37 anni di Zelda aspettando Tears of the Kingdom
Lungo la strada verso il diciannovesimo capitolo, ripercorriamo la storia di The Legend of Zelda cominciata 37 anni fa, il 21 febbraio 1986.
Ricordo benissimo quando alla fine degli anni ’90 giocai – con un certo ritardo, ma ero solo un piccino – al primo The Legend of Zelda sul caro e vecchio NES, con la cartuccia dorata che sembrava di possedere un artefatto leggendario tra le mie placide mani. E ricordo benissimo le prime aree di gioco tra la visuale dall’alto in un mondo bidimensionale, l’esplorazione nei dungeon, i nemici da sconfiggere e il prode spadaccino verde di nome Zeld…. ehm volevo dire, Link.
In un giorno come questo, il 21 febbraio, è doverosissimo fare gli auguri a The Legend of Zelda. A una saga che ha fatto indubbiamente la storia dell’industria videoludica e che continua ad incantare vecchie e nuove generazioni di giocatori come se fosse la prima volta. 37 candeline da spegnere sulla torta sono tantissime, difficile da raggiungere per una saga videoludica qualsiasi. Ma ancora più difficile è mantenere al giorno d’oggi quella freschezza qualitativa con saggezza, coraggio e forza. Esattamente come i tre frammenti della leggendaria Triforza legata alle tre dee hyruliane Nayru, Farore e Din.
In attesa del capitolo numero 19 della serie principale con The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, saliamo sulla macchina del tempo per intraprendere un maratonico viaggio alla scoperta della leggenda della principessa e del suo maestoso regno di Hyrule.
I primi passi della leggenda hyruliana
The Legend of Zelda nasce dall’ispirazione di Shigeru Miyamoto circa le sue continue esplorazioni nella zona collinare vicina al suo quartiere natale a Kyoto, dove spesso da giovane si avventurava nei meandri delle foreste ricche di laghi e caverne. Queste esperienze sono servite al nipponico per iniziare a costruire lo scheletro ludico del primo titolo della leggenda: un’avventura 2D con dungeon ed elementi da rompicapo, perfetta per proporre al pubblico qualcosa di diverso dai soliti platform che in quel periodo abbondavano i cabinati e le console da gioco. Il 21 febbraio 1986 il primissimo capitolo di Zelda fa il suo debutto in Giappone, mentre l’anno successivo esce dai confini del Sol Levante per essere commercializzato in Occidente sul NES.
Negli anni seguenti, la saga comincia la sua piccola e radicale evoluzione. Con Zelda II: The Adventure of Link (1987) la serie ha intravisto meccaniche GDR con elementi platform, mentre il team di sviluppo è stato completamente rinnovato tranne per Miyamoto, che rimane alla direzione. In The Legend of Zelda: A Link to the Past (1991) e The Legend of Zelda: Link’s Awakening (1993) si ritorna alla visuale a volo d’uccello e ai dungeon che hanno caratterizzato il primo capitolo, migliorandone ovviamente la struttura di gioco. Inoltre Link’s Awakening è il primo capitolo di Zelda che fa il suo debutto su una console portatile, il Game Boy.
Il culmine più alto di sempre
Il primo vero salto di qualità della saga arriva su Nintendo 64: sotto la direzione di Shigeru Miyamoto, l’11 dicembre 1998 debutta sul mercato europeo The Legend of Zelda: Ocarina of Time, titolo ancor oggi rimasto saldamente al primo posto su Metacritic con la straordinaria media di 99/100 basata su 22 recensioni. Con più di 7,6 milioni di copie vendute in tutto il mondo, il quinto capitolo di Zelda ha portato con sé una moltitudine di novità, tra i quali il significativo passaggio all’avventura in 3D e l’innovativo sistema di combattimento basato sull’agganciamento dei bersagli, chiamato in gergo tecnico Z-targeting. Grazie a queste caratteristiche, molti critici considerano Ocarina of Time come il vero capostipite degli action-adventure tridimensionali odierni.
Il 17 novembre 2000 esce in Europa The Legend of Zelda: Majora’s Mask, un titolo simile e allo stesso tempo diverso dal suo capolavoro predecessore. Cambia la location, che dal regno di Hyrule si passa nel nuovo mondo di Termina; cambiano l’atmosfera, un po’ più dark del solito, e alcune meccaniche di gioco che rendono questo capitolo molto articolato nell’approccio. Anche la direzione subisce una modifica, dove al posto di Miyamoto figurano due volti importantissimi come Eiji Aonuma e Yoshiaki Koizumi, che avevano già collaborato allo sviluppo di Ocarina of Time. Majora’s Mask chiude molto bene il ciclo vitale di Nintendo 64, con la media di 95/100 su Metacritic e vendendo circa 314.000 copie nella prima settimana in Giappone.
Lo zampino di Capcom
Nell’ottobre 2001 arrivano in Europa sia The Legend of Zelda: Oracle of Ages che The Legend of Zelda: Oracle of Seasons per il Game Boy Color. Questa coppia di titoli non è stata sviluppata da Nintendo in persona. O meglio, la casa di Kyoto ha voluto delegare il lavoro niente meno che a una sussidiaria di Capcom chiamata Flagship, con lo scopo di creare due Zelda interattivi tra loro in modo simile a quanto ha fatto al tempo – e fa tutt’ora – la serie Pokémon di Game Freak. Alla direzione del duo di titoli zeldiani c’è Hidemaro Fujibayashi, tra l’altro ex collaboratore di Capcom dove era entrato nel 1995.
Ma Oracle of Ages e Oracle of Seasons non sono gli unici giochi di Zelda ai quali Capcom e la sua Flagship hanno sviluppato. Negli anni successivi iniziano a lavorare su un nuovo titolo della saga per il Game Boy Advance, ovvero The Legend of Zelda: The Minish Cap. Rilasciato nel novembre 2004, si tratta di un capitolo fondamentale per approfondire bene la trama di The Legend of Zelda: Four Swords (2002), in quanto Minish Cap è il prequel temporale di quest’ultimo che ruota attorno alla nascita della Quadrispada e all’antagonista Vaati, presente anche in The Legend of Zelda: Four Swords Adventures su GameCube (2005 in Europa).
Con il vento in poppa
Dall’altra parte, Eiji Aonuma prosegue spedito con la realizzazione del suo secondo titolo della serie, The Legend of Zelda: Wind Waker, uscito su Nintendo GameCube il 3 maggio 2003 in Europa. Questo capitolo introduce l’erede della principessa Zelda di nome Dazel, una giovane piratessa a capo di un equipaggio tutto suo (tra l’altro Dazel è l’anagramma di Zelda, giusto per dire).
Un’altra novità è rappresentata dall’utilizzo della grafica 3D in cel-shading, che offre all’avventura piratesca un aspetto visivo molto più cartoonesco. Uno stile inedito per la saga, ma che verrà adottato anche sui sequel temporali usciti su Nintendo DS quali The Legend of Zelda: Phantom Hourglass (ottobre 2007) e The Legend of Zelda: Spirit Tracks (dicembre 2009), che di fatto chiudono la linea temporale del Link adulto avviata da Wind Waker.
Il Crepuscolo e l’Oltrenuvola
Il più importante progetto per Aonuma arriva nel dicembre 2006, quando nel giorno del lancio di Nintendo Wii viene pubblicato The Legend of Zelda: Twilight Princess. Disponibile su GameCube e la console bianca della grande N, questo capitolo presenta una veste grafica più realistica di quella portata da Wind Waker, un’atmosfera più cupa e profonda e un nutrito cast di personaggi ben caratterizzato. Oltre all’indissolubile trio Zelda-Link-Ganondorf, figurano anche Midna e Zant, rispettivamente la principessa e l’usurpatore al trono del Regno del Crepuscolo. Inoltre la versione per Wii sfrutta a pieno i sensori di movimento del Wiimote, che regalano ai giocatori un’esperienza di gioco mai vista prima.
In chiusura della cerchia di Zelda su Wii, il 18 novembre 2011 esce The Legend of Zelda: Skyward Sword, diretto da Hidemaro Fujibayashi. Temporalmente il prequel di tutti i capitoli zeldiani usciti, il titolo ci presenta la principessa Zelda e l’eroe Link originari dell’isola galleggiante di Oltrenuvola. Come nel suo predecessore, Skyward Sword gode di tutte le potenzialità del Wiimote, raffinate al meglio dall’innesto del Wii Motion Plus, un supporto collegabile nella parte inferiore del controller di Wii introdotto la prima volta con Wii Sports Resort.
Mondi nuovi da scoprire
Dopo l’epilogo di Wii con Skyward Sword, la saga di Miyamoto è approdata nel novembre 2013 anche su Nintendo 3DS con The Legend of Zelda: A Link Between Worlds, diretto da Hiromasa Shikata e considerato il sequel temporale di A Link to the Past, da cui ha preso diversi elementi per costruire le sue fondamenta. Si ritorna alla visuale a volo d’uccello che ha caratterizzato i primi capitoli, questa volta con la grafica tridimensionale stereoscopica e un level design più stratificato. E in aggiunta ci sono un nuovo regno, ovvero il tetro Lorule, e un nuovo antagonista chiamato Yuga.
Zelda chiuderà il suo ciclo su Nintendo 3DS nell’ottobre 2015 con il sequel diretto di A Link Between Worlds, The Legend of Zelda: Tri Force Heroes, dove a farne da padrone ci pensano… l’abbigliamento e la moda. E non è tutto: in questo capitolo abbiamo una nuova location rappresentata dal mondo di Hytopia e soprattutto un nuovo approccio tendente al multiplayer cooperativo.
La nuova Quinta essenza
Come recita una famosa canzone di Ligabue, il meglio deve ancora venire. E chiusa la parentesi 3DS, il 3 marzo 2017 diventa un giorno importantissimo per Eiji Aonuma e l’intera industria videoludica. Due giorni dopo l’uscita mondiale di Horizon Zero Dawn su PlayStation 4, la grande N sfodera due colpi da novanta sul mercato: la nuova piattaforma ibrida Nintendo Switch e The Legend of Zelda: Breath of the Wild al lancio della console (qui la recensione del gioco).
Con il supporto di Monolith Soft, lo studio dietro la serie di Xenoblade Chronicles – e il recente Xenoblade Chronicles 3 – Aonuma sforna uno Zelda totalmente nuovo, che prova coraggiosamente a uscire fuori dai soliti schemi conservandone in parte l’anima primordiale della saga. A iniziare dall’ingresso del doppiaggio localizzato in tutte le principali lingue, dallo stile artistico in cel-shading e dalla struttura open world complessa e ricca d’interazione. Queste importanti novità hanno reso Breath of the Wild un titolo altamente promosso dalla critica e pubblico, con una valutazione media di 97/100 su Metacritic e aggiudicandosi parecchi premi tra cui il GOTY ai The Game Awards 2017.
“Svegliati… Svegliati… Svegliati… Apri gli occhi, Link!”
Il futuro nelle Lacrime del Regno
Tantissimo tempo è passato dalla prima volta che la leggenda ha mosso i suoi primi passi e nonostante tutto, non ha alcuna intenzione di abdicare. Nei minuti finali della conferenza di Nintendo all’E3 2019 di Los Angeles, viene annunciato a sorpresa l’inizio dello sviluppo di quello che sarà il sequel diretto di Breath of the Wild, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. L’apoteosi di applausi da parte dell’industria è un’ulteriore prova di come questa saga sia in grado di regalare forti emozioni all’universo videoludico, impaziente di mettere mano sull’opera di Eiji Aonuma prevista il 12 maggio 2023 su Nintendo Switch. Solo pochi mesi e tutti noi possiamo finalmente volare tra le lacrime del regno!
“Link… temo che nemmeno tu… riuscirai a sconfiggerlo”.