Ghost Recon Breakpoint: prime impressioni
Prime ore di gioco e prime impressioni per Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands.
Il momento di Tom Clancy’s Ghost Recon: Breakpoint (Ghost Recon Wildlands, se preferite) è finalmente arrivato ed ecco le nostre prime impressioni. Il giorno del lancio ufficiale del gioco è previsto per il 4 ottobre. Tutti coloro che hanno acquistato l’edizione con l’accesso anticipato potranno già assaporare il titolo in anteprima. Fieri e orgogliosi di questo privilegio ci siamo tolti giacca e cravatta e abbiamo indossato la nostra mimetica, pronti per lanciarci in una nuova avventura. I paragoni sono inevitabili quando si tratta di sequel, ma attenzione: considerarlo tale è un errore.
La stessa Ubisoft, sin dal lancio ufficiale del gioco, ci ha tenuto subito a ribadire che vi è solo un filo conduttore con Wildlands parlando di continuità storica e temporale. Si tratta del cattivo di turno, Cole D. Walker (interpretato dall’attore Jon Bernthal), apparso già in Ghost Recon Wildlands in uno degli ultimi contenuti post lancio, Operation Oracle.
Questo prevedeva due missioni in cui l’obiettivo era quello di recuperare una tecnologia segreta chiamata “Skell Tech“. Nessuno dei giocatori facenti parte della community di Ghost Recon avrebbe mai pensato che in quelle ultime ore di contenuti di Wildlands si sarebbe nascosta la chiave verso il nuovo capitolo della serie.
L’annuncio del gioco è stato inaspettato. In molti pensavano che si trattasse di un nuovo Splinter Cell. Invece Ubisoft stupì tutti, annunciando Ghost Recon Breakpoint. I fan storici della serie, dopo aver visto le nuove caratteristiche e i miglioramenti della serie, hanno un po’ arricciato il naso: con l’introduzione di meccanismi di loot legati al grinding del personaggio, l’annuncio di un possibile raid e la presenza di hub, si sono visti subito “contaminare” una serie che ha fatto del realismo la sua chiave del successo.
Perdonateci lunga digressione, ma era doveroso riassumere il contesto in cui si andranno a raccontare le prime impressioni su Ghost Recon Breakpoint. La caccia è appena iniziata!
Da cacciatori a prede
Prima di descrivere le prime ore di Ghost Recon Breakpoint vi precisiamo che il gioco è completamente localizzato in italiano. Ricordatevi solo di scaricare il pacchetto di lingua dallo store (grande poco più di 1 GB)
Il contesto degli eventi ci porta al largo dell’isola di Auroa dove, in base a fonti di intelligence, sembra che una nave mercantile americana sia sprofondata nelle acque dell’oceano. A indagare sulla questione vengono inviati i Ghost, le forze speciali dell’esercito degli USA, con il compito di fare chiarezza sull’accaduto. I soldati a bordo di elicotteri, appena arrivati nei pressi delle coste di Auroa, vengono attaccati da microdroni. In pochi si salvano e noi siamo tra i fortunati.
Prima del tragico evento, abbiamo la fortuna di scegliere l’aspetto del nostro personaggio: l’alveo delle scelte è simile a quello in Wildlands e basta a saziare la nostra fantasia.
Ci ritroviamo a testa i giù, con delle brutte ferite e i soldati nemici alle calcagna. Questi ultimi hanno il compito di recarsi sui luoghi degli schianti e ammazzare, a sangue freddo, gli eventuali sopravvissuti. Già questo basta per capire il teatro degli eventi di Ghost Recon Breakpoint. Questa volta non dobbiamo liberare gli oppressi e rovesciare un governo guidato da narcotrafficanti. Questa volta dobbiamo portare a casa la pelle. I cacciatori sono diventati prede.
Le ferite riportate impediscono un corretto movimento, sovvertendo completamente le logiche quasi arcade di Wildlands. Ovviamente la situazione è momentanea: premendo il tasto Cura (L1 su PS4) applichiamo dei bendaggi sulle zone ferite. Questo richiede tempo per cui lo facciamo al riparo da occhi indiscreti e pericolosi. Dopo aver ristabilito una normalità fisica, iniziamo la nostra prima missione in Wildlands.
L’importanza dei dettagli
La nostra prima missione è quella di recarci sui luoghi degli schianti e tentare si salvare qualcuno, sempre che ci siano superstiti. La sensazione di essere braccati è tangibile, sia a livello emotivo che di gameplay. La minimappa, sempre visibile sulla parte destra dell’HUD, è densa di zone rosse. L’empatia è un fattore importante in un videogioco e forse questo è uno dei grandi miglioramenti che notiamo rispetto a Wildlands.
Ma questo non è solo l’unico aspetto positivo del gioco, apprezzabile già delle prime fasi del gioco: anche i dettagli hanno una importanza determinante. Piove e c’è fango. La nostra mimetica si sporca, il rumore dei nostri passi cambia a seconda di dove poggiamo i piedi, la pioggia non crea un effetto di shuttering o di calo di framerate (cosa che succedeva sovente in Wildlands), l’equipaggiamento e le armi si bagnano e, a seconda del posto in cui ci troviamo, possiamo mimetizzarci con l’ambiente. Nel nostro caso ci siamo divertiti enormemente a rotolarci nel fango e testare la qualità e l’efficacia del mimetismo. Veramente notevole.
Nella speranza di trovare qualche compagno ancora vivo, abbiamo percorso prevalentemente zone boschive con un piccolo intermezzo di area pseudo industriale, fino ad arrivare al nostro ultimo elicottero.
A volte ritornano
Fieri e contenti di sperare nell’insperabile, gioiamo nel vedere che nel relitto in fiamme dell’ultimo velivolo abbattuto vi sono dei Ghost sopravvissuti. La nostra gioia, purtroppo, dura poco: un gruppo di soldati circonda i nostri compagni, uccidendoli a sangue freddo. L’ultimo sopravvissuto (non sveliamo la sua identità per evitarvi spoiler) viene finito da Cole D. Walker, una vecchia conoscenza di Wildlands: il traditore è tornato.
Non potendo far nulla visto il numero e la potenza di fuoco dei nemici, assistiamo al tragico epilogo dei nostri compagni. Attorno a noi il vento e la tempesta incalzano. Il dettaglio grafico di questi eventi atmosferici è notevole. Fronde degli alberi e cespugli si piegano alla forza del vento, la pioggia viene sferzata dalle correnti e le schegge di fuoco, provenienti dal relitto dell’elicottero in fiamme, si propagano intorno a noi.
Proseguendo senza meta veniamo attratti da un rumore di interferenza, simile a quello di una radio. Una volta localizzata entriamo in contatto con una voce femminile che ci informa che vi sono dei ghost sopravvissuti, ed ecco che si riaccende in noi la speranza.
Pericolose contaminazioni
La nostra interlocutrice sconosciuta, dopo averci comunicato la lieta notizia, ci indica la posizione della base. Dobbiamo percorrere più di un 1km e mezzo a piedi e, appena vediamo una moto, vi ci fiondiamo sopra. In realtà avevamo anche un’altra scelta (un veicolo off-road) ma la moto da cross ha sempre il suo fascino. Ci divertiamo a scorazzare tra fango e sassi, derapando sulle strade sterrate di Auroa.
Ci fermiamo, molto prima di arrivare alla base alleata, perché attratti da simboli a forma di cassa segnalati sulla mappa. Questi rappresentano dei nascondigli segreti in cui trovare file, informazioni, munizioni e, appunto, una cassa. Una volta aperta, il bottino ricevuto è una arma, un mitra MP7, con l’indicazione di un numero e una freccetta verde nella parte in basso a sinistra.
In Ghost Recon Breakpoint è stato inserito, in maniera assolutamente rischiosa, il livello dell’arma. Il rischio è quello di rovinare il bello che questa serie ha sempre rappresentato: la parità di livello e di equipaggiamento. In questo modo tutto veniva deciso dalla bravura del singolo in PVE, e dalla bravura del gruppo in PVP. È possibile che questa “contaminazione” provenga dall’altra grande opera videoludica di casa Ubisoft, The Division 2, che si basa invece su una logica di build.
Una volta arrivati al rifugio ci accorgiamo che questo altro non è che un stanza lobby, dove le attività da fare sono molteplici. Tra le varie, oltre a fare la conoscenza con nuovi giocatori, possiamo accedere a Ghost War, la modalità PVP di Breakpoint, possiamo controllare i progressi di gioco e possiamo acquistare armi ed equipaggiamento. Quest’ultimo aspetto rappresenta un altro e pericoloso punto di contatto con The Division 2, bombardato da ogni genere di microtransazione.
In attesa della recensione
Ci fermiamo qui con il racconto delle nostre prime impressioni di Ghost Recon Breakpoint, con la promessa di una recensione dettagliata e accurata del nuovo titolo di casa Ubisoft. Gli aspetti da vedere sono tanti cosi come gli approfondimenti che ne derivano. Queste prime ore di gioco sono sicuramente servite a capire che non si tratta assolutamente di un upgrade di Wildlands, bensì di una sua evoluzione.
Gli sviluppatori hanno ascoltato i numerosi feedback che la nutrita community del gioco ha fornito in questi ultimi due anni. Occorre adesso capire come sara il gioco nel suo complesso, anche alla luce di queste pericolose contaminazioni commerciali. Staremo a vedere. Nel frattempo occhi aperti: ad Auroa, la caccia è aperta.