Pro Evolution Soccer 2018 – Provato
Il calcio che conta va in vacanza fino ad agosto inoltrato, sostituito dai rumori su un colpo di mercato mancato, da amichevoli di lusso giocate in Qatar a 52 gradi centigradi o dai primi turni delle coppe europee, in cui si sfidano a suon di stop mancati e gol rocamboleschi la terza classificata del campionato azero e la fresca vincitrice della massima serie macedone. Questo periodo di pausa coincide, però, con settimane in cui le versioni virtuali dello sport più amato dagli italiani iniziano a scaldare i motori e a sfidarsi a suon di roboanti promesse, annunciando che le prossime edizioni saranno quelle che, puntualmente, rivoluzioneranno il genere: che il duello tra Fifa 18 e Pro Evolution Soccer 2018 abbia inizio.
Nelle settimane passate vi abbiamo messo a conoscenza di tutto ciò che c’è da sapere su Fifa 18, con una ricca anteprima in cui potete trovare le molte novità del prossimo capitolo. Negli scorsi giorni siamo stati invece ospiti in quel di Milano negli studi di Digital Bros, per assistere alla presentazione e per provare con mano il diretto rivale di Fifa, quel Pro Evolution Soccer riavvicinatosi ai suoi fasti del passato da un paio di stagioni grazie all’utilizzo del Fox Engine targato Kojima, ma soprattutto grazie ad un approccio meno arcade e più marcatamente simulativo. Se PES 2017 è stato il capitolo del rilancio, per questo 2018 siamo pronti ad assistere ad un duello ancora più serrato fra i due più alti rappresentanti del genere, pronti a spartirsi la ricca utenza di riferimento a suon di migliorie grafiche, animazioni più vere e una totale immersività: PES 2018 si presenta come un’edizione realmente nuova e capace di lanciare il guanto di sfida al suo storico rivale.
Prima di mettere le mani sul pad e tastare con mano i passi avanti fatti da Pro Evolution Soccer 2018, la palla è passata a Kei Masuda (producer) e Adam Bhatti (Global Product & Brand Manager), i quali hanno passato in rassegna i tanti punti in cui l’edizione 2018 ha subito notevoli implementazioni, tutte quante votate al regalare al giocatore un maggior feeling e controllo sulla sua squadra e sul ritmo della partita.
Chiunque abbia provato a lungo la precedente edizione, non appena poserà le sue dita sul pad e inizierà a tessere le proprie trame di gioco con le nuove rose – ancora non presenti nel nostro test – in PES 2018, si troverà davanti un gioco che si è lasciato alle spalle tutti gli ultimi residui di quell’impostazione arcade e più semplificata che accompagnano la serie per dieci anni. Niente più spalla a spalla infiniti, niente più giocatori che si muovo lungo invisibili binari, dimenticatevi pure quei rimpalli precalcolati e quei contrasti in cui anche un agile e brevilineo trequartista poteva buttare giù un roccioso difensore: Pro Evolution Soccer 2018 fa della simulazione uno dei suoi più fieri cavalli di battaglia e la sensazione di muovere giocatori unici, ognuno con i propri punti di forza e di debolezza, emerge sin dalle prime battute.
I calciatori virtuali rispondono ai comandi in modo più fluido e naturale, ma questo non vuol dire che Pro Evolution Soccer 2018 sia andato verso una generale semplificazione del gameplay, anzi. Nelle tre partite di prova, abbiamo utilizzato a rotazione il Borussia Dortmund, il Liverpool e, infine, il Barcellona e in tutti i casi ci siamo dovuti adeguare alle caratteristiche della squadra, giocando al meglio a seconda delle abilità di palleggio degli spagnoli o della velocità e delle verticalizzazioni degli inglesi.
La nota che ci ha maggiormente convinto è stato senza ombra di dubbio l’orientamento dei corpi per la difesa della palla: durante il briefing, Bhatti ha fatto il nome di Marco Verratti per esemplificare quella tipologia di giocatori piccoli ai quali è pressoché impossibile portare via il pallone, sensazione che abbiamo effettivamente provato guidando l’alter-ego virtuale di Andres Iniesta, il quale giocava con il proprio corpo e allontanava gli avversari anche utilizzando le braccia e tenendo basso il proprio baricentro. Sono forse piccoli dettagli, ma sono esattamente quelli che fanno la differenza e che conquistano i cuori degli appassionati, così come le nuove tante tattiche messe a disposizione per rendere finalmente efficaci i calci piazzati, oppure le traiettorie dei cross e dei lanci lunghi diventati ora più verosimili.
Le novità introdotte sono tutte volte ad esaltare quella sensazione di guida completa sulla proprio squadra, della quale dettare ritmi e stile di gioco, allargando sulle fasce per esaltare lo scatto delle proprie ali, magari utilizzando a proprio vantaggio un tocco di palla rivisto – il cosiddetto Real Touch + – con il quale dribblare in agilità il diretto avversario, grazie ad uno stop a seguire fulmineo. Tutte queste implementazioni sarebbero però nulle senza quello che è il vero cambio di marcia attuato da Pro Evolution Soccer 2018, il cui ritmo appare sin dal calcio di inizio molto più lento e compassato, perfetto per esaltare sia le abilità tattiche dell’utente, sia la destrezza con cui eseguire finte e passaggi.
Il rallentamento dell’azione di gioco rende il nuovo capitolo anche più complesso e ragionato, nel quale occorre valutare attentamente ogni singolo scatto, perché i giocatori appaiono ora volutamente meno reattivi, ma allo stesso tempo più umani e inclini a commettere gli errori che vediamo ogni domenica sul rettangolo verde. Grazie alla minore frenesia, PES 2018 riesce anche ad esaltare le numerose nuove animazioni, in primis quelle dei portieri, i quali si comportano ora in maniera meno macchinosa ed eseguono meno gesti “a comparti stagni”: insomma, le parate e i conseguenti insulti ai compagni ora sono molto più in sintonia.
Il nuovo capitolo non si presenta solo in piena forma per quanto attiene al gameplay: anche il Fox Engine è stato tirato a lucido, soprattutto nella ricostruzione delle espressioni facciali, che spaziano dalla gioia dopo un gran gol dal limite dell’area al dolore quando si subisce un intervento da codice penale. Pro Evolution Soccer è sempre stato all’avanguardia da questo punto di vista, ma Kei Masuda ha voluto specificare che molti dei meriti vanno attribuiti agli artisti dietro alla ricostruzione dei volti: per sottolineare il lavoro svolto, il producer nipponico ha fatto passare sullo schermo i visi di alcuni giocatori di prima fascia, come Aguero, Messi o Neymar – solitamente impeccabili e ricostruiti fin nel più piccolo dettaglio – ma anche alcuni calciatori meno noti, come i nostrani Zappacosta e Perin, realmente somiglianti alla loro controparte in carne e ossa. Lo sforzo di Konami non è stato diretto solo verso i ventidue che scendono in campo, ma anche verso tutto ciò che li circonda, a partire dagli spogliatoi, passando per il tunnel d’ingresso dello stadio, fino ad arrivare all’atmosfera che si respira sugli spalti.
Le prime partite a Pro Evolution Soccer 2018 sono state davvero una piacevole sorpresa, al netto delle (prevedibili) sconfitte e di una buona parte di gol subiti sempre con la stessa tattica: palla sulla fascia, cross al centro per l’attaccante che arriva da dietro, zuccata e gol. Quello che però ci ha colpito maggiormente non lo abbiamo scoperto durante la prova in sé, ma dall’introduzione del duo Masuda & Bhatti, vale a dire un rinnovato sistema online, molto farraginoso nelle precedenti iterazioni: in Pro Evolution Soccer 2018 è stata introdotta un’inedita modalità online cooperativa, in cui giocare assieme ad altri utenti – fino ad un massimo di 3vs3 – sia contro la CPU sia contro altri aspiranti calciatori in carne ed ossa. Infine, anche la versione PC di Pro Evolution Soccer 2018 sarà quella di nuova generazione e non più un port dalle vecchie incarnazioni per Xbox 360 e PlayStation 3.
Quest’autunno ne vedremo delle belle e, dalla parte dei giocatori, siamo certi che un po’ di sana competizione non può che fare bene nel mondo dei videogiochi: Pro Evolution Soccer 2018 sembra davvero capace di dare filo da torcere al suo pluridecennale rivale targato Electronic Arts.