No Rest for the Wicked ANTEPRIMA | Moon Studios cambia genere ma rimane fedele a sé stessa
Moon Studio, dopo gli splendidi Ori, prende una scelta coraggiosa e sperimenta con una commistione di generi nella quale comunque riesce a trasparire l'identità dello studio, pur con qualche inciampo. In fondo, però, è un Early Access.
Se come me anche tu segui molti siti diversi, molti content creator e redazioni diverse, avrai notato un certo astio verso il concetto di Early Access, questo strano formato di gioco che, pur a pagamento e disponibile all’acquisto, non è ancora completo, e anzi chiede proprio a questi “investitori e investitrici” (perchè, alla fine, acquistare un titolo in Early Access è precisamente questo) tutti i feedback possibili, per dare al gioco una forma più completa e godibile prima della release ufficiale, di quel 1.0 tanto atteso.
Moon Studios, studio viennese all’opera da 14 anni, non aveva esplorato l’Early Access nei suoi titoli precedenti (Ori and the Blind Forest, nel 2015, e Ori and the Will of the Wisps nel 2020), ma, esattamente come per il “nuovo” genere nel quale il team ha deciso di sperimentare, a volte bisogna prendere coraggio e affrontare l’oscurità.
No Rest for the Wicked ANTEPRIMA | Genere, meccaniche e “scope”
Personalmente, dopo le accuse di sessismo e crunch spuntate nel 2022 (ti consiglio questa lettura), avevo leggermente perso interesse verso lo studio, nonostante io abbia adorato i due Ori, ed è stato solamente l’interesse verso il comparto estetico di No Rest for the Wicked a spingermi a considerarne l’acquisto. Quella che segue è quindi un’analisi quasi totalmente concentrata sulle cose che il gioco deve migliorare, data anche la natura indottrinante dell’Early Access stesso, fonte inestimabile di feedback a caldo su un prodotto ludico così d’interesse.
No Rest for the Wicked, da me provato appunto in Early Access su PC, è il primo tentativo di Moon Studios di sporcarsi le mani con gli action RPG (aRPG, per brevità). Se l’estetica, sin dai primi trailer, è sembrata abbastanza unica, sia per influenze sia per qualità tecnico-realizzativa, nel genere e nelle meccaniche il titolo è contaminato da due grossi nomi, Diablo e i Souls.
No, non credo di poter naturalmente definire No Rest for the Wicked un souls-like, ma c’è molto, delle lezioni impartite da Miyazaki e co., che il team ha imparato, messo da parte, maneggiato e inserito in questo aRPG, ed è necessario partire dal pilastro più evidente della complessa e arzigogolata struttura di gioco: il combat system.
No Rest for the Wicked ha un buon combat system, lo chiarisco fin da subito, e ogni mia osservazione va calibrata (fallo tu, se non riuscissi sempre a trasmetterlo io) nel contesto di un titolo Early Access che, sì, tecnicamente è un prodotto che si compra, ma che comunque non rappresenta in tutto e per tutto il prodotto finito.
Larghezza e Profondità sono mutualmente esclusive, ma qui forse non lo sono, e si sente
È già nei primi minuti di gioco che No Rest for the Wicked ci mette di fronte alla sua idea di combattimento, ed è immediata la sensazione – per lo più corretta – di essere davanti ad una trasposizione isometrica della pesantezza, tecnicità e ritmo dei colpi d’arma che dettano il ritmo di ogni souls-like meritevole del sigillo di qualità. Il nostro alter ego – personalizzato poco prima in un momento di creazione del personaggio piuttosto lineare – è ingombrante, qualità (o maledizione) che l’asset stesso esprime benissimo: la silhoutte umana è contorta, sproporzionata, con braccia fuori scala rispetto al resto del busto, e non c’è troppa grazia nei nostri movimenti.
Con il dizionario souls ben aperto e l’evidente supporto di questa sottolineatura estetica, No Rest for the Wicked ci dice sin da subito che dobbiamo stare attenti a come ci muoviamo e, presto, ad ogni colpo sferzato, roll, o tentativo di parry, linearità di linguaggio che si riflette nella semplicità delle interazioni offensive e difensive (attacco semplice, caricato, roll, difesa). Nel primo contatto con i nemici però l’evidenziazione del “stai bene attent*” passa, nei toni, alla grazia di martello e chiodi: i nemici sono costantemente più di noi, sono pericolosi e non ci lasciano aperte troppe possibilità.
La prima frizione fra larghezza e profondità si sente proprio qui, con i primi colpi di combat system che sembra incerto e poco definito, intrappolato in una fase di sviluppo più adatta ad un momento di prototipazione che di Early Acces: gli i-frame sembrano incosistenti, in particolare contro i nemici armati di balestra, praticamente l’ostacolo più grande a livello di mob; è molto strano non interrompere un attacco nemico se sferriamo velocemente un nostro attacco, cosa che diminuisce di molto la voglia di essere più dinamicamente aggressivi e spinge invece a voler sempre attendere la chiusura degli attachi nemici prima di muovere la nostra offesa; nei pochi secondi dopo un parry effettuato con efficacia non si aprono opzioni offensive nuove, ma possiamo solo colpire o colpire pesante, esattamente come prima del parry.
Le animazioni nemiche sono relativamente facili da leggere, particolare che non voglio far passare come scontato, data l’inquadratura isometrica – e distante dal personaggio – che No Rest for the Wicked utilizza, ed è piuttosto positiva anche la varietà di nemici e di attacchi, non sempre (a sorpresa) corrispondente alla stazza di chi abbiamo davanti: più e più volte sono infatti stato shottato da nemici stranamente agili per la loro massa, ma non è mai stato troppo frustrante.
Dove un souls proporrebbe la perdita dell’XP ottenuto come punizione per essere mort*, No Rest for the Wicked abbandona con coraggio questo aspetto e trasla verso un’usura di armature e armi che è sì interessante, ma restituisce molta più frustrazione che offerte tattiche per affrontare gli ostili o l’ambiente in modo diverso. Nelle mie ripetute fasi di gioco solitamente mi si richiedevano 5-6 morti per portare l’usura degli oggetti indossati ad uno stato semi-inutilizzabile, quindi un po’ di spazio di manovra lo troviamo, ma, anche in questo aspetto, siamo di fronte ad una meccanica principale che va ridefinita e rimessa a fuoco.
Come Willie il Coyote in quei vecchi cartoni
La parte dove invece un po’ di frustrazione si palesa è quella relativa al platforming. Questa non è assolutamente una meccanica principale, in No Rest for the Wicked, ma, di fronte ad environment dettagliati e unici come quelli che ci troviamo davanti screen dopo screen, è davvero difficile non volerne esplorare ogni centimetro, e l’esplorazione, se spingerci a vagare è effettivamente la direzione che il team vuole abbracciare, dovrebbe essere un po’ più morbida nei nostri confronti.
È un po’ una crociata personale, ma la stamina attiva nell’esplorazione, nel 2024, non ha più senso, ed è il primo ostacolo ad un’esplorazione che sembra contemporanemente suggerita ma anche ostacolata; in combinazione con l’evidente necessità di un “coyote time” (un meccanismo di maggior tolleranza nella gestione delle hitbox quando affrontiamo sezioni di platforming un po’ più argute), c’è ancora un po’ su cui lavorare quando si parla di senso del piacere nell’esplorare.
L’esplorazione è però sicuramente un aspetto essenziale di un ulteriore gioco d’identità per No Rest for the Wicked, che a un combat “da souls” e un’esplorazione isometrica aggiunge elementi… survival.
“Mannaggia, mi manca un minerale!”
Esplorando la mappa di gioco di No Rest for the Wicked, infatti, sono molte le occasioni di raccolta di pietre o legname, se propriamente interagite (dovremo sbloccare rispettivamente l’ascia e il piccone), il tutto alla ricerca di un pool di materiali necessari, in diversi contesti, al crafting, al cooking e all’house building. Se infatti, una volta arrivati a Sacrament, hub e città principale, potremo costruirci una dimora, nelle lande pericolose che circondano la città materiali e cibi servono a recuperare vitalità e durare, possibilmente, fino al prossimo Whisper (bisbiglio, in italiano), pseudo-falò che fungerà da checkpoint ma che, nell’attivarlo – e per motivi che non comprendo ancora – NON ci riempirà la barra della salute.
Anche nel caso di questi elementi survival, l’equilibrio è fuori asse e si realizza costantemente, di fronte ad un fuoco, al fabbro o al menu di base building, che si è sempre a corto di qualcosa; pur avendo abbattuto ogni albero e rotto ogni roccia, siamo sempre senza qualcosa che ci server per craftare questo o quell’elemento. Sono continue interruzioni al flow di un gioco che non è prima di tutto un survival, e che quindi meno apre la discussione ad un’eventuale accettazione di questo limite all’esperienza di gioco. Se ci aggiungiamo una gestione dell’inventario ancora piuttosto legnosa e che manca di – molta – finezza, diventa chiaro che, anche nel contesto di una revisione – a livello di UX – di tutti questi elementi, in favore di una minor spigolosità al “fun“, serve una visione più solida dello strato survival di No Rest for the Wicked.
Fortunat* in amore, sfortunat* al gioco
Ad’introduzione di questa anteprima, però, non avevo solo citato i Souls, come ispirazione: da Diablo No Rest for the Wicked prende invece l’aspetto più caratteristico e discusso, ossia il loot randomizzato. Dal punto di vista dei design che io costruisco nelle mie esperienze ludiche, faccio personalmente sempre in modo che il random loot sia essenzialmente costruito attorno ad un sistema che spinge alla sperimentazione senza troppi requisiti o conseguenze, ed è questo l’elemento diabliano che qui non si percepisce. Non c’è infatti il riconoscibile boost di dopamina quando si raccoglie un nuovo equipaggiamento o arma, e l’intero reward system viene a sentirsi più debole di conseguenza.
Se a questo uniamo qualche dubbio sulla progressione a lungo termine, soprattutto nel momento in cui ci troviamo di fronte ad upgrade di materiali bloccati dietro l’attesa di un tempo medio lungo (nell’ordine delle ore), sono particolarmente timoroso sugli aspetti un po’ più GaaS della struttura di gioco. C’è una sovrastruttura secondaria che voglio aggiungere a questa disamina, contaminata profondamente dagli elementi più potenzialmente live service dell’opera di Moon Studios: gli ambienti di gioco sono tecnicamente eccellenti, e trasudano competenza da parte di ogni reparto coinvolto nella loro creazione (level design e art department sopra tutti), ma quanto velocemente hanno il potenziale di stancarci nel momento in cui dovremo esplorarli per l’ennesima volta, nella speranza di trovare quel materiale di crafting, o quel particolare drop?
La natura Early Access di No Rest for the Wicked si percepisce molto, forse proprio negli aspetti che Moon Studios più sta cercando di plasmare o limare, forse in altri che il team considerava “said and done”. Combat system, esplorazione ed elementi survival richiedono un po’ più tempo per arrivare ad uno stato che non è solo funzionale – com’è ora – ma di coesione e coerenza con l’intero messaggio d’intrattenimento che il team vuole restituire. Sono sicuro che nell’anno che ci separa dalla versione 1.0, in arrivo anche su console, il titolo evolverà e troverà più equilibrio, ma nel frattempo non posso consigliare ciecamente di supportare l’Early Access con un acquisto se anche solo uno dei problemi che ti ho riferito ti fa storcere il naso.
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