Back in Time – Guwange

Compie vent'anni uno dei grandi danmaku di Cave.

Shmup. Questa simpatica sigla indica un genere che una volta era sulla bocca di tutti gli avventori di sale giochi: parliamo ovviamente degli Shoot ‘em up, che, dopo il debutto di Space Invaders nel 1978, vissero la loro decade d’oro negli Anni Ottanta per poi sopravvivere come genere sempre più di nicchia in seguito. Guwange, inoltre, rientra in una ben più specifica categoria, quella dei danmaku (traducibile con “cortina di proiettili”), che gli Occidentali spesso chiamano “bullet hell” o “manic (o maniac) shooter” in modo molto eloquente. Vi basterà dare un’occhiata agli screenshot per comprendere il motivo dietro a questo nome: lo schermo è letteralmente invaso da proiettili, in maniera traumatizzante per un qualsiasi novizio.

Questo sottogenere si è ormai consolidato nella scena giapponese, che lo ha partorito nel 1993 con Batsugun di Toaplan, da cui si originerà Cave, lo sviluppatore di grandi esponenti come DoDonPachi e Guwange, per l’appunto. Questo danmaku risale al 1999 (compie vent’anni fra un paio di giorni), ma il debutto europeo avvenne nel 2010 su Xbox 360, che si rivelò un’ottima piattaforma in ottica shmup, grazie agli sforzi (vani, possiamo dire oggi) profusi da Microsoft per ritagliarsi una fanbase giapponese. Su Xbox 360, oltre a Guwange, abbiamo altri quindici bullet hell di Cave, molti dei quali rimasti relegati al Giappone.

La prima peculiarità che salta all’occhio è l’ambientazione: niente astronavi o roba organica come su R-Type e figli, anzi, niente velivoli! Controlleremo, infatti, uno dei tre personaggi disponibili, tutti rigorosamente appiedati; d’altronde, con un setting storico non c’erano alternative. Il periodo Muromachi, che si estende dal 1336 al 1573, nel pieno del feudalesimo giapponese, offre un’ottima ispirazione artistica, tanto nella grafica, quanto nel sonoro: non che la riproduzione storica sia fedele o accurata (d’altronde parliamo di un bullet hell), ma l’immaginario riprodotto è affascinante e ricco di suggestioni del folklore giapponese e buddista. Chiaramente quella su Xbox 360 è una conversione arcade perfect.

In tutti i manic shooter lo schermo scorre, orizzontalmente o verticalmente. Guwange opta per lo scrolling verticale, ma una delle sue peculiarità consiste nella presenza di sezioni a scorrimento orizzontale o addirittura diagonale, mantenendo sempre e comunque l’orientamento del personaggio verso l’alto. Ciò è dovuto alla scelta di realizzare uno shooter “appiedato”: non potendo volare, il personaggio deve seguire il percorso tortuoso che gli si para davanti, spesso arzigogolato; così capita di trovarsi davanti a ostacoli di vario genere, come anche spazi sopraelevati da cui possono attaccare i nemici. Qui interviene lo shikigami, la vera chiave di volta che sorregge tutto il gameplay: oltre al personaggio, infatti, è possibile comandare anche il suo shikigami, il quale non è vincolato da nessun ostacolo, quindi può raggiungere ogni punto dello schermo in scioltezza. Ciò è utile sia per eliminare i nemici (sfiorandoli si attiva un’esplosione) sia per raccogliere power up disseminati in giro. Inoltre, è in grado di rallentare i colpi degli avversari, che di solito sono blu, ma in questo caso diventano rosa.

L’unico inconveniente (se non si gioca nella modalità facilitata) è dato dalla scarsa mobilità del pg nei momenti in cui lo shikigami viene evocato, e capirete che non è una cosa da poco quando ci sono centinaia di proiettili che intasano lo schermo, anche se va osservato che la hitbox (cioè la parte che subisce danni) coincide con la sola testa. In conclusione, prima imparerete a fare buon uso di questo potere, prima sarete in grado di giocare in maniera decente.

Guwange

Altro aspetto da padroneggiare il prima possibile è lo scoring system, croce e delizia di Guwange: il punteggio è legato perlopiù al raccoglimento di monete, che fanno aumentare il moltiplicatore. Il difficile sta nell’alimentare continuamente lo skull meter (una sorta di barra delle uccisioni), siccome una volta azzerato si azzera pure il moltiplicatore delle monete. A rendere ancora più rigoroso il tutto contribuisce l’assenza di soluzione di continuità, dal momento che la chain deve essere continuata tra un livello e quello successivo. Ah, e poi, ovviamente, ogni volta che si perde un credit (corrispondente a tre vite), il punteggio si azzera. Insomma, non è proprio roba per principianti, però ci si può divertire anche senza guardare ossessivamente il punteggio, magari cercando margini di miglioramento senza essere maniacali: ad esempio, già ridurre il numero di credit utilizzati per finire il gioco può rivelarsi una sfida impegnativa e appagante, senza velleità di scalare le classifiche online.

D’altro canto, come per tutti gli esponenti del genere, il tempo richiesto per raggiungere i titoli di coda è davvero basso: in linea di massima, mezz’oretta dovrebbe essere sufficiente per completare i sei livelli disponibili. Ma con quale dispendio di crediti? Con quale punteggio? Insomma, parliamo di un gioco arcade, quindi l’obbiettivo non è certo vedere come finisce la storia, che è appena abbozzata, ma che potrebbe pure non esserci. Qui si tratta di perfezionare la propria tecnica, in seguito a lunghe sessioni di allenamento, utili a memorizzare gli schemi, l’ubicazione dei nemici e le tattiche più convenienti. Difficile risulta quindi quantificare la longevità di questi giochi, dal momento che tutto dipende da chi lo gioca.

A ogni modo, è giusto segnalare il corredo di modalità a disposizione: abbiamo, innanzitutto, la possibilità di giocare in cooperativa. Poi esistono tre modalità diverse per affrontare il gioco:

  • Arcade: la versione da sala giochi;
  • Arrange Blue: per esperti (come se non fosse già abbastanza difficile! NdR);
  • Arrange Xbox360: per principianti, grazie al fuoco automatico e a una diversa gestione dello shikigami.

Sul piano Achievements, abbiamo 12 Obiettivi (per un totale di 200 punti), di cui quattro o cinque davvero semplici (ad esempio, se ne sbloccano tre finendo il gioco con i tre protagonisti), mentre altri sono legati alla realizzazione di combo di tutto rispetto. Se siete puristi del genere, non dovreste avere problemi. Ma se siete puristi del genere è anche probabile che queste cose vi interessino ben poco, tutto sommato.

Guwange


Guwange è a suo modo un gioco di culto, chiaramente nell’ambito della ristrettissima nicchia che si interessa di danmaku. Le sue meccaniche peculiari e il suo setting non potranno che destare l’attenzione degli appassionati di shoot ‘em up.

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