Tom Clancy’s Splinter Cell: Blacklist – [E3 2013] Splinter Cell: Blacklist
È indubbio che negli ultimi anni la saga di Splinter Cell abbia indotto tutti i fan a un momento di crisi e incomprensione nei confronti di come il brand si fosse sviluppato nel corso delle generazioni: lo stealth che ci aveva accompagnato ai primordi della PlayStation 2, con un Sam Fisher vestito di nero e reso famoso dalla cellula fantasma che non può essere vista e notata, era andato quasi a sparire con Convinction e lo stesso timore c’era per Blacklist, presentato quasi come uno sparatutto à la Call of Duty. Per fortuna, o anche per giusta razionalità da parte degli sviluppatori, Sam Fisher ora può tornare a fare quello che meglio gli riesce, ovvero nascondersi nell’ombra ed evitare gli scontri all’aperto: la struttura stealth è stata quasi completamente recuperata e nonostante un imbastardimento figlio delle migliori features riproposte da Convinction, Blacklist torna all’origine della cellula. All’E3 abbiamo avuto modo di testare la demo singleplayer del titolo, che ci ha lasciati ottimisti circa il futuro del brand potendovi assicurare che lo stealth alla Ubisoft non è morto.
La demo che abbiamo potuto testare non veniva estrapolata, purtroppo, dai momenti iniziali dell’avventura, quindi la difficoltà di una situazione più avanzata si è notata soprattutto nel trovare il percorso giusto da intraprendere per arrivare all’obiettivo: inutile dire che i Game Over sono stati diversi, con gioia in verità, a causa soprattutto della difficoltà di poter affrontare due o tre avversari armati di fucile automatico. Nascosti nell’oscurità abbiamo avuto modo non solo di riutilizzare, con grande piacere, il sensore termico o il visore notturno, per poter meglio intravedere e immagazzinare i movimenti dei nostri avversari, ma anche di risultare completamente invisibili aspettando il momento opportuno per attaccare. Le stesse arrampicate, che, per ammissione degli sviluppatori stessi, ricordano molto quelle di Assassin’s Creed (d’altronde è Ubisoft, cosa vi aspettate?), ci hanno permesso di divertirci con i malcapitati: prenderli alle spalle ci permetteva sia di stordirli per poi raccogliere i corpi e gettarli nel vuoto, o anche prenderli al collo e usarli come scudo umano o anche, più crudelmente parlando, sbattere loro la testa sul pavimento e mandarli a miglior vita. Tutti modi efficaci e allo stesso tempo degni del miglior fantasma della notte.
L’esplorazione è stata affidata in particolar modo a delle sessioni sui tetti, dove siamo stati chiamati ad arrampicarci spesso e ad alternare il nostro avanzare a momenti di infiltraggio nelle stanze del palazzo sul quale si consumava la nostra arrampicata. L’utilizzo di fumogeni è stato all’ordine del giorno, soprattutto nelle fasi in cui l’ombra non ci poteva essere amica e gli spazi erano eccessivamente aperti. Una nota che ci ha fatto temporaneamente, fino a chiarimenti successivi degli sviluppatori, storcere il naso è rappresentata dal drone, un gadget in possesso di Fisher che può essere attivato in qualsiasi momento: trattasi appunto di un droide volante che può essere telecomandato col vostro controller e indirizzato in qualsiasi luogo intorno a voi a sparare ai vostri avversari. Questi cadranno al suolo senza accorgersi della presenza del vostro gadget volante, sia perché molto silenzioso sia perché praticamente infallibile: l’interruzione della trasmissione avveniva o perché distrutto da un avversario o perché terminava la distanza a disposizione del raggio d’azione ed eravate costretti a far tornare a voi il drone. Ci è stato spiegato che l’utilizzo va moderato e che avremo la possibilità di sfruttare questo espediente soltanto due volte per capitolo: nei livelli di difficoltà avanzati, inoltre, il drone viene dimezzato potendo essere utilizzato soltanto una volta. È comunque un dispositivo che può togliervi dai guai facilmente e che rischia di semplificare molto l’azione: il fatto di poterne avere accesso limitato sicuramente migliora la gestione del tutto.
Viene riproposto anche il sistema di Point Shooting, già visto in Convinction e riproposto di recente anche in Hitman Absolution: il sistema vi permette di marcare gli avversari a serie di massimo quattro e sparare in sequenza, automatica, nei punti dove avete lasciato il vostro target. Un altro sistema facile e immediato per sbarazzarsi di una serie di nemici: nella demo, però, non siamo mai riusciti a utilizzarlo, pur riuscendo a puntare almeno un avversario. Il motivo era la necessità di dover rimanere nascosti e la quasi totale impossibilità di poter sfruttare gli spazi aperti per mirare al meglio: un vantaggio per la difficoltà e uno svantaggio per chi cerca soluzioni immediate alle sue sparatorie.
Per concludere, comunque, Splinter Cell Blacklist ha dimostrato anche un ottimo livello grafico e un level design ispirato, come è giusto che sia alla Ubisoft che in materia è campionessa indiscussa. Un ritorno alle origini importante, pur mantenendo lo stile più moderno dei titoli di azione, con situazioni classiche senza una buona varietà di gameplay che vi permetterà di essere più rapidi e più avvezzi allo shooter che altro. Sicuramente una decisione che non dispiacerà perché se Metal Gear Solid V decide di diventare open world e mancare Snake a cavallo, perché Splinter Cell Blacklist non potrebbe decidere di far assaltare un vagone merci con un fucile automatico a Sam Fisher? Situazioni che fanno parte delle leggi di mercato, ma che non vanno comunque a intaccare il prodotto per quello che è. Splinter Cell Blacklist resta uno stealth, molto modernizzato, ma pur sempre uno stealth. L’uscita è fissata per il 22 agosto prossimo per Xbox360, PS3 e PC, che è stata la versione da noi provata tramite controller dell’Xbox. Un titolo che darà nuovamente gioia alla saga e al brand.