Back in Time – Alan Wake’s American Nightmare
Il mio nome è Alan Wake e sono uno scrittore...
La scorsa puntata di Back in Time è stata dedicata al controverso Alan Wake, il travagliato progetto di Remedy Entertainment per Xbox 360 e in attesa dell’imminente Control, dedichiamoci ad Alan Wake’s American Nightmare, secondo episodio della serie (ma non è Alan Wake 2!), che ha debuttato nel 2012 come Xbox Live Arcade.
Dopo aver scaricato 1.33 GB per Alan Wake’s American Nightmare, avrete due opzioni: la prima, quella che vi consigliamo per ragioni cronologiche, è lo Story Mode; la seconda è quella di approcciare American Nightmare direttamente con la modalità pensata per prima da Remedy Entertainment, quella che ha fatto nascere il progetto del gioco, ossia Arcade, una volta conosciuta con il nome di “Fight Till Dawn” (Combatti fino all’alba).
Se deciderete di iniziare con la storia, vi aspettano approssimativamente 4-5 ore di intreccio (sei se volete raccogliere tutti i collectible) dal sapore decisamente diverso da quelle del primo Alan Wake. Nonostante venga ambientato subito dopo gli eventi dell’originale – che avevano portato Alan a sconfiggere l’oscurità e salvare sua moglie a costo di essere egli stesso intrappolato dalle entità malvagie nel cosiddetto “luogo buio” al di là della realtà – gli eventi di Alan Wake’s American Nightmare non fanno proseguire nettamente la principale story line, ma la arricchiscono di elementi e informazioni. Il setting abbandona le foreste e i laghi dello stato di Washington per trasferirsi in una cittadina dell’Arizona, circondata da montagne e deserto, chiamata Night Springs. I più attenti di voi ricorderanno che Night Springs era anche il nome della serie TV che Alan Wake sceneggiò in giovane età: bene, avete fatto centro: American Nightmare vedrà lo scrittore all’interno di una puntata della sua opera. I poteri di modificare la realtà con i propri scritti appartenenti sono ben noti a chi ha giocato al primo capitolo e qui le cose non saranno diverse: Night Springs è una creazione della fantasia, sia per quanto riguarda i luoghi che le persone – poche – che incontreremo.
Ma come sarà successo ad Alan di risvegliarsi lì? Come mai sembra che alcuni eventi mescolino la fiction con la realtà? Perché l’oscurità possiede oggetti e persone come faceva a Bright Falls (la città del primo episodio, N.d.R.)? La risposta sta nelle azioni del nostro tremendo avversario: il potente e sadico Signor Graffio. Conosciuto al termine dell’intreccio di Alan Wake, il Signor Graffio rappresenta un perfetto sosia fisico del nostro scrittore, il quale ha preso il suo posto nel mondo dopo la relegazione dell’originale nel “luogo buio” da cui non riesce a uscire. Benché il resto delle persone conosciute da Alan (il suo manager Barry e sua moglie Alice, per fare un esempio) credano ancora che sia morto, il Signor Graffio, un personaggio perverso e violento, aspetta solo il momento giusto per avvicinarli e sfruttare la completa somiglianza con Wake originale per sostituirsi a lui nella sua vita, mettendo tutti in pericolo.
Alan conosce i piani del Signor Graffio e proprio sconfiggere lui, riportando il sole sulla città di Night Springs, sarà il nostro obbiettivo durante lo Story Mode. Nonostante le basi della trama siano in linea con quelle viste e apprezzate in Alan Wake, in questo secondo gioco Remedy non ha svolto uno dei suoi migliori lavori per quanto riguarda immersione e mordente della storia. Il giocatore si ritrova sballottato in una strana realtà ai confini tra verità e finzione, dove nulla di quello che accade ha un senso, ma neanche una grande idea di tensione o importanza. Alan Wake infatti dovrà ripetutamente (il motivo vi verrà spiegato durante la storia, ma non ci leva il dubbio che il back-tracking sia figlio anche dei limiti di spazio imposti da Microsoft per gli XBLA, ndr) visitare le stesse tre – grandi e aperte – ambientazioni, sparando a mostri, raccogliendo oggetti, risolvendo i problemi di tre donne diverse e cercando di modificare la realtà a suo piacimento, ma senza ben percepire la gravità o l’importanza delle sue azioni. Il bello del primo Alan Wake stava quasi tutto nell’atmosfera, nella sensazione di pericolo, nel buio che incombeva; in American Nightmare, invece, la svolta più action e meno horror ha anche tolto carattere al gioco, lasciando solo l’ottima direzione artistica a salvare la storia, altrimenti abbastanza piatta, connotata da pochi dialoghi non molto ispirati e un senso di ripetitività non da poco.
Alan Wake’s American Nightmare si dimostra un signor gioco in ogni caso. Pare pazzesco pensando a un prodotto di Remedy, ma la modalità Storia, seppur buona, risulta il punto meno forte del pacchetto, che brilla comunque di luce propria per quanto riguarda realizzazione tecnica, gameplay e anche grazie all’adrenalinica modalità Arcade.
Uno dei difetti da molti riscontrati nel titolo originale risiedeva nella poca varietà di nemici e nella generale “pochezza” dei controlli e delle sparatorie, tutte incentrate sul binomio torcia-per-illuminare-e-indebolire + arma-da-fuoco-per-colpire. Senza abbandonare la formula o rivoluzionare, la mera aggiunta di nuove armi (la sparachiodi è geniale, ma ricordiamo anche la balestra e un buon numero di fucili) e nuove tipologie di Posseduti (di taglie, poteri e dimensioni diverse), oltre all’aver reso Alan leggermente più agile, resistente e svelto, trasformano ogni scontro in una vera gioia per i polpastrelli. Siccome lo Story Mode risulta parecchio facile (la difficoltà è standard ma veramente bassa: non vi mancheranno mai munizioni o armi, per esempio), è qui che la bontà della modalità Arcade viene fuori. Prendendo la nuova giocabilità di American Nightmare, migliorata in ogni aspetto dall’originale, mettendola all’interno di una sorta di Orda a là Gears of War, abbiamo così il punto di forza di questo nuovo Alan Wake, bizzarramente forse proprio quello che ci avrebbe attirato meno alla vigilia della release.
Affrontare le cinque mappe (più le altre cinque sbloccabili con difficoltà Incubo) alla ricerca del punteggio migliore è una delizia per le nostre dita, che si esalteranno durante la nostra danza alla ricerca del moltiplicatore migliore (se si viene colpiti si azzera, cresce invece più nemici faremo fuori e più schivate inanelleremo) o soltanto per raggiungere l’agognata alba, quando tutti i Posseduti ci lasceranno finalmente in pace. Non esistono modalità online, ma sinceramente la presenza delle leaderboard basta e avanza.
Un altro punto a favore di American Nightmare rispetto al suo illustre predecessore è l’impatto visivo: davvero di prim’ordine! Lontano anni luce da qualsiasi cosa vista su Live Arcade, il lavoro di Remedy in questo campo è stato fenomenale, con menzioni particolari alla fisica dei vestiti di Alan e all’illuminazione, semplicemente celestiale.
E così, quando l’alba arriva finalmente, possiamo tirare un sospiro di sollievo perché Alan Wake’s American Nightmare si rivela un ottimo titolo, in grado di regalare qualche ora di divertimento cacciando l’oscurità dalle lande desertiche dell’Arizona. Il personaggio di Alan Wake è ora più forte, più consapevole delle sue potenzialità, e così è anche Remedy, facilitata dalla già avvenuta affermazione di setting, storia e gameplay, concentrata ora a sistemare, correggere e ampliare la formula qui e là. Questa svolta action, fortemente desiderata dagli sviluppatori, ha portato principalmente a buoni risultati nel feeling, ma ha senza dubbio tolto qualcosa a quello che aveva reso Alan Wake un’esperienza indimenticabile: l’atmosfera. Venendo da maestri nel genere, ci siamo davvero stupiti di poter affrontare alcune fasi di American Nightmare senza provare praticamente nulla, sperando di veder apparire alcuni mostri da dietro un angolo per poter avere una scarica di adrenalina, resa tra l’altro non facile da avere vista la difficoltà risibile della modalità Storia.
Alan Wake’s American Nightmare, vogliamo ripeterlo, non è assolutamente il seguito ufficiale di Alan Wake. Tutto sommato, però, le migliorie al gameplay (le quali probabilmente avrebbero reso all’originale una miglior critica, se inserite all’epoca) e la splendida modalità Arcade valgono da sole il prezzo del biglietto, in particolare per chi, come il sottoscritto, adora Remedy Entertainment e adora Alan Wake.