Back in Time – Black Rock Shooter: The Game
Il primo videogame dedicato a Black Rock Shooter.
Quattro anni fa chiudeva i battenti Imageepoch, un team di sviluppo specializzato in JRPG caratterizzato dalla particolarità delle scelte di game design, ma, purtroppo, anche dalla discontinuità qualitativa delle sue produzioni: in particolare, molti dei suoi titoli migliori non sono giunti in Europa.
Questa settimana la nostra rubrica Back in Time vi parla di uno di quelli che sono stati localizzati, seppur con cospicuo ritardo: Black Rock Shooter: The Game, uscito in patria nel 2011 in esclusiva su PSP, ma giunto in Occidente solo nel 2013.
La storia del franchise da cui prende spunto il gioco di Imageepoch è abbastanza particolare: in modo inusuale, tutto inizia da un’illustrazione di Ryohei “Huke” Fuke, che ispira un brano della band giapponese (anche se, di fatto, il musicista è uno solo) Supercell, in cui milita lo stesso Huke; solo un paio di anni dopo, però, comincia lo sfruttamento intensivo dell’idea originale, con un OAV, una serie anime, alcuni videogiochi e diversi manga, fra i quali uno si ispira direttamente al videogame oggetto della nostra analisi.
Nel marasma di queste produzioni, non possiamo dire che esista una continuity fra le varie opere, quindi non deve stupire il fatto che Black Rock Shooter: The Game proponga storia e personaggi inediti, analogamente a Fate/Extra (di cui ci siamo occupati qualche settimana fa). Questa volta Black Rock Shooter (è anche il nome della protagonista, N.d.R.) è un clone dotato di forza straordinaria, ultima risorsa del genere umano per sconfiggere la minaccia aliena, che dal 2032 mette a ferro e fuoco la Terra. Ormai, nel 2051, anno in cui si svolgono gli eventi, è sopravvissuto solo un manipolo di uomini, che insegue ancora il sogno della liberazione del pianeta.
Il tono è ben distante da quello di OAV e anime, che puntano sul dualismo Mato Kuroi/Black Rock Shooter. Ciò non è un problema ovviamente, visto anche l’esile materiale narrativo “originale”; ciò che lascia l’amaro in bocca è la gestione degli eventi e dei dialoghi, che portano la trama a svilupparsi in modo fiacco e insoddisfacente. Senza dubbio Fate/EXTRA era riuscito molto meglio nell’operazione di fornire una rilettura dei punti fermi della saga originale, grazie al coinvolgimento del suo ideatore.
Il nuovo contesto scelto per Black Rock Shooter: The Game non ne influenza solo la trama, ma anche l’estetica: le suggestioni goticheggianti lasciano spazio a jet militari, raggi laser e moto supersoniche. Qualche fan potrebbe trovarsi spaesato, ma in questo versante il “tradimento” dell’ispirazione originale è meno grave, grazie ad una buona direzione artistica e a un comparto tecnico onesto, che vanta caricamenti piuttosto rapidi. Il meglio è sicuramente rappresentato dai modelli poligonali dei personaggi principali, mentre il peggio è costituito dagli scenari, poco caratterizzati (che ci si trovi a New York o a San Francisco fa poca differenza) e spesso spogli. A metà si collocano i nemici: i boss sono dettagliati e vantano una loro identità, conferita anche dalle scelte cromatiche, ma il design talvolta tende un po’ alla pacchianeria; il mob design, invece, è più carente, proprio come abbiamo avuto modo di constatare nel caso di Fate/EXTRA.
Anche il sonoro non dà adito a particolari lamentele, grazie ad un discreto doppiaggio in Giapponese e a una OST non ricchissima, ma interessante. Vale la pena di segnalare, a titolo di curiosità che la colonna sonora reca la firma del veterano Manabu Namiki e non di Supercell, che non ha realizzato nemmeno il main theme, composta e suonata dal gruppo rock giapponese ONE OK ROCK.
Con una licenza come questa, sarebbe facile pensare ad un bell’action adrenalinico, o addirittura a un picchiaduro, ma Imageepoch ha scelto una strada diversa. Black Rock Shooter: The Game è essenzialmente un AJRPG virato sullo shooter, in ossequio all’ambientazione futuristica che porta a preferire le armi da fuoco a quelle da taglio. Non si tratta di un TPS, comunque, ma di una sorta di rail shooter.
Il battle system è incentrato sull’utilizzo di tre tasti (a cui si aggiungono oggetti e abilità): uno è dedicato allo sparo, un altro alla schivata e un ultimo alla parata (che non annulla, ma riduce solamente il danno). Le prime due azioni devono essere dosate con una certa attenzione, perché comportano lo riempimento della Heat Gauge e conseguente paralisi momentanea della nostra eroina, quindi ogni tanto è meglio fermarsi un attimo per farla scemare un po’. Negli scontri, dunque, non esiste libertà di movimento, tanto che la schivata stessa ricorda più che altro un cambio di rotaia. La formula è abbastanza insolita nell’ambito JRPGistico, quindi risulta interessante e divertente sulle prime, ma, a conti fatti, si rivela limitata, anche a causa di nemici non particolarmente pugnaci o imprevedibili, ad esclusione dei boss. Questi ultimi offrono sfide più impegnative e stimolanti, anche se è possibile fare un uso abbastanza ampio di oggetti curativi, dal momento che se ne trovano parecchi.
La componente ruolistica è racchiusa nel sistema di crescita, basato sul livellamento e sull’ottenimento di nuove abilità, che possono essere trovate in alcuni scrigni o – come avviene più spesso – sbloccate raggiungendo obiettivi specifici (ad esempio uccidere dieci nemici di un certo tipo). Le skill sono parecchie si suddividono in due grandi famiglie: quelle attive, cioè le mosse da usare in battaglia, e quelle passive, che conferiscono stat boost e altri vantaggi. Le abilità attive possono essere adoperate in battaglia anche più volte, ma sarà necessario attendere un tempo di ricarica. Non limitare in altri modi il loro utilizzo finisce per rendere fin troppo semplici gli scontri con i mob: basterà scatenare subito le proprie mosse speciali per sterminare quasi tutto ciò che si muove. Insomma, la formula di gioco nel suo complesso avrebbe avuto bisogno di essere pensata più attentamente.
La struttura è abbastanza rigida, ma ha il pregio di rendere rigiocabili agevolmente le singole sezioni. L’avventura è suddivisa in stage, che a loro volta si compongono di missioni e culminano in una boss battle. Gli incarichi non brillano certo per varietà, consistendo nella loro essenza sempre nell’esplorazione e superamento di dungeon (in senso ampio: il gioco è perlopiù ambientato in scenari aperti) un po’ spogli, come abbiamo già detto. Fortunatamente non esistono incontri casuali, essendo i mob visibili; alcuni di essi, tuttavia, non sono evitabili.
Black Rock Shooter: The Game non può dirsi un gioco del tutto riuscito. Le sue debolezze maggiori, come abbiamo visto, risiedono nel comparto narrativo e in quello ludico, anche se quest’ultimo trova anche alcuni estimatori sparsi nel web. Il suo vero problema sta nelle rifiniture, e ciò porta l’interesse a scemare nel corso delle sessioni di gioco. Ad ogni modo la durata dell’avventura non è tale da portare questo aspetto alle sue estreme conseguenze: la storia può essere portata a termine in nove o dieci ore, a cui aggiungerne altrettante per sbloccare il resto.