Back in Time – God Hand
Alla riscoperta del gioco di culto di Clover Studio
Precisamente dodici anni fa fece il suo debutto in Europa God Hand, forse il gioco più controverso e sottovalutato di Clover Studio. Nonostante la tiepida accoglienza di critica e di pubblico, l’opera di Mikami è riuscita a raggiungere lo status di cult game, quindi merita un posto (e non uno qualunque) nella nostra rubrica di retrogame Back in Time.
Le vicende da cui prende le mosse questa epopea goliardica sono solamente un pretesto: il protagonista Gene possiede un braccio divino, il God Hand, donatogli dalla bella Olivia per proteggere i deboli dalle ingiustizie; tuttavia, un gruppo di demoni vuole la potente arma…
Detta così, la trama appare molto banale, ma l’umorismo, la demenzialità e le trovate parodistiche rendono lo svolgimento degli eventi molto gradevole, così come le cut-scene, che vi regaleranno un sorriso in più di un’occasione. D’altronde, lo stesso Gene altri non è che il mitico Ken, solo molto più sciocco e bonariamente sbruffone, sempre pronto alla battutina sarcastica o a doppio senso: anche se sulla copertina il PEGI non li rileva con l’apposito simbolo, i riferimenti sessuali – nulla di sconvolgente, sia chiaro – fra sculacciate, costumi al limite della perversione e del ridicolo e dialoghi canzonatori e allusivi fra Gene e altri personaggi (uno, anzi, una in particolare), sono abbastanza frequenti. Se pensate che Clover Studio è confluita in buona parte in PlatinumGames, la cosa non dovrebbe stupirvi più di tanto.
L’esagerazione, poi, la fa da padrona: con un pugno ben assestato potete scaraventare i nemici a una decina di metri di distanza oppure scagliarli nella stratosfera con le mosse speciali, alcune delle quali davvero fuori parametro. Tutto questo (e molto altro) vi attende se sceglierete saggiamente di intraprendere questa avventura nei panni di un eroe che non potrete in fin dei conti non amare.
Alla gradevole e leggera atmosfera che si respira fa da contraltare un battle system e un livello di sfida duri come il marmo, come insegna la old school: perché God Hand, in fondo, è un vecchio “nuovo” arcade, erede dei celebri picchiaduro a scorrimento orizzontale che piacevano tanto a fine Anni Ottanta, così come lo è pure MadWorld, in buona sostanza. Ciò non significa che il titolo sia privo di spunti originali, anzi, già la trasposizione con successo del genere in 3D è uno sforzo notevole, ma c’è di più, molto di più.
Innanzitutto, il sistema è totalmente personalizzabile: avrete a disposizione un centinaio di mosse fra pugni, gomitate, calci, sgambetti e altro ancora, da assegnare ai tasti che preferite. Quadrato è il pulsante imputato alle combo, da creare assegnando più colpi a tale tasto, il quale dovrà essere premuto ripetutamente per innescare la combo. In questo modo si ottiene un Gene sempre diverso, a seconda del giocatore che lo controlla: volete sopraffare il nemico con ripetuti attacchi veloci? Perfetto, impostate una combo a base di jab, e magari chiudetela con un bel gancio. Come avrete capito, le possibilità sono davvero tantissime. Come se non bastasse, c’è anche la modalità divina in cui viene scatenato il potere del God Hand, che dona la momentanea invulnerabilità, velocità supersonica e colpi potenziati, a cui si aggiungono le mosse speciali (chiamate Roulette e spesso assolutamente fuori di testa), attivabili con R1. Entrambi i potenziamenti vanno usati con parsimonia, conservati per i boss e situazioni di grande sovraffollamento. Meritano menzione anche la possibilità di utilizzare armi, siano esse di fortuna o elementi dello scenario, che si rivelano molto utili grazie alla loro potenza d’attacco e che possono essere scagliate producendo danni ingenti, e i Quick Time Event attivabili con il Cerchio in situazione specifiche per infierire sul nemico: se questo è a terra è possibile calpestarlo, oppure se è stordito può subire una scarica di pugni, e così via.
Inizialmente, le mosse a disposizione sono poche, dal momento che devono essere acquistate al negozio al termine di ogni schema. I soldi a disposizione, a meno che non si decida di perdere le ore dietro ai giochi d’azzardo presenti al Casinò (che si trova proprio accanto al negozio) oppure che non si ottengano lunghissime serie di uccisioni senza essere colpiti, non vi permetteranno di acquistare tutto, quindi dovrete “equipaggiarvi” con attenzione, controllando il parametro di potenza oppure gli effetti aggiuntivi (ad esempio alcune spezzano la parata degli avversari) delle mosse.
Il sistema scelto per il movimento è character relative, inconsueto nei giochi d’azione: spostando l’analogico a destra o a sinistra non muoverete Gene, ma lo orienterete in quella direzione, e per farlo procedere dovrete inclinare la leva in avanti. Ovviamente se siete già in movimento vi basterà modificare l’inclinazione della stessa per gestire la direzione. Questa soluzione abbastanza scomoda nelle prime fasi potrebbe lasciare interdetto qualcuno, ma è funzionale all’impostazione dei combattimenti: in essi si predilige l’uno contro uno (pur essendo previsti numerosi nemici su schermo), ed è in questo modo che si realizza in tutto il suo splendore il battle system. Scordatevi le mattanze di God of War, in cui Kratos può colpire decine di nemici con un’unica mossa mulinando a caso le Lame del Caos; Gene si concentra sistematicamente su ogni avversario in modo preciso, ma può allo stesso tempo, senza spostarsi, bensì solo voltandosi un po’ a destra o a sinistra, dispensare un colpo a uno, un colpo a un altro, oppure evitare eventuali pugni in arrivo. Ciò è evidente se si considera il sistema delle schivate, essenziali da padroneggiare se si vuole arrivare ai titoli di coda: gestite con la levetta destra, non prevedono ampi rotolamenti, bensì scarti laterali (o all’indietro) o addirittura schivate “sul posto” (chi ha mai visto Dragon Ball – cioè chiunque – capirà di cosa si tratta) inclinando l’analogico in avanti, permettendo di colpire l’avversario appena dopo aver evitato il colpo.
L’unico vero limite è la telecamera un po’ troppo vicina, che non permette di controllare le situazioni più concitate come sarebbe opportuno, costringendo talvolta il giocatore a piccole “fughe” per riorganizzare nel frattempo una strategia adeguata. Tale difetto è in parte stemperato dalla presenza di un comodo radar.
Prima di chiudere, è giusto soffermarsi anche sui pochi difetti di God Hand. Innanzitutto, la grafica è veramente sottotono, soprattutto in relazione agli altri titoli di Clover Studio. Deludono particolarmente gli ambienti spogli, spesso vuoti e con texture al limite della decenza (tutto molto brutto su un HDTV), ma anche i modelli poligonali dei nemici; un vero peccato, siccome l’ispirazione generale è piuttosto buona e le animazioni, specialmente quelle di Gene, sono sufficientemente fluide, requisito più che mai importante in un gioco con le combo personalizzabili.
Non dà adito a particolari lamentele, invece, il sonoro, che, pur non essendo al livello qualitativo delle maggiori produzioni Capcom, gode di un doppiaggio (inglese) spassoso e di una OST parecchio scanzonata e adeguata ai vari scenari.
Questo aspetto generale dimesso potrebbe costituire, assieme alla difficoltà intrinseca (che comunque in Facile è abbordabile, pur richiedendo un approccio più tecnico rispetto ad altri titoli) un deterrente per chi provi God Hand, ma non dovrebbe scoraggiare i puristi del genere, che invece lo divoreranno anche troppo in fretta: bastano otto ore per raggiungere i titoli di coda e, tutto sommato, i bonus non sono tali da incoraggiare una seconda run, tanto più che ricaricando il salvataggio si ricomincerà senza neanche una delle mosse acquisite e non sarà possibile aumentare la difficoltà; in sostanza, si ripeterà l’avventura paro paro, se non per qualche costume alternativo e poco altro. Il vero stimolo a riprendere in mano il gioco risiede unicamente nel divertimento e nella soddisfazione dispensata a chi saprà coglierne l’essenza. Il che non è poco.
God Hand è uno degli action più interessanti della gloriosa epoca dei 128 bit, nonché allo stesso tempo una parodia e un omaggio a buona parte dell’industria dell’intrattenimento giapponese. Ora che Capcom ha rimasterizzato Onimusha, sarebbe fantastico se riprendesse in mano anche il gioco di culto di Clover Studio.