Back in Time – Dragon Quest VII

In occasione del ventesimo anniversario del gioco, torniamo sul remake per 3DS.

Questa settimana il nostro ciclo dedicato a 3DS si interseca con la ricorrenza del ventesimo anniversario di Dragon Quest VII, uscito originariamente il 26 agosto 2000 su PlayStation. Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato è, appunto, il remake di Dragon Quest VII, nonché prima versione del gioco a giungere in Europa.

Rifare un grande classico può risultare un’operazione molto pericolosa: da un lato c’è il pericolo che le modifiche non siano sufficienti a giustificare una nuova release; dall’altro si rischia l’esatto opposto, cioè di realizzare un gioco che provochi il disappunto dei fan. Square Enix, dopo aver riproposto variamente tonnellate di Final Fantasy, Dragon Quest e Kingdom Hearts, conosce alla perfezione la formula, e l’ha applicata senza grossi rischi. Non stupisce, dunque, che le principali novità emergano dal comparto tecnico, aggiornato ai tempi moderni. Mentre l’originale Dragon Quest VII era ancora sospeso fra due e tre dimensioni (il gioco è sì uscito nel 2000, ma i ritardi sono stati numerosi, e lo sviluppo è iniziato su Nintendo 64DD), il remake adotta un motore grafico completamente tridimensionale, in cui personaggi e mostri sono poligonali e le inquadrature sono ruotabili con L e R nella world map e nelle città. La resa è nettamente migliore di quella di Dragon Quest IX, ma siamo almeno un gradino sotto a Dragon Quest VIII; non a caso, anche la versione 3DS de L’Odissea del re maledetto sembra un down port da PlayStation 2. Comunque sia, la nuova grafica è piacevole e la veste poligonale ben si adatta al character design di Akira Toriyama – problema da non sottovalutare per i JRPG vecchi: trasporre in poligoni qualcosa di Amano è molto meno agevole… Forse il difetto più evidente è l’accentuato pop-up che si verifica soprattutto sulla world map.

Sul versante del sonoro, è stata realizzata una versione orchestrale della colonna sonora di Dragon Quest VII per questo remake, ma purtroppo essa non è inclusa nelle versioni occidentali del gioco, dotate di MIDI, con tutte le differenze sul piano qualitativo. Anche Dragon Quest VIII subirà lo stesso trattamento…

Dragon Quest VII

La navigazione della world map è stata “rivoluzionata” (usiamo un parolone, forse): siamo passati non solo da un’esplorazione bidimensionale (come nei Final Fantasy precedenti al VII, per intenderci) ad una tridimensionale, ma anche dagli incontri casuali ai mob visibili. Questa novità, presente anche nei dungeon, ma non nelle sezioni di world map coperte dal mare, si era resa sostanzialmente necessaria, visto che ormai da alcuni anni gli incontri casuali non sono più concepibili in un JRPG main stream; ciò non toglie che renda gli spostamenti nella world map molto più comodi (e avrebbero potuto esserlo ancora di più, con una cartina realizzata meglio, ma si sa che sono pignolo, N.d.R.), mentre nei dungeon si rivela meno decisiva, visto che molti corridoi sono talmente stretti da rendere quasi impossibile aggirare i mostri, che, per giunta, respawnano rapidamente e improvvisamente.

Ovviamente anche le sezioni di combattimento sono state rese più moderne dal nuovo motore grafico. Mentre vent’anni fa le battaglie si svolgevano in prima persona di fronte a mob raffigurati tramite sprite, adesso solo la fase iniziale del turno (quella di selezione dei comandi) è in prima persona: in quella finale, in cui nemici – tra cui figura qualche aggiunta tratta da episodi più recenti – e alleati attaccano, la telecamera passa alla terza persona per inquadrare le nuove animazioni degli altrettanto nuovi modelli poligonali. Come avrete già intuito, ciò non impatta in alcun modo sul gameplay, che peraltro ha conservato gelosamente i suoi antichi menu.

Dragon Quest VII

Oltre a queste novità macroscopiche esiste una pletora di piccoli accorgimenti che rendono il titolo un po’ più moderno, soprattutto più user friendly: citiamo, a titolo di esempio, il radar e una serie di consigli per individuare più rapidamente i frammenti delle tavolette (oggetti fondamentali per il prosieguo dell’avventura), l’introduzione di un diario di viaggio, che riassume gli avvenimenti già vissuti e fornisce indicazioni sui frammenti di tavoletta che devono essere trovati per proseguire nella storia, la presenza costante della mappa nello schermo inferiore della console e un job system ribilanciato, che ora appare più agile in virtù dei (job) level up più rapidi e di qualche snellimento.

Doveroso segnalare alla platea italiana, infine, che i testi (faccio presente che il doppiaggio è assente, come vuole la tradizione, N.d.R.) sono stati interamente tradotti nella nostra lingua (suppongo sulla base della nuova traduzione inglese, non dell’originale giapponese, N.d.R.), rendendo a questo punto il gioco appetibile davvero a chiunque non odi i JRPG.

Dragon Quest VII

Dopo aver enumerato le principali aggiunte e migliorie che caratterizzano questo remake, è giunto il momento di parlare del gioco in sé e per sé, visto che esso era quasi del tutto sconosciuto al pubblico italiano fino al 2016.

Dragon Quest VII è uno dei grandi classici dell’età dell’oro dei JRPG. È stato atteso per molti anni, ma ha saputo ripagare i fan con una delle main quest più lunghe della storia del genere (la più lunga, nella mia pur limitata esperienza, N.d.R.): per vedere i titoli di coda potrebbe volerci anche un centinaio di ore. Ovviamente chi scrive non ha avuto il tempo per portare a termine questo remake (avrei dovuto giocare otto ore al giorno, N.d.R.), quindi parla sulla base dell’esperienza accumulata su Dragon Warrior VII: è possibile che l’eliminazione degli incontri casuali e l’immancabile riorganizzazione dei contenuti – impossibile rendere conto in questa sede degli infiniti aggiustamenti effettuati da ArtePiazza, però possiamo affermare che qualcosa è stato tagliato, purtroppo – abbia tolto qualche ora all’esperienza; peraltro, ciò apparirebbe come un pregio ai nostri occhi. Ad ogni modo, gli sviluppatori hanno pensato persino di aggiungere qualcosa all’incredibile mole di contenuti di cui abbiamo detto or ora, qualcosa che tenesse conto delle peculiarità di 3DS. In questo remake sono presenti numerosi dungeon opzionali, di dimensioni perlopiù contenute, accessibili tramite speciali pietre che si ottengono dai mostri trasferiti nella Immigrant Town, uno dei principali luoghi opzionali del gioco. Tali pietre possono anche essere scambiate tramite Streetpass, un po’ come le mappe del tesoro di Dragon Quest IX.

Dragon Quest VII

Un gioco così massiccio non può certo essere caratterizzato da una trama ad alta intensità, ma questo non era l’obiettivo di Yuji Horii: il padre di Dragon Quest, infatti, voleva realizzare un JRPG improntato all’esplorazione e al puzzle solving, composto da numerose mini-storie che solo nelle battute finali lasciano spazio ad una trama più coesa. Nei panni dell’eroe, tradizionalmente muto, il giocatore rinviene alcuni frammenti antichi, appartenenti a magiche tavolette che consentono al gruppo di avventurieri di viaggiare nello spazio e nel tempo, liberando le isole che compongono il mondo, che, infatti, all’inizio del gioco, conta una sola isola per poi “riespandersi”.

Sulla base di questo canovaccio il gioco si svolge come il più classico dei JRPG classici turn-based. Prima di presentare una delle meccaniche fondamentali del gameplay, il job system introdotto dal capitolo precedente, il gioco lascia trascorrere una ventina di ore. Il remake, come abbiamo già avuto modo di dire, ha modificato alcune cose nell’ottica di ribilanciare il gameplay. La scelta più sofferta probabilmente è stata quella di eliminare la possibilità di usare le tecniche di un job avanzato mentre se ne sta ricoprendo uno diverso; la nuova rigidità, peraltro temperata dalla maggior rapidità del level up delle classi e non riguardante le classi di base, giova alla diversificazione dei personaggi (che nella versione primigenia tendevano ad avere tutti le stesse tecniche), quindi in definitiva va vista con favore.

Dragon Quest VII


Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato è un remake complessivamente ben riuscito, in quanto ammoderna il comparto grafico e va a toccare il gameplay quasi sempre con lo scopo di renderlo più scorrevole, pur mantenendo una fedeltà all’originale soddisfacente in entrambi gli aspetti. Giocare a Dragon Quest VII su 3DS non è come giocare un Bravely Default, cioè un JRPG classico concepito in epoca contemporanea; è giocare a Dragon Quest VII, emendato ed “epurato” in quelle componenti che oggi risulterebbero indigeste a chiunque non sia un retrogamer. Ovviamente l’elemento più evidente è l’eliminazione degli incontri casuali, ma non si trattava dell’unica fonte di frustrazione: anche trovarsi di tanto in tanto senza sapere come procedere a causa di un frammento sfuggito non era il massimo della vita, soprattutto con una main quest così lunga.

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