’altro prevede di scagliare un LocoRoco in un percorso a ostacoli. L’editor, considerato come il terzo mini gioco, è più interessante, anche se ha il solito difetto tipico degli editor, ossia di risultare intrigante solo per gli smanettoni che abbiano abbastanza tempo a disposizione per creare qualcosa di decente. Lo schema standard fornito può essere riempito con varie strutture (scale, girandole e quant’altro), utilizzabili nella quantità in cui le avete raccolte nel gioco.
La Loco House funziona in modo analogo: è a vostra disposizione uno spazio più contenuto da riempire con i medesimi elementi di cui sopra. Ancora una volta, il tempo speso dipenderà dal vostro estro. Segnaliamo una scarsa sensibilità dell’analogico, che rende faticosi alcuni posizionamenti “di precisione”. In fin dei conti, è più probabile che collezionerete questi extra più che giocarci effettivamente: ciò contribuisce comunque alla longevità, non proprio il punto di forza di questo titolo. I livelli sono quaranta e, giocando tranquillamente, ma cercando anche di scovare almeno alcuni dei numerosi elementi nascosti, durano in media dieci minuti ciascuno, anche meno se ci si limita ad attraversarli senza curarsi del resto. Chi scrive ha finito il gioco in sette ore, trovando, però, poco più della metà dei Mui Mui, gli amichetti dei LocoRoco che vi regalano i tesori, presenti in ciascun livello nel numero di tre.
LocoRoco è stato uno dei titoli più iconici della prima portatile di Sony e ha stile da vendere. E quello non invecchia mai. Un gioco studiato per essere portatile, ma godibile anche nel remaster per PlayStation 4.