Reanimal ANTEPRIMA | GAMESCOM 2024
Quando un IP ti rimane nel cuore, non puoi che riprodurla ovunque, no?
Credo non ci sia troppo da discutere: Reanimal è fra gli annunci più interessanti dell’Opening Night Live di qualche giorno fa, oltre a quel Secret Level che però appartiene ad un altro ideale contesto mediatico (se ti serve un recap della serata, ti rimando all’ottimo lavoro del nostro Matteo Murri.
Si sa che dopo la “scissione” da Bandai Namco e la ritenzione di questi dell’IP “Little Nightmare”, Tarsier avrebbe dovuto essenzialmente reinventarsi, almeno a livello di brand, ma in molte e molti erano anche sicure/i che la competenza tecnica e l’interessante spinta narrativa del team non sarebbero certo state lasciate indietro.
Si vociferava quindi di un nuovo horror, forse proprio sulla falsariga di Little Nightmares, ed era proprio all’Opening Night Live che molti si aspettavano di vederlo per la prima volta. A volte i desideri si avverano e infatti ecco il primo trailer effettivo (c’era stato un teaser non molto tempo fa) della nuova opera di Tarsier Studios, studio di sviluppo svedese con sede a Malmö.
Reanimal ANTEPRIMA GAMESCOM 2024
Ora, dimmi quanto effettivamente ti ricorda Little Nightmares? E non trovi ironico che nello stesso evento giusto l’anno scorso si sia visto il suo terzo capitolo, ora in mano a Supermassive?
Beh, Gamescom 2024 non ha paura di portarli entrambi sullo showfloor, in uno scontro che sulla carta sembra pari ma che, anche in funzione del nostro provato di entrambi, potrebbe avere un risultato per alcuni sorprendente. Non sarò io a parlarvi di Little Nightmares 3 quindi vi rimando, appena possibile, al contenuto relativo dello straordinario Federico De Santis.
Se sullo showfloor, infatti, è possibile provare una piccola sezione di gioco di questo platforming dalle tinte horror, nei dietro le quinte dello showfloor si può avere la fortuna di guardare oltre la tenda e parlare direttamente con chi questo gioco l’ha creato.
Nel caso dell’hands-off che sto per raccontarvi, sono stati un producer, un tech designer e un narrative a svelare qualche piccolo dietro le quinte, a mo’ di dev diary… ma partiamo dal design pillar, aka il centro dell’esperienza ludica che le bellissime persone di Tarsier vogliono restituire.
Prima, horror d’atmosfera, poi… “essere impauriti insieme”
Uno degli elementi forse più evidenti che, ad un occhio leggermente più esperto, contraddistinguono Reanimal sono sicuramente l’utilizzo della telecamera e la natura couch coop del titolo.
Entrambe sono affluenti del design pillar, l’aspetto che più si è sensibilmente evoluto (o forse semplicemente cambiato) dalla partenza di Tarsier come studio.
Al centro di Little Nightmares c’era infatti la voglia di raccontare l’orrore, soprattutto a livello di telecamera, ma visto dagli occhi di bambino, motivazione per la quale tutto sembrava costantemente più grande di noi, quasi deformato nel suo bisogno di richiamare cose che chiaramente hanno missioni diverse.
L’idea alla base di Reanimal, e quella che sembra più centrale per il team, è invece un mantra, una sorta di richiamo ma anche mezzo di “perdizione”: essere impauriti in compagnia. Ecco che allora tutti gli elementi di gioco parlano in quel senso, dal couch coop appunto, alla telecamera non più fissa in laterale ma dinamica.
Nel caso del coop, i dev hanno confessato di aver speso un bel po’ di tempo, in fase di playtest della MVP (“minimum viable product”, ossia il minimo da raggiungere per avere un loop di gioco completo), per capire come ottenere il maggior senso di “paura in coppia”, sperimentando in particolare con lo split screen ma non arrivando mai a sentire davvero il feel che desideravano.
Gli eleganti compromessi fra stile e performance
Nella sezione di gameplay di circa 15 minuti questo feel si è manifestato in modo praticamente continuato, e la IA del nostro fratellino/sorellina ha tenuto il passo di chi aveva effettivamente il controller in mano.
In un momento di fuga da un enorme ragno peloso senza testa, con arti umani al posto delle zampe, la telecamera ha acquisito un dinamismo davvero inaspettato, e ho particolarmente apprezzato lo shift di 90° verso il basso per un inseguimento in verticale lungo le impalcature in legno di una torre.
In particolare una sezione di gioco mostrata è stata realizzata con un utilizzo quasi ininterrotto di un piano sequenza, una consecutio di eventi che, pur nel caos di uno showfloor mai troppo quieto e nel contesto di una stanza condivisa con altre 7 persone (quindi non propriamente nel mindset più prono a lasciarsi immergere in una narrazione horror), ha catturato l’attenzione di tutti gli addetti della stampa presenti.
Le abilità di Tarsier, in questo Reanimal, sono evidenti, ma sono le parole dei dev a rimarcare ancora di più quanto il titolo sia prima di tutto un gioco per loro che l’hanno creato: ”Noi creiamo il gioco che crediamo possa funzionare meglio, poi confidiamo e speriamo che il pubblico la pensi come noi”.
In questi ragionamenti, e ho voluto chiederlo espressamente, la durata non è mai discussa ad alta voce ma è costantemente un reminder che i dev hanno fisso in testa: “Non possiamo essere un tripla A, non vogliamo essere un doppia A che poi inevitabilmente fallisce; miriamo più alla natura tripla I, alla NOSTRA nicchia di genere e pubblico”.
Pretesti narrativi e ponti fra generazioni
La narrazione di Reanimal, almeno inizialmente, è e sarà un pretesto: i due fratellini protagonisti vogliono tornare sull’isola dalla quale sono da non molto fuggiti per poter recuperare i loro amici e “rimettere insieme la banda”. Arrivati lì, da subito capiscono che qualcosa non va, e che strani animali “distorti” sembra imperversare in lungo e in largo sull’isola.
Il gioco sta in equilibrio fra sezioni più lineari, fatte per lo più di esplorazione dell’ambiente, fuga e piccoli puzzle, e sezioni più ampie, affrontate su una piccola barchetta, utilizzata sia come contesto dei story drop (=i momenti nei quali un NPC o companion solitamente porta avanti la storia, spiegandotela) che come mezzo per esplorare l’isola e le sue eventuali aree nascoste.
Questa è la sezione alla quale il narrative director sembra più legato, proprio per come porta avanti la storia senza lasciarti troppo come un passeggero a cervello spento, e perché stimola il senso di scoperta che è sì infantile ma che mai ci lascia veramente, e che alcuni giochi e generi sfruttano e coltivano a dovere.
I dev riconoscono che meccanicamente, ossia analizzando la quantità di input che il gioco richiede e la complessità dei comandi necessari per sopravvivere all’avventura, Reanimal non è complesso, offrendosi quasi più come un ponte fra generazioni.
Il team riesce infatti perfettamente a concepire l’idea di una figlia o figlio che voglia giocare Reanimal con un genitore, ironicamente paragonando quanto avviene a schermo con le vecchie fiabe, quelle “prime versioni” che certo non nascondevano – o si nascondevano dietro a – finali dolci e a lieto fine.
Reanimate ha da dire, e l’assenza del brand Little Nightmare è praticamente un contributo a somma zero, soprattutto di fronte alla competenza tecnica e narrativa di Tarsier. Per ora, è insomma a pieno diritto un #giocodaseguire!
Ora, se vuoi rimanere informato su tutto quello che abbiamo visto e provato alla Gamescom 2024, ti lascio qualche comodo link per saltare subito a una delle tante altre cose che abbiamo creato apposta per te, come il nostro provato di Fairy Tail 2, il provato di Crimson Desert, e infine il provato del prossimo gioco di Dragon Ball, tutto scritto da Luca Grasso.