God Of War: Ragnarok – Provato
Abbiamo provato in super anteprima la versione finale di God of War: Ragnarok. Ecco le nostre prime impressioni in attesa della recensione completa.
«… liete si apprestano a combattere le Forze del Male e già calpestano il Ponte che adduce ai Troni degli Dei; il Destino ormai sta per compiersi e Heimdallr, il dio della lungimiranza e della sorveglianza, suona a gran forza il grande corno di guerra; in silenzio, Odino conversa con la testa di Mimir e da lei cerca consiglio.»
Spietato e inesorabile, come una sentenza di morte da cui è impossibile sottrarsi, il giorno del debutto sul mercato di God of War: Ragnarok è sempre più vicino. Santa Monica Studio e il suo leader massimo Cory Barlog hanno riversato nella produzione tutto il loro sapere videoludico, maturato anche e soprattutto dalle fondamenta di un successo ottenuto con il precedente capitolo a tratti inaspettato, ma anche un ingrediente speciale, che non si trova facilmente sugli scaffali: tanto amore. Perché sì, lo abbiamo sempre saputo e vogliamo ripeterlo qualora non fosse ancora chiaro: il God of War del 2018, prima di essere un capolavoro videoludico, è una dichiarazione d’amore nei confronti di un brand immortale, la cui eco è destinata a riecheggiare con forza come lo straziante sibilo del vento sulle finestre o come la morsa di un gelo che, lentamente, attanaglia tutto ciò che lo circonda.
Questo nuovo viaggio in compagnia di Kratos e Atreus ha un’importanza titanica. Tante, tantissime cose andranno a delinearsi: il destino del mondo o dei mondi, la resa dei conti divina, il futuro del giovane figlio di Kratos, tutti temi focali che però tornerò ad approfondire soltanto con la recensione completa che arriverà durante i primi vagiti di un novembre che si preannuncia a dir poco esplosivo. In questa primissima fase, voglio invece aprire il mio cuore in maniera più “intima”, quasi come un amico che davanti a una buona birra ti racconta le fatiche ma anche la bellezza di una giornata diversa passata in compagnia di un qualcosa di tanto atteso quanto desiderato, ma allo stesso tempo delicato e spaventosamente ambito.
Lo spietato giogo del Filbunwinter
Voglio partire subito da un’ovvia quanto doverosa precisazione: God of War: Ragnarok parte dalle solide fondamenta narrative e tematiche da cui ci siamo separati quattro anni fa, ragion per cui, come vi consigliavamo anche nei nostri approfondimenti, arrivare all’appuntamento con la mente più fresca e aggiornata possibile è certamente uno step di grande importanza. Sia chiaro, il gioco mette in bella mostra nel menù principale un’opzione che consente di gustarsi un mini recap del capitolo precedente, ma sono convinto che un’opera di tali proporzioni richieda un livello di approfondimento diverso per poter essere gustata appieno. Nel mentre che la sete di vendetta di Freya cresce nell’ombra, come una malattia che lentamente si diffonde all’interno di un corpo martoriato dal dolore, il regno di Midgard, così come tutti gli altri, è finito in balia del temibile Filbunwinter. Non ho ancora ben compreso quale sia il lasso temporale che separa God of War: Ragnarok dal suo predecessore, ma quel che è certo è che tutto sembra essere rimasto esattamente lì, in una sorta di enorme vaso ricolmo di acqua, pronto a spaccarsi in qualsiasi momento e con anche la minima pressione.
In un quadro già di per sé delicato e spaventosamente fragile, la venuta del “Grande Inverno” sembra avere il sapore di una “fine del mondo” ampiamente annunciata e sempre più imminente. I segni del Filbunwinter si fanno sentire, pesanti e asfissianti come il fiato di un gigantesco predatore pronto ad azzannare il corpo sempre più indifeso della tranquillità e della pace. La spettrale morsa gelida che ha invaso tutta Midgard fa da apripista a quelli che sono destinati a diventare gli eventi trainanti della storia, che già avevamo avuto modo di assimilare durante proprio il finale del capitolo del 2018, che ha avuto il grande merito di gettare le basi per un sequel, almeno narrativamente parlando, potenzialmente in grado di superare o comunque di bissare il grande successo ottenuto dal minuzioso lavoro dei ragazzi di Santa Monica Studio.
Alla ricerca di Tyr
La prima sezione del gioco, tra una boss-fight fighissima e l’altra e qualche “colpo di testa” di troppo del giovane Atreus – che a occhio sembra essere cresciuto sia in termini di altezza sia probabilmente d’età – è dedicata all’ossessione di quest’ultimo nei confronti di colui che, a suo modo di vedere, è l’unico essere in grado di far luce sul suo passato, ma soprattutto sul suo tormentato futuro: Tyr. Il Dio della guerra della mitologia norrena, a quanto pare, è vivo ed è rinchiuso da qualche parte, per volere di colui che sembra essere un nemico comune di dimensioni titaniche, o per meglio dire gigantesche, ossia Odino, che sembra avere un grande interesse per Atreus e per ciò che egli è destinato a diventare. Con un ritmo tanto frenetico, che si sposa però alla perfezione con una voglia sfrenata di raccontare una storia con qualità e una “tranquillità” narrativa come al solito di primissimo livello, God of War: Ragnarok parte subito con l’acceleratore schiacciato con violenza, ed è proprio la ricerca della verità – e in questo caso quella di Tyr – a rappresentare il focus delle prime ore di gioco che hanno già saputo mettere in luce quello che a un primissimo sguardo sembra essere un plot narrativo articolato, ben strutturato e ricco di linee di dialogo che in alcuni casi hanno il sapore della morte e della disperazione, da sempre in qualche modo il cuore pulsante della vena tematica della produzione.
Mi sono imbattuto, almeno in queste primissime ore di gioco, in un Kratos che mi ha trasmesso solitudine, una sorta di stanchezza, a tratti di disperazione, probabilmente figlie di quella sensazione di impotenza che, lentamente, comincia a diventare un tarlo sempre più aggressivo nella mente dell’ex generale spartano. In questo contesto ho amato, come sempre, la figura di Mimir, che in questo primissimo assaggio pare avere un ruolo molto più centrale nella storia e nell’economia del gioco, diventando ormai uno degli alleati principali di Kratos e Atreus, ancora una volta alle prese con excursus dimensionali e viaggi tra i mondi, fondamentali per far luce tanto sul destino di Atreus quanto sui segni del Filbunwinter, che nel frattempo sta invadendo con un’insaziabile fame ognuno dei regni conosciuti. E, parlando di alleati, la prima parte di storia non poteva che partire proprio dal regno di Svartalfeim, terra dei nani e dimora di Brok e Sindri, la cui presenza è ancora una volta una piacevolissima aggiunta ad un character design che come sempre mi è sembrato di una qualità disarmante.
Meno chiacchiere, più mazzate
Al di là dell’importante capitale della narrazione, God of War: Ragnarok rimane pur sempre un titolo che fa anche del gameplay, e soprattutto del combat system, una delle sue caratteristiche più luminose. In questa prima porzione di gioco ho potuto provare alcune armi e i loro effetti in battaglia, scontrandomi con un bestiario che sembra veramente voler essere tanto ricco quanto sfaccettato già dai primissimi istanti di gioco. Portando avanti con fierezza e per la verità con poche, almeno al momento, variazioni in una formula ludica già di per sé più che funzionale, God of War: Ragnarok si presenta con il solito, solido sistema di combattimento, che fa la voce grossa in quelle che sono le numerose, violente e soprattutto frenetiche battaglie a cui Kratos e Atreus sono destinati a prendere parte. Con in pugno l’ormai immancabile Leviatano, Kratos è ancora una volta il prototipo perfetto del concetto di “macchina da guerra” e, da questo punto di vista, evidenzia molto di meno quella sorta di “stanchezza” di cui vi parlavo poc’anzi.
Kratos è un guerriero “pesante”, certo, ma allo stesso tempo possiede una velocità di movimento e dei tempi di reazione molto rapidi, che ben si sposano con lo stile sempre più dinamico e frenetico dei combattimenti, che in questo sequel sembrano aver assunto un’impronta sempre più predominante nell’economia della produzione. Nelle prime 3-4 ore di gioco, infatti, ho dovuto sguainare l’ascia (e non solo) in molteplici occasioni, per fronteggiare schiere di nemici che puntualmente hanno provato a tagliare anzitempo la storia di Kratos e di Atreus, al cui fianco come già accennato svetta sempre il fiero Mimir, così come Brock e Sindri, sempre fondamentali per ritoccare quelle che sono le attrezzature dei due guerrieri impegnati in un mondo di gioco sempre più ostile e minaccioso.
A tal proposito, seppur avendo giocato a una piccolissima fetta dell’avventura, mi sono già dovuto misurare con più bossfight, che per quanto risultino molto in linea per struttura e concezione rispetto al capitolo del 2018, mi hanno sinceramente strappato un sorriso pregno di adrenalina e di eccitazione difficile da mascherare. In generale ho trovato, come dicevo in precedenza, tutto molto più dinamico e frenetico, però allo stesso tempo forse leggermente più permissivo in termini di difficoltà, pur tenendo sempre a mente che il titolo rimane punitivo per chi decide di affrontarlo a testa bassa, senza prendere confidenza con le meccaniche più avanzate e con le caratteristiche che man mano vengono introdotte. Anche l’esplorazione di God of War: Ragnarok l’ho trovata in questa primissima fase più “fresca” e veloce, con un numero generoso di oggetti da ritrovare tra consumabili, materiali e oggetti extra, che fanno da contorno a quello che è un mondo di gioco che sembra saper offrire tantissimo sia dal punto di vista dei contenuti ludici sia sotto il profilo delle nozioni narrative, storiche e tematiche in generale. Il tutto, chiaramente, si lega proprio al discorso dei potenziamenti e delle nuove attrezzature, craftabili proprio grazie al ritrovamento di materiali e progetti vari, disseminati in quello che sembra un mondo di gioco ancor più ricco e maestoso di quanto visto quattro anni fa, anche dal punto di vista strettamente artistico e tecnico, che chiaramente approfondirò in fase di recensione, ma che dopo questo brevissimo contatto ha già saputo farmi vibrare le corde giuste.
Faccio fatica a tirare le somme dopo questo primissimo contatto avuto con God of War: Ragnarok. Avrei tante cose da dire, vorrei farvi comprendere in maniera più profonda e intima quanto questa avventura sembra avere tutte le carte in regola per entrare a gamba tesissima nel cuore e nella mente di tutti gli appassionati, ma al momento sarebbe troppo complesso e prematuro. Quello che posso dirvi, però, è che le ottime premesse sembrano veramente esserci tutte e non vedo sinceramente l’ora di potervi confermare le mie prime impressioni durante le prossime settimane. Ad ogni modo, preparatevi a sguainare l’ascia perché la resa dei conti è imminente. Il Ragnarok è alle porte: sarete abbastanza forti per affrontarlo?