Back in Time – Child of Light
Aurora Magistralis.
Cantiamo di Aurora, gentile creatura, pulzella dai rossi capelli,
intenta a vivere i suoi anni più belli.
Nell’Austria Ottocentesca la sua triste storia si dipana,
da apparentemente morta a sognatrice arcana.
In Lemuria poi le sue vicende seguiremo,
alla ricerca del padre da tempo infermo;
con spada e magia esplorerà gli angoli più bui,
cercando la via verso i luoghi natii.
Ci siamo divertiti a giocare con le rime, per introdurvi alla storia di Child of Light, in cui seguiremo le vicende della rossa Aurora, una piccola principessa una notte di Pasqua spirata nel suo letto. La giovane però si risveglierà in una terra magica, Lemuria, nella quale le toccherà combattere per tornare a casa dal malato padre, coadiuvata da un manipolo creature indigene dagli aspetti e comportamenti bizzarri. Le rime e le parole (anche in italiano) forbite sono parte del gioco: tutto in questo titolo cerca di assomigliare a un’opera d’arte, a un poema, a un quadro. Dall’aspetto grafico alla colonna sonora, senza dimenticare i dialoghi, tutti rigorosamente in rima o in stile comunque poetico.
Opera di Ubisoft Montreal, autore delle serie di Prince of Persia, Splinter Cell e Assassin’s Creed, tra le altre, Child of Light non è il classico progetto tripla A ma piuttosto un esperimento con un genere in disuso e un motore grafico in due dimensioni. Fu una delle rivelazioni del 2014 e riuscì pure a vendere discretamente (anche se poi il sequel non si è fatto, almeno fino ad ora…, – N.d.R.).
Figlio di Patrick Plurde (che ha recentemente lasciato Ubisoft, rendendo ancora più improbabile un sequel), già autore di Far Cry 3, come avrete capito anche e soprattutto visivamente questo onirico viaggio tra le terre di Lemuria differisce dalle precedenti produzioni del team di sviluppo. Le splendide possibilità date dal mai troppo lodato Ubi-Art Framework si traducono in uno dei videogame più belli da vedere a cui abbiamo mai avuto il piacere di giocare. Sin dal primissimo livello nella foresta, per arrivare poi a montagne, grotte, mari e castelli, vi possiamo assicurare che rimarrete spesso a bocca aperta. Child of Light nelle sue due dimensioni sfuma ogni confine tra un disegno su carta e un videogame, creando scenari incredibili, ricchi di dettagli. Personaggi, piattaforme e nemici – li vedrete negli ambienti di gioco prima di combatterli – sono sapientemente portati in vita ma, come detto, sono gli sfondi a fare la parte del leone. Guardate il trailer, le immagini che corredano il testo, o meglio, acquistate Child of Light per sapere di cosa parliamo. Una direzione artistica eccellente, un capolavoro.
Per quanto riguarda le differenze tra le versioni, l’ultima fatica di Ubisoft Montreal gira a 1080p e 60fps (qualche rallentamento ma fugace) su Xbox One e PlayStation 4, mentre a 720p su Wii U, Xbox 360 e PlayStation 3. La versione PS4 aggiunge poi Remote Play con PS Vita e lo sfruttamento del gamepad per controllare Igniculus (il nostro fido compagno elementale) con il touch screen rimane invece l’arma segreta di Nintendo Wii U. Nel 2018 il gioco è uscito anche su Switch nella Ultimate Edition, che raggiunge i 1080p con 60fps in modalità TV, mentre mostra qualche incertezza nel frame rate nella modalità “da passeggio”.
Non solo grafica, però: affrontando questo gioco di ruolo non potremo non notare le oniriche tracce realizzate da Cœur de Pirate, giovane e bella pianista, compositrice e cantante quebecouise (viene dal Quebec, regione francofona del Canada – N.d.R.). Una colonna sonora magistrale, con un utilizzo sapiente e romantico del pianoforte.
Tra la musica e lo splendore visivo ci si potrebbe perdere quel comunque ottimo videogioco che è Child of Light, un RPG in due dimensioni che mette grande enfasi sull’esplorazione degli ambienti. Non attendetevi grandi distese o enormi città, piuttosto location più piccole ma veramente ricche di angoli, scrigni e segreti da scoprire. Soprattutto quando vi dedicherete alla ricerca degli oggetti o dei collectible o al completamento delle – seppur poche – subquest dovrete tenere gli occhi aperti per scovare ogni pertugio o porta nascosta. Facile poi per Aurora, con le sue capacità di levitazione, raggiungere l’obbiettivo, o magari schivare un avversario sulla mappa.
Nei combattimenti potremo usare due personaggi alla volta, per un RPG a turni che ricorda tanto nelle meccaniche il vecchio e amatissimo Grandia. Per capirci, si tratta di un ibrido tra i turni classici e l’ATB di Final Fantasy XIII. In basso scorrerà una barra che mostra il susseguirsi delle azioni di elementi del party e nemici. Ogni azione avrà una sua durata e dovremo pensare bene ad anticipare i nemici prima che ci colpiscano, facendoci perdere tempo e rallentare le operazioni. Nel momento della scelta della mossa il tempo si fermerà, ma un certo dinamismo accompagnerà ogni sfida. A mischiare le carte in tavola arriva poi il nostro fido Igniculus, controllabile tramite analogico destro (o con un altro controller e un amico in co-op), in grado di curare i nostri personaggi o rallentare i nemici: davvero semplice ma intelligente e originale. Ogni sfida sarà infatti un calcolo mentale per sferrare i nostri attacchi al momento giusto.
Le pecche di Child of Light in questo reparto sono due: l’eccessiva semplicità, quantomeno nella difficoltà Normale (non abbiamo mai visto un Game Over) e il limite di due elementi nel party. Troveremo infatti una manciata di strane creature disposte ad aiutarci, peccato che averne solo due in azione alla volta limiterà molto le nostre possibilità, rendendo futile cotanta compagnia. Per ovviare a un livello di sfida non elevato, vi consigliamo eventualmente di iniziare direttamente da “Difficile”. Per arrivare al termine della storia serviranno all’incirca 10-15 ore, belle intense. Child of Light non è lunghissimo, ma secondo il nostro modesto parere raggiunge il perfetto bilanciamento tra longevità e interesse.
Ad aggiungere profondità arriva un capiente albero delle abilità e soprattutto il sistema di crafting degli Oculi. Gli Oculi sono gioielli dotati di poteri magici, in grado di donare bonus d’attacco, difesa o elementali ai personaggi a cui sono equipaggiati. La questione non finisce qui, visto che gran parte del tempo che spenderete nei menu di Child of Light verrà utilizzato per combinare più Oculi insieme, cercando di migliorarne le caratteristiche o fondendoli per ottenerne di colori e poteri nuovi. Peccato però che quello degli Oculi sia l’unico equipaggiamento e personalizzazione possibile per i combattenti: nessuna arma, nessuno scudo, nessun accessorio o quant’altro. La semplificazione non è male, ma non avere neanche un infido negoziante con cui avere a che fare in un RPG ci ha stupito un minimo.
Tralasciando qualche piccolissimo difetto o mancanza, Child of Light è una gemma, o forse meglio dire un Oculo. Per chi è convinto che i videogame siano una possibile forma d’arte, l’opera di Ubisoft è un elemento in più per perorare questa causa. Magnifica OST, stupendo comparto grafico ad acquerelli, battle system solido e divertente, una storia toccante dai personaggi e luoghi ispirati.