Kingdom Come Deliverance II PROVATO | GAMESCOM 2024
Kingdom Come Deliverance II PROVATO | GAMESCOM 2024 mi ha dato la possibilità di poter provare questo secondo capitolo che vuole un po' riscrivere la storia
Mi sono avvicinato a Kingdom Come Deliverance un po’ in ritardo rispetto alla sua uscita iniziale, spinto dalla curiosità per un titolo che ha fatto molto parlare di sé. Tuttavia, i limiti tecnici su console sono stati un ostacolo non indifferente, spegnendo quel senso di immersione che un gioco di tale portata dovrebbe offrire.
Con l’annuncio di Kingdom Come: Deliverance II, mi ritrovo a considerare questo sequel come la mia vera introduzione al franchise.
Kingdom Come Deliverance II PROVATO | GAMESCOM 2024
Ambientato nella Boemia del XV secolo, Kingdom Come Deliverance II promette di essere un’avventura coinvolgente (sin dalla nostra prima Anteprima Hands-Off), dove il caos della guerra civile fa da sfondo alla storia di vendetta e redenzione di Henry di Skalitz. Dopo aver perso la sua famiglia per mano di invasori spietati, Henry è ora un uomo di fiducia al servizio del legittimo re, pronto a intraprendere una missione diplomatica che lo vedrà scontrarsi con nemici e traditori, mentre la sua lealtà e il suo coraggio verranno messi alla prova.
Il gioco, sviluppato da Warhorse Studios, mira a superare i limiti tecnici del suo predecessore, offrendo un mondo aperto ricco di dettagli e storie da scoprire, da vivaci città medievali a foreste lussureggianti. Mi avvicino a questo capitolo con la speranza che possa offrire un’esperienza all’altezza delle ambizioni narrative e tecniche che lo caratterizzano, e chissà, magari finalmente riuscirò a immergermi completamente in questa saga storica.
Un litigio, una spada, un duello
Lo sai, sono una persona semplice: controller, silenzio intorno, cuffie, e vengo trasportato senza troppo sforzo… ovunque. Non ero quindi troppo preoccupato del mio hands-on, consapevole che Kingdom Come Deliverance 2, esattamente come il primo, ci avrebbe messo davvero poco a farsi piacere.
Beh, quel davvero poco è stato un attimo. Dopo una breve introduzione da parte di uno dei dev, mirata a ricordarci non solo il successo del primo capitolo, arrivato a 6 milioni di copie vendute (e la cui recensione potresti e dovresti recuperarti qui) ma anche le premesse narrative e di gameplay di questo secondo capitolo, ci siamo ritrovati nel bel mezzo di una piazza, con un maestro d’armi alla nostra destra.
Ci era stata data indicazione di ingaggiarlo, ed ecco che si spiega perché: é effettivamente un maestro di spada e, guarda caso, vuole capire se saremmo interessati a imparare. Ovviamente non c’è stimolo di gameplay che, in un gioco vasto come KCD2, non valga la pena accettare, e quindi si va.
Menar le mani e zuffugnar’ li volti
Il combat è piuttosto essenziale nei comandi ma dinamico e responsivo nelle esecuzioni: abbiamo infatti un tasto per attaccare e uno per difenderci, oltre alla schivata laterale e indietro. A seconda però della “stance” del nemico il nostro attacco otterrà effetti visivamente e meccanicamente diversi, ed è questo l’aspetto forse più elegante della struttura del combat system di Kingdom Come Deliverance II.
In particolare è interessante il momento nel quale, per una serie di fattori e condizioni che al momento non mi sono palesi, noi e il nostro avversario siamo bloccati in una presa. Riuscire ad attaccare il nemico in questa situazione può persino portare alla possibilità di farlo rovesciare a terra, ottenendo così un calcio bonus… che non fa mai male.
Dopo aver perso il combattimento (per colpa mia, ci ho messo 4 minuti buoni a capire come estrarre la spada) c’è stata l’occasione di affrontare un altro aspetto: il sistema di dialogo. Non c’è molto che non sia stato già fatto a riguardo, quindi è tutta questione di, indovina un po’, eleganza.
In questo contesto è esemplare che Kingdom Come Deliverance II scelga l’essenzialità: le varie scelte di dialogo sono chiare e immediatamente comprensibili, come lo sono le conseguenze di quello che diremo, per lo più.
“Non ti permettere mai più… mai più!”
La profondità non deriva dal cosa, ma dal come. Ci sono infatti almeno 6 modi diversi, e toni, per far passare il messaggio che vogliamo, dalla semplice loquacità, alla furbizia lessicale, fino alla minaccia velata. Ognuna ha conseguenze, e ognuna è una scelta rischiosa, in un certo qual modo.
Due volte in pochi dialoghi mi si è infatti vista fallire la possibilità di convincere “con le buone” il mio interlocutore, e in particolare una situazione, derivata da un litigio in strada fra 3 persone, è degenerata molto velocemente quando, consapevole di poter aiutare, sono scivolato nel voler essere un cittadino rispettoso della legge e mi sono presto ritrovato tutti e 3 addosso, per fortuna solo armati di pugni.
Se combattere con la spada contro un nemico è stato interessante, gestire 3 nemici a pugni e calci è stata una sfida, ma ne sono uscito vincitore. Arrivato al prossimo passo della mia quest è arrivata l’ora di ingaggiare in un altro interessantissimo aspetto di Kingdom Come Deliverance II, ossia la grande varietà di modi e outcome di ogni nostro stile di gioco.
La quest era semplice: il nostro amico maestro d’armi avrebbe dovuto ottenere una lauta ricompensa dal re, in cambio del suo ingaggio in un’attività di appunto, maestro, ma una volta arrivato in città il vecchio re non era più al trono e il buon maestro si è ritrovato bloccato in una città distantissima da casa con un lavoro che non è più suo.
È quindi prima di tutto un motivo di orgoglio e giustizia sociale che spinge il maestro a chiedere il nostro aiuto per rubare una particolare spada dalla sede del maestro d’armi che gli ha “rubato il lavoro” all’arrivo del nuovo re.
Se non c’è un duello, crealo!
La missione è semplice, se decidiamo di accettarla: rubare la spada ed esporla nella piazza principale della città, forzando la richiesta di singolar tenzone da parte del maestro d’armi avversario.
I modi per farlo? Molti, a dire poco. Io stesso ho provato l’approccio stealth, ovviamente fallendo con miseria quando, per aprire una porta, mi sono ritrovato a tirare un pugno alla donna di casa, ma non c’è spazio per i rimorsi, si prende la spada e si corre fino alla piazza.
Il mio vicino di postazione però, ad esempio, ha deciso un approccio ancora più stealth, andando a scassinare delle porte laterali che lo hanno condotto in relativa tranquillità.
L’approccio che però mi ha più sorpreso, non tanto nella sua esecuzione quanto nel modo in cui Kingdom Come Deliverance II ha permesso che succedesse, è quello di un altro mio collega, che ha invece fatto arrabbiare e si è fatto inseguire dai marrani posizionati nei dintorni della sede del maestro d’armi nemico. Dopo averli seminati è tranquillamente tornato nella sede, ha rubato l’arma e se ne è andato senza che nessuno se ne accorgesse.
La demo finisce proprio con questo furto e con la conseguente e forzata sfida a duello da parte del gruppo avversario, troppo preoccupato di mantenere l’onore per accusarci di aver rubato la spada proprio con questo scopo. Il dev che ci aveva presentato l’inizio ha voluto chiudere con un particolare che spinge ancora di più la flessibilità del sistema di gioco.
Infiniti poteri co(s)mici
Una opzione nel dialogo iniziale era quella di stare zitti: se avessimo scelto questo, il nostro amico maestro d’armi sarebbe stato sbattuto fuori dalla città, cercando una nuova dimora e una nuova “sede” per la sua attività di maestro, aggiungendo step ad una quest già considerevolmente lunga.
Inoltre, se nel nostro furto fossimo stati scoperti (come nel mio caso) il duello si sarebbe sì tenuto, ma il giudice di gara, conscio del scontro sotterfugio, avrebbe concesso agli avversari di indossare un’armatura leggera, rendendo più difficile il nostro successo in esso.
Come per City20, prodotto italiano di cui spero di parlarvi presto, in giochi come Kingdom Come Deliverance II è la flessibilità che conta, verso di noi giocatrici e giocatori e verso le nostre azioni.
Il mondo di gioco, neanche solo nell’ora che ho potuto provare, si è rivelato fra i più elastici che abbia potuto provare di recente, il tutto in un contesto che comunque fa dell’attenzione storica e dell’immersività RPG due pilastri da non dimenticare.
Da qui a Febbraio ci sarà sicuramente modo di riprovare quest’opera, e non ho paura a chiamarla così: è un progetto ambizioso, considerando anche che si parla di una delle città medievali più grandi creata in un videogioco e che tutto sembra voler essere il doppio di quanto fosse il primo capitolo, ma ho la netta impressione che Warhorse Studios sia uno dei pochi esempi di studio che conosce sia i suoi limiti che le sue opportunità, e danza elegantemente al confine dei due.
Se Kingdom Come è di per sé, in inglese, l’augurio di qualcosa che duri ed esista in eterno, questo titolo non ha bisogno di preghiere, ma solo di seguaci. Magari, perché no, 6 milioni di seguaci, pronti ad immergersi in uno dei mondi più responsivi degli ultimi tempi.
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