Back in Time – Agarest: Generations of War 2
Continua il nostro viaggio nella nicchia JRPGistica.
La scorsa settimana vi abbiamo parlato di Mugen Souls, contestualizzandolo nell’ambito della situazione JRPGistica particolare che si era consolidata nei primi anni della scorsa generazione, in cui la carenza di nomi di spessore aveva spostato parte dell’attenzione sulle nicchie. Questa settimana Back in Time vi propone un altro JRPG super low budget di Idea Factory: si tratta di Agarest: Generations of War 2.
Mentre i primi due capitoli erano JRPG tattici, Agarest: Generations of War 2 si presenta in una veste molto più simile a quella di un JRPG classico. Ciò è evidentissimo soprattutto in relazione al battle system, il quale mantiene sì alcuni elementi posizionali, ma non è certo quello di uno strategico; piuttosto, potremmo accostarlo a quello di Cross Edge, un crossover appartenente sempre alla scuderia Idea Factory.
Le battaglie si svolgono a turni, scanditi da una barra nella parte superiore dello schermo, e vedono nemici e alleati (questa volta al massimo quattro, ma switchabili nel corso della pugna) divisi nei due consueti schieramenti, rispettivamente a sinistra e a destra. Il campo si compone ancora di caselle quadrate in cui vanno a collocarsi i combattenti in base alla formazione scelta, ma non c’è più il dinamismo dei tattici; tuttalpiù può succedere che in seguito ad alcuni attacchi qualche personaggio esca dalla formazione originale e che sia quindi necessario farlo rientrare “in posizione”, in modo da poter effettuare le combo, che costituiscono il cuore pulsante dei combattimenti. Le azioni offensive consumano AP, di cui ogni guerriero è dotato; ebbene, più alleati riuscirete a coinvolgere, più AP avrete a disposizione. Le variabili offensive sono numerose, legandosi a ben sei tasti diversi (i quattro frontali + R1 e L1) e a quattro personaggi, che possono essere alternati liberamente all’interno della combo.
Pur essendosi spostato verso i JRPG classici, Agarest: Generations of War 2 mantiene alcuni tratti che lo contraddistinguono rispetto ad essi, tra cui sicuramente la scarsissima enfasi posta sull’esplorazione, che avviene per menu, anche se per i dungeon la questione è un po’ più articolata: essi sono divisi in snodi, da sbloccare a suon di combattimenti; capita spesso che ci siano diramazioni, che possono condurre ad aree opzionali in cui raccogliere tesori.
Un altro aspetto che richiama gli episodi precedenti è la personalizzazione dei combattenti, che si giova di un buon numero di sistemi, i quali vanno a incidere su statistiche, abilità ed equipaggiamenti. Forse proprio in questo frangente il neofita potrebbe sentirsi spiazzato, anche perché è necessario utilizzare al meglio le proprie risorse nell’ottica di evitare sessioni di grinding più lunghe del dovuto. La difficoltà generale, infatti, non è proibitiva, ma non è nemmeno tarata verso il basso, soprattutto dopo la prima generazione. In questo, però, viene in soccorso la possibilità di scegliere il livello di sfida all’inizio del gioco.
Anche sul versante narrativo, Agarest: Generations of War 2 cerca di distinguersi dai predecessori, soprattutto per il fatto che non emergono legami evidenti con le loro trame: nonostante, infatti, il pantheon e la toponomastica (almeno per i continenti) richiamino i primi due Agarest, la vicenda appare scollegata, tanto che all’interno della fanbase vi è chi pensa ad un universo parallelo. La storia, diversamente da molti JRPG, inizia in medias res (seguono MINIMI SPOILER, legati alle prime due ore di gioco): il potentissimo Weiss, per ragioni inizialmente ignote, commette il gesto più empio di tutti, quello di uccidere un dio. Si risveglia poi, ferito e privo di memoria (che novità…, NdR), in un bosco, dove viene accudito dalla giovane Aina. Ben presto si palesa la misteriosa Eva, che ricorda a Weiss il suo gesto scellerato. Il Fato, tuttavia, ha in serbo grandi imprese per i nostri eroi, che devono riportare l’equilibrio nel mondo “resuscitando” (tra virgolette, perché in realtà le divinità non muoiono, ma possono perdere la loro forma corporea) il dio Chaos.
Come negli altri episodi, l’intreccio si dipana lungo diverse generazioni, che questa volta sono tre; è evidente lo sforzo di fornire un ampio ventaglio di personaggi, ma non si può dire che il risultato raggiunto sia eccezionale, soprattutto a causa dei rapporti infra-party piuttosto discutibili e di qualche personaggio poco azzeccato (a quanto pare, tutti hanno odiato Zelos). D’altro canto, quando si amplia il cast con un sistema a generazioni, il rischio che non tutte le ciambelle escano col buco è moltiplicato, anche se bisogna riconoscere una certa cura nella caratterizzazione dei comprimari.
La meccanica generazionale è rigida, non comportando sostanzialmente nessun cambiamento alla trama, bensì solo differenze minori, sul piano estetico e delle statistiche. La diversificazione dei finali, infatti, non si lega a questa dinamica, bensì ad altri requisiti, come spesso avviene nei titoli di Compile Heart; purtroppo ciò vi costringerà a seguire attentamente una guida, perché non sempre risultano chiari tutti gli elementi che conducono al True Ending, l’unico davvero soddisfacente.
Un ultimo appunto va fatto in relazione alla durata, che è davvero impressionante: possiamo quantificarla in una sessantina di ore, e non stiamo parlando di completare il gioco al 100%. Tante, troppe a parere di chi scrive, soprattutto per un intreccio che dopo un po’ si perde, risultando impacciato e ridondante. Questo difetto caratterizza più di qualche JRPG, a dire il vero, tra filler e momenti di stanca. Talvolta sarebbe preferire offrire un’esperienza meno longeva, ma più “compatta”.
Chiudiamo la nostra analisi con l’aspetto tecnico, altro campo in cui Idea Factory ha voluto migliorare rispetto al passato. Per quanto Agarest: Generations of War 2 rimanga un prodotto sfacciatamente low budget, possiamo notare dei miglioramenti negli sprite, finalmente in alta definizione, anche se comunque non raggiungono la nitidezza di un quasi coevo Disgaea 4, nonché nell’AAA (Active Animation Adventure) system, che anima gli artwork attraverso i quali viene gestita la narrazione (come nelle visual novel), e lo fa più fluidamente rispetto al suo predecessore, anche se non è ancora stato raggiunto lo stato dell’arte.
Il lavoro svolto con Agarest: Generations of War 2 è stato corposo, e in un certo senso anche coraggioso, visto che è andato addirittura a cambiare (sotto-)genere. I fan troveranno comunque punti di contatto con i titoli precedenti, e potranno apprezzare il nuovo battle system, soprattutto se hanno masticato qualche altro lavoro del developer, come è probabile. Ad ogni modo, ciò non deve portare a trascurare i difetti del gioco, che si rivolge ad una stretta cerchia di pazienti appassionati. Come se ci fosse bisogno di ribadirlo.