EGX Rezzed: RIME – Provato
È stato impossibile non approcciare il nostro primissimo hands-on di RIME senza un minimo di cautela. Cautela non tanto basata sul pedigree di Tequila Works, lo sviluppatore spagnolo del gioco, per ora conosciuto solo per il – deludente – Deadlight, ma sulla travagliatissima storia di un videogame annunciato ormai nel lontano 2013.
Nato come possibile esclusiva Microsoft, poi acquisito da Sony e presentato nel periodo precedente al lancio di PlayStation 4 in pompa magna (nel periodo “indie”, diciamo, della compagnia giapponese), la storia di RIME è proseguita ancor più oscura e pericolosa: il titolo è infatti sparito quasi completamente dai radar fino a 2016 inoltrato, quando Tequila Works ha annunciato di aver terminato la partnership con Sony e di aver riacquisito i diritti sulla sua nuova IP. Molti immaginarono che ciò avrebbe comportato la fine dell’esclusività PS4, e in effetti RIME fu ri-annunciato pochi mesi dopo come prodotto multipiattaforma, diretto a PS4, Xbox One, Nintendo Switch (con annessa polemica sul prezzo) e PC.
Siamo ad aprile 2017 e, finalmente, manca poco più di un mese alla release ufficiale di RIME. Quasi non ci credevamo, approcciando il booth a EGX Rezzed, che l’attesa fosse pressoché finita e che avremmo messo le mani su uno degli indie più attesi di tutti i tempi.
“Ci siamo ispirati a Dark Souls.” “Eh?”
Attesa giustificata decisamente dalle impressioni e dal concept iniziale mostrato nel 2013 da Tequila Works. RIME era ed è rimasto oggi un puzzle platformer in terza persona dallo stile grafico di abbacinante bellezza e con tutti gli elementi giusti per regalarci un’avventura indimenticabile. In RIME impersoniamo infatti un bambino, sperduto su un’isola deserta, ricca di vecchie costruzioni in rovina e pervasa di magia. Nessun altro dettaglio sulla trama: RIME, come spiegatoci dagli sviluppatori, vuole mettere il giocatore nella stessa – misteriosa – situazione del protagonista, narrando la sua storia senza l’ausilio di cut-scene, doppiaggio o audio-log stile Dead Space, bensì usando un sistema molto simile a quello di titoli come ABZÛ o addirittura Dark Souls. Sì, assurdo pensare che questi due giochi abbiano dei punti in comune, ma proprio la narrazione, basata sulle ambientazioni e sull’esplorazione, avvicina, almeno nelle intenzioni, in qualche modo il prodotto di Tequila Works alla serie di From Software.
Per quanto riguarda la grafica e il gameplay, le somiglianze e le ispirazioni sono tante ed evidenti. La citazione diretta dei devs se la porta a casa Journey, ma è altrettanto lapalissiano come nello stile ci siano elementi di The Witness o The Last Guardian, così come dei capolavori di Studio Ghibli. Non solo Miyazaki però: il reale ispiratore di quest’isola così “mediterranea” è in verità l’artista spagnolo Joaquín Sorolla.
In tutto questo c’è un gioco?
In tutto questo c’è in effetti un gioco e, come anticipato, abbiamo anche potuto provarlo per qualche minuto. Sicuramente RIME non è perfetto per una breve partita in fiera, tra una distrazione e una chiacchiera con i ragazzi di Tequila Works. Abbiamo comunque potuto ammirare l’ottima grafica e le bellissime ambientazioni, ma si tratta senza dubbio di un’esperienza ottimale per una serata tranquilla a casa, prendendosela veramente con calma, esplorando l’isola e cercando di venire a capo di cosa sia successo, non per una ventina di minuti tentando di vedere più cose possibili.
Nel suo cuore, il gioco è un vero puzzle game, dove, usando le abilità magiche delle quali – guarda caso non si sa bene come – il piccolo si ritrova dotato, saremo chiamati a completare un rompicapo dietro l’altro, aprendo pian piano (in stile Metroid) la strada verso nuove zone e il finale.
Non ci sarà nessun tipo di combattimento in RIME (anche se ci sono state promesse fasi di gioco più intense della media): l’antagonista principale sarà apparentemente l’isola stessa, e la nostra unica compagnia sarà invece una simpatica volpe che ci mostrerà basilarmente la strada nel caso ci capitasse di restare bloccati per qualche minuto. Nella demo mostrataci abbiamo potuto sia testare le doti atletiche del ragazzo (la fisica dei salti non è certo quella di un Super Mario…), sia farci strada tra un paio di enigmi che richiedevano tempismo e ragionamento al di sopra della media, senza però spiccare per originalità.
“Vedo la gente Nerd”
Il successo di RIME, la cui longevità dovrebbe aggirarsi sulle 9-10 ore – senza contare i collectible – dipenderà da quanto Tequila Works sarà riuscita a proporre un livello di sfida incrementale, mai noioso e sempre originale, in grado di tenere alta l’attenzione del giocatore e “rapirlo” con il suo stile carismatico e il mistero dei suoi avvenimenti. Un altro elemento sul quale il team si è concentrato è la rigiocabilità. Nessun finale alternativo o diversi percorsi, ma i ragazzi ci hanno proposto un’originale analogia per descrivere le ragioni per le quali vorremo rigiocare RIME: “Avete presente il film Il Sesto Senso? Avete presente il grande colpo di scena finale, che mette in discussione tutto quello che è successo prima nel film? Beh, quando l’avete saputo, non vi è venuta voglia di rivederlo e apprezzare i piccoli particolari e tutte le altre scene, sapendo come sarebbe andata davvero a finire? Con RIME sarà la stessa cosa”.
RIME prova senza dubbio a entrare in quel novero di titoli più “artistici” che tanto piacciono a noi critici, e per questo non possiamo che lodarlo, ma la linea che separa un capolavoro da un quadro in movimento senza troppa profondità di gameplay o senza un efficace game design è molto sottile, soprattutto per uno sviluppatore europeo con limitata esperienza e un passato burrascoso, per quella che resta comunque una più che promettente nuova IP.
Il 26 maggio probabilmente sapremo la verità.