2023: Età dell’oro o inizio di un declino?

2023 Un anno da ricordare nonostante i copiosi licenziamenti?

VIDEOGIOCHI 2023

In questi ultimi giorni del 2023 gli addetti ai lavori e la comunità videoludica si interrogano di frequente sullo stato dell’industria dei nostri sogni. Tali dubbi e perplessità nascono principalmente dalle notizie – preoccupantemente frequenti – di licenziamenti di cospicue percentuali della forza lavoro di gruppi insospettabili, nonché di chiusure di software house di fronte a fallimenti di un solo titolo.

A fare da contraltare a questa situazione ci pensa l’uscita nel corrente anno di una serie di capolavori, sia tripla A che indie, mai vista prima in queste proporzioni: Baldur’s Gate 3, Starfield, Cocoon, Resident Evil 4, Cyberpunk Phantom Liberty, Sea of Stars, FC 24, Street Fighter 6, Super Mario Wonder e chi più ne ha più ne metta.

Molti sviluppatori hanno però messo in guardia tutti noi, scindendo drasticamente l’uscita di bei giochi dalla situazione dell’industria, che a detta loro sarebbe in grave pericolo, dovendo prepararsi a fronteggiare un futuro poco roseo. Ma allora dove sta la verità? Forse, come sostenevano i latini, risiede nel mezzo? O forse i due aspetti sono entrambi veri e potranno continuare a coesistere?

Nonostante i licenziamenti nell’industria, il 2023 è un anno florido per i videogiochi

A parere di chi scrive, in realtà il contesto videoludico non potrebbe essere più florido. Ma come, i licenziamenti dell’8% in media della forza lavoro di colossi quali Unity, Epic Games, Team 17 ed addirittura Naughty Dog (con il suo ora ufficiale The Last of Us Part II Remastered), CD Projekt Red, Ubisoft ed EA ti sembrano una questione da nulla, direte voi? No, ma ritengo siano spiegabili con motivazioni che nulla hanno a che fare con un tracollo dell’industria che non conosce (conosceva?) crisi.

Se facciamo un passo indietro e guardiamo la questione da un punto di vista maggiormente globale, balza subito agli occhi un elemento destabilizzante che non ha mai fatto parte dell’equazione fino ad ora: la pandemia. Ma guarda, caro redattore, che la pandemia non ha portato altro che benefici al settore, con incrementi di fatturati a tripla cifra.

Vero, ma è proprio questo il punto: tutto l’indotto è aumentato a dismisura, generando una bolla che inevitabilmente è, parzialmente, esplosa nel momento in cui le cose sono tornate alla normalità e le persone hanno ritrovato le consuete alternative ed occupazioni. Solo che nel frattempo le case produttrici hanno assunto migliaia di dipendenti per far fronte al vorace incremento di richiesta.

Allo stesso modo si sono comportate la maggior parte delle big tech della Silicon Valley facenti parte del Nasdaq, che sono dovute poi correre ai ripari con migliaia di licenziamenti: non ne sono stati certo esenti Meta, Amazon, Alphabet, Microsoft, Apple e così via. Ma i livelli di occupazione odierni, anche dopo queste ondate di licenziamenti, sono ancora superiori al periodo pre-pandemia.

Dal punto di vista prettamente videoludico occorre prendere in considerazione il fatto che il mercato videoludico può ormai dirsi maturo. Maturo, non saturo.

Così come maturi possono essere considerati la maggior parte dei videogiocatori, i quali non si accontentano più di un discreto gioco per allentare i cordoni della borsa. E perché dovrebbero? La produzione artistica in quest’ambito non è mai stata cosi’ florida: negli ultimi tempi sono usciti 5/6 giochi a trimestre che necessitano di un investimento dalle 40 alle 100 ore per essere completati, insieme ad Indie bellissimi e ad una buona dose di capolavori.

In questo contesto è normale che chi esce con una mezza delusione, magari basandosi solo sul nome del gioco (seguiti, tie-in), o semplicemente non riesce a sfornare un gioco eccelso da tutti i punti di vista o innovativo quanto basta, vada incontro ad una sonora bacchiata, non solo a livello di critica, ma soprattutto economica.

Indie, mercato videoludico, varietà

Perché oggi produrre un gioco costa, e tanto; tale aspetto non riguarda solamente i tripla A (lo diceva già Layden nel 2020), ma con la concorrenza che si è (fortunatamente per noi fruitori) creata, ogni sviluppatore deve fare i conti con un possibile fallimento finanziario, e gli esempi di chi riesce a produrre un capolavoro a costi contenuti si contano ormai sulle dita di una mano.

Ma è giusto e normale che sia così quando un mercato diventa maturo: forse che a Hollywood la situazione è differente? Con l’esplosione delle piattaforme di streaming e la proliferazione di serie TV, ma anche film, i facili guadagni e le pellicole d’avanguardia hanno lasciato presto il posto ad una concorrenza bestiale, ed alcuni produttori semplicemente non hanno retto alla selezione naturale, anche solo per il flop di un progetto medio/grande.

Ma di tutto questo chi ne gode e beneficia è il pubblico. Siamo noi.

Specialmente per chi vi s’è affacciato negli anni 80’ ed oltre, la situazione attuale appare come un paese dei balocchi: una varietà di giochi e di generi incredibili, una qualità grafica nelle vette dell’eccellenza fantastica (la prossima frontiera sarà rappresentata dall’Unreal Engine 5, poi cos’altro? Realtà virtuale veramente immersiva?), un sano professionismo che si giova delle opinioni di tutti i giocatori in modi prima impensabili ed ora accessibili grazie a Beta ed ai social.

Quando finalmente riusciamo a ritagliarci del tempo per giocare abbiamo l’imbarazzo della scelta, e la maggior parte delle opzioni ci lascia a bocca aperta; c’è proprio la smania di divertirsi con il proprio gioco del cuore e del momento.

Per chi si lamenta dei prezzi ricordo che è’ possibile usufruire di sconti durante l’arco di tutto l’anno su praticamente tutti i giochi grazie a Steam o addirittura scaricarsi giochi gratis da Epic Games o Amazon, oppure godere di servizi quali il Game Pass della Microsoft (assurdo godere per quella cifra di Starfield, Cocoon e Lies of P solo nell’ultimo mese).

Tutte le produzioni godono di patch per correggere bug o manchevolezze piccole o grandi; la maggior parte dei giochi viene seguita e aggiornata e se ha avuto successo accompagnata con DLC che ne aumentano la longevità a dismisura; ci sono games as service per definizione gratuiti e che da soli cannibalizzano il tempo degli appassionati.

È possibile giocare a Magic The Gathering completamente gratis con una piattaforma che non ha nulla da invidiare ai judges di primo livello, o competere con giocatori di tutto il mondo alle migliori simulazioni calcistiche mai immaginate o partecipare agli europei di Super Mario Kart 8; siamo in attesa di una nuova consolle prodotta dalla Nintendo molto probabilmente estremamente più potente, ibrida e retrocompatibile.

Per certi versi è come se i sogni dei videogiocatori degli anni 80’ si fossero materializzati, perché davvero questi anni di evoluzione sono andati a colmare ogni lacuna e bisogno avvertiti in quei mitici e pioneristici anni, (tra l’altro rivivibili grazie agli emulatori, al pass Nintendo Online e ai remake) perciò giocate fiduciosi e godetevi i giochi appieno, perché il videogioco non è mai stato cosi’ in salute!

Certo, una ricetta per evitare disastri commerciali e di conseguenza finanziari potrebbe essere, a mio parere, quella di accorciare la vastità dei giochi più mastodontici, perché forse gli open world da 80+ ore, oltre a dissanguare le software house e ad avere un po’ stufato, concorrono giocoforza a diminuire il numero di giochi venduti a scapito delle altre produzioni magari della stessa software house, dato il limitato tempo a disposizione che impone scelte sanguinose.

Ma questo sarà la legge della domanda a determinarlo, e spetta a noi videogiocatori indirizzare le scelte della case produttrici, senza contare che la varietà di scelta è uno degli obbiettivi a cui tendere, e che c’è veramente spazio per tutti. Tranne che per chi non ce la fa.

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