EGX: The Peterson Case – Provato
Con l’arrivo della VR un genere che ha sicuramente visto una rinascita in termini di popolarità è quello dei titoli horror, soprattutto in prima persona. Tutto è “iniziato” 6 anni fa con Amnesia: The Dark Descent e siamo arrivati ad oggi, quando una delle serie più storiche dei videogames ha deciso di intraprendere questa strada (se non fosse chiaro, stiamo parlando di Resident Evil VII).
Case infestate, manicomi, fantasmi, zombie, mostri di ogni tipo: l’horror ha tantissime forme, ma se ci pensate, un genere largamente sottoutilizzato è quello che vede la paura rappresentata dagli alieni ossia forme di vita in arrivo da altri pianeti.
Devono avere pensato la stessa cosa i giovanissimi ragazzi di Quarter Circle Games, piccolissimo studio indipendente con sede a Bornemouth, quando hanno iniziato i lavori su The Peterson Case, titolo in prima persona dove impersoneremo il detective Frank Reinhardt, alla ricerca di una famiglia scomparsa: i signori Peterson.
Un posto a caso per una storia di alieni
The Peterson Case è ambientato nel 1947 a Roswell, New Mexico. Questo dovrebbe bastare a chi tra voi s’intenda un minimo di ufologia, per drizzare le antenne e capire dove stanno per andare a parare le cose. La produzione Quarter Circle Games però sorprende, grazie soprattutto alla scelta di raccontare la sua storia tramite flashback e ricordi, scaturiti dagli oggetti ed elementi che verranno alla superficie durante l’investigazione. E questo significa non solo location diverse, ma anche diverse timeline.
La demo che abbiamo testato a EGX infatti partiva nell’ufficio dell’investigatore nel caldo del deserto americano, per poi spostarsi direttamente a Parigi, all’interno di un hotel. Non solo, le vicende trattate riportavano allucinazioni, visioni dal passato, arrivate dai giorni della Seconda Guerra Mondiale appena conclusa. Chiaramente la salute mentale di Frank comincia a traballare, figurarsi poi quando sui muri appaiono strane scritte, sedie e piatti rimangono sospesi nel vuoto e orride figure di donne semi-decomposte affollano i corridoi dell’albergo, manco fosse diventato tutto d’un tratto l’Overlook Hotel di Shining.
Nonostante qualche jump scare, l’horror di The Peterson Case sembra più del tipo Thriller Psicologico, una storia più “intima” di quelle che siamo abituati a vedere quando si trattano gli incontri ravvicinati con gli extra-terrestri. Una fonte di ispirazione – anche citata palesemente in una scena della demo – è il film Signs di Mel Gibson (anche le forme dell’alieno di questo gioco ricordano quelli che invasero la casa dell’ex reverendo Hess nel 2002), un’opera maestra nel raccontare la tensione e il terrore derivati dal contatto con alieni dalle intenzioni decisamente non amichevoli.
Vi siete segnati il nome?
Per quanto riguarda il gameplay e il gioco vero e proprio, The Peterson Case non sembra inventare nulla di particolare. Visuale in prima persona, esplorazione dai ritmi compassati (non come quella di Lake Ridden, ma quasi) e qualche sequenza d’azione in QTE per tenere la tensione alta in ogni momento. Senza dimenticare l’occasionale puzzle o rompicapo.
Difficile giudicare quanto sarà spaventoso The Peterson Case quando arriverà su PC prima, Xbox One dopo e Playstation 4 poi, a partire dal prossimo maggio, in quanto un test nel bel mezzo della rumorosa zona indie di EGX non è perfetto per un horror, ma quello che abbiamo visto ci ha convinto parecchio, anche dal punto di vista grafico.
Con le ispirazioni giuste (gameplay di P.T., ambientazione di BioShock e tema alieno come in Alien: Isolation) e un team giovane, talentoso e determinato, in soli 6 mesi The Peterson Case sembra già uno dei prodotti indie da tenere d’occhio per il 2018. Soprattutto per chi, come chi vi scrive, sia ancora rimasto sconvolto dalla scena della festa di compleanno in Signs.