Assassin’s Creed: Ciò che era, ciò che è
La saga degli Assassini, tra passato e futuro.
Sono trascorsi quattordici anni dal debutto della saga Assassin’s Creed: sembra un’eternità, ma nel corso degli anni Ubisoft ci ha abituati a vedere di anno in anno, con cadenza regolare, un nuovo episodio della serie tra le uscite autunnali. Dal 2007 al 2020 AC si è evoluto tra capitoli principali e secondari, questi ultimi distribuiti su console portatili e smartphone. Per alcuni anni la saga ha mantenuto una struttura di gioco alquanto lineare, focalizzando l’attenzione del giocatore sulla storyline che di capitolo in capitolo lo coinvolgeva e lo intratteneva. Nel corso degli ultimi anni la software house francese ha però deciso di stravolgere il franchise per andare incontro alle richieste del pubblico e all’evoluzione del mercato videoludico, trasformando la serie Assassin’s Creed in un immenso open world.
Da Assassin’s Creed ad Assassin’s Creed Valhalla sono trascorsi tredici anni e due generazioni di console, salto generazionale che ha permesso al franchise di Ubisoft di progredire non solo graficamente, ma nche concettualmente, permettendogli di evolversi e spingersi oltre il limite. Purtroppo però questa progressione si è rivelata una lama a doppio taglio: se da una parte possiamo assistere a capitoli con grafica mozzafiato, dall’altra ci troviamo davanti a produzioni immense, dove la trama di gioco si perde tra quest secondarie e primarie di poca sostanza, dove il giocatore si ritrova a vagare per l’immensa area di gioco intento a svolgere “compitini” che lo portano lentamente alla fine del gioco.
Assassin’s Creed: le origini
L’origine della serie Assassin’s Creed parte dal lontano 2004, Ubisoft in quegli anni stava sviluppando uno spin-off della saga Prince of Persia intitolato per l’occasione: Prince of Persia Assassins. Lo spin-off implementava all’interno della serie Prince of Persia l’uso del parkour, il cappuccio per nascondersi nell’ombra e presentava una buona dose di fasi d’arrampicata. Ubisoft voleva portare il giocatore a vivere un’esperienza fresca all’interno della serie Prince of Persia: il concept dello spin-off prevedeva la ricerca all’interno della mappa di gioco di un bersaglio designato, per assassinarlo e infine scappare tra la folla; tutto questo snaturava troppo la serie Prince of Persia, così Ubisoft decise di cambiare il nome all’intero progetto in Assassin’s Creed, dando origine poi a quella perla che tutti noi ricordiamo come l’avventura di Altair.
La trama della saga Assassin’s Creed è focalizzata su due archi temporali diversi ma collegati tra di loro grazie alla tecnologia dell’Abstergo. La strumentazione dell’Abstergo porta Desmond Miles ad accedere a una serie di ricordi per scoprire dove Templari e Assassini hanno custodito le loro potentissime reliquie. L’avventura di Desmon Miles si interrompe al termine del terzo capitolo della saga Assassin’s Creed: nelle battute finali Desmond, inserendo le tre fonti di energia, si rende conto che da lì a poco si sarebbe manifestata una catastrofe, nonché la fine del mondo. Arrivato all’ultima tappa Desmond, dopo aver assistito a due possibili realtà future, decide di sacrificare sé stesso salvando cosi il pianeta, tuttavia le scelte del giovane ragazzo riporteranno in vita Giunone permettendole di schiavizzare cosi l’umanità.
Terminata la linea temporale di Desmond Miles la saga Ubisoft ha iniziato perdere il fascino della doppia storia a cui tutti noi giocatori eravamo abituati. La software house francese ha inserito brevi fasi in prima persona ambientate nell’agenzia Abstergo – e qui il personaggio è un soggetto test – e con l’ultima trilogia Ubisoft ha pensato di creare un nuovo arco temporale, questa volta con protagonista Layla Hassan, personaggio presente a partire da Assassin’s Creed Origins.
Tra quantità e qualità
Il fascino della saga Assassin’s Creed risiede nella narrazione e rappresentazione del periodo storico di riferimento di capitolo in capitolo. La narrazione – fino ad Assassin’s Creed Syndicate – rappresenta il punto cardine della saga Ubisoft, grazie al pathos che tiene incollati allo schermo, mescolando periodi storici e divinità dai sentimenti contrastanti pronte a spazzare via l’umanità da un momento all’altro. Concluso lo sviluppo di Assassin’s Creed Syndicate la software house francese ha deciso di prendersi un periodo di pausa dal brand, a causa delle troppe critiche ricevute dal giocatore medio perché la serie oramai presentava una formula di gioco vecchia e priva di novità. Trascorsi due anni, nel 2017 la saga Ubisoft ha visto l’arrivo di un nuovo capitolo, che segnava l’inizio di una nuova trilogia. Si trattava di Assassin’s Creed Origins, ambientato nell’antico Egitto, che raccontava le origini della Confraternita degli Assassini. L’anno successivo fu lanciato Assassin’s Creed Odyssey, che portava il giocatore all’interno dell’antica Grecia con lo scopo di svelare i segreti del passato e cambiare il destino. Infine, lo scorso 10 novembre 2020, è stato rilasciato l’ultimo capitolo del trittico, Assassin’s Creed Valhalla.
Come dicevamo più sopra, la narrazione con l’arrivo dell’ultima trilogia ha subito un brusco calo di qualità rispetto ai precedenti capitoli: a partire da Origins la storia è tendenzialmente frammentata, disorganizzata e spesso incoerente, tutto questo in favore di una struttura di gioco variegata e – non fraintendeteci – a tratti comunque divertente. Con quest’ultima trilogia si è puntato tutto su vastità e contenuti, snaturando cosi l’intera saga e perdendo completamente di vista le origini della saga Assassin’s Creed. Rappresentare un periodo storico attraverso una moltitudine di attività principali e secondarie comporta una narrazione di gioco troppo diluita e spesso priva di pathos, catapultando il giocatore all’interno di ambientazioni immense, ma sostenute da una trama di gioco che lungo l’intera avventura diventa un semplice contorno e non più il punto cardine della produzione.
Tra il vecchio e il nuovo
La struttura di gioco di Assassin’s Creed ha sempre presentato un ambiente open world, offrendo al giocatore la possibilità di muoversi all’interno della mappa di gioco in modo orizzontale e verticale. Il combat system a partire dal primo capitolo fino ad Assassin’s Creed Unity che potremmo ritenere, sorvolando su alcuni bug, l’apice della saga Ubisoft, è sempre risultato basilare e di poca varietà presentandosi al giocatore con schemi predefiniti basati su attacco, parata e schivata, il tutto condito da un’intelligenza artificiale non sempre eccezionale.
Nonostante il combat system di capitolo in capitolo potesse risultare monotono e troppo basilare, l’esperienza di gioco complessiva, grazie a una mappa di gioco aperta e sostenuta da una componente parkour ben implementata, si amalgamava bene all’ottima narrazione: l’esperienza complessiva della saga nonostante non raggiungeva longevità elevate ha sempre offerto titoli divertenti a cui giocare. A partire dall’ultima trilogia iniziata con Origins , invece, si è puntato su un’elevata varietà di gioco, permettendo al giocatore di vivere un’avventura meno lineare, inserendo ambientazioni vaste e stravolgendo in parte il combat system con elementi RPG.
Il risultato di questa scelta? Un’utenza divisa tra i favorevoli alla nuova direzione intrapresa da Ubisoft e i contrari. Se in Origins le novità erano evidenti ma ancora abbozzate, con l’arrivo del sequel Odyssey la software house ha potenziato il tutto offrendo a sua volta un ambiente di gioco ancora più vasto, condito da una moltitudine di attività secondarie e da una componente RPG più marcata rispetto a quanto visto in Origins.
Con Odyssey, nonostante un buon riscontro da parte della critica, la software house ha iniziato perdere pathos, offrendo una trama di gioco diluita tra missioni secondarie e principali e smarrendosi talvolta in missioni prive di senso e completamente fuori contesto. L’arrivo di Assassin’s Creed: Valhalla per molti è stata una ventata d’aria fresca: la software house ha puntato ancora più su una vastità di gioco davvero sorprendente, offrendo una miriade di contenuti e rifinendo il gameplay visto nei precedenti due capitoli. Se per molti Valhalla è stato l’apice della trilogia, per molti altri anche questo capitolo è stata un’enorme delusione. Tra archi narrativi diluiti, una formula di gioco sempre più lontana dalle origini della saga, un arco temporale più enigmatico e ancora una volta poco chiarificatore, portano la serie verso una direzione fumosa e poco chiara.
Il futuro della saga
Non è chiaro come Ubisoft sia intenzionata a portare avanti la saga di Assassin’s Creed: tra rumor e leak è chiaro che un nuovo capitolo della saga è in sviluppo ma non ci è dato sapere la direzione che Ubisoft intende intraprendere con i nuovi capitoli della serie. Complessivamente l’ultima trilogia non è malvagia se viene analizzata come titolo Action-RPG, ma se questi capitoli vengono paragonati agli altri Assassin’s Creed è palese come snaturino l’intera saga, compromettendone la componente narrativa. Nella speranza che la saga accolga nuovi capitoli è lecito sperare che Ubisoft decida di abbandonare questa formula di quantità e ridimensioni la propria produzione in favore di una maggiore qualità perché Origins, Odyssey e Valhalla sono degli ottimi RPG, e presentano un buon sistema di combattimento, ma sono capitoli che si allontanano troppo dalle origini di AC. Se questa è la strada che Ubisoft vuole intraprendere sarebbe più logico abbandonare il brand e proporre una produzione nuova mantenendo questi elementi “massive open world”, per proseguire invece con una produzione più lineare e focalizzata su una forte componente narrativa con le nuove iterazioni della saga di Assassin’s Creed. Questo, almeno, è come la vediamo noi. E tra di voi chi è favorevole e chi no a un ritorno alle origini di Assassin’s Creed?