E3 2018: Metro Exodus – Provato
Nel libro biblico dell’Esodo, comune a religioni ebraiche e cristiane, Dio si rivela a Mosè attraverso un arbusto in fiamme e gli comanda di liberare il suo popolo dalla schiavitù degli egizi, affinché possano tornare nella loro terra promessa viaggiando attraverso il deserto. In Metro Exodus, l’Egitto è la metropolitana di Mosca, il deserto è la steppa russa, Mosè è Artyom, e Dio è ciò che rimane del governo, e si manifesta ad Artyom e compagni attraverso un segnale radio da oltre gli Urali che invita i superstiti ad unirsi per ricostruire la nazione.
Con questa premessa, Artyom e altri avventurieri veterani si avventurano per la prima volta fuori dal sottosuolo, in un nuovo capitolo della saga scritto insieme al suo ideatore Dmitrij Gluchovskij e che si propone come più ambizioso di tutti i suoi predecessori.
Abbiamo giocato circa un’ora di demo ambientata all’interno della regione del Volga durante la primavera, quando le condizioni climatiche sono ancora impervie ma il fiume inizia a sciogliersi e consentire il passaggio di imbarcazioni, aprendo svariati scenari possibili per una serie che si avventura per la prima volta in dinamiche open world – sì, avete capito bene, ma non si tratta di open world puro, quanto piuttosto di grandi mappe totalmente esplorabili e con obbiettivi primari e secondari al loro interno di cui vi spiegheremo nel prossimo paragrafo. Torniamo alla storia: la sezione di gioco testata è una fase relativamente avanzata in cui Artyom e compagni sono già rodati da avventure e disavventure ferroviarie all’interno della loro base-locomotiva che usano per spostarsi sui binari della superficie tra un insediamento umano e il successivo. Non ci sono più stazioni della metropolitana, ma anche qua avvicinarsi a superstiti è sempre una scommessa: saranno amici o nemici?
La risposta all’interno della demo non inizia nel modo più promettente, dato che la locomotiva impatta contro delle barricate e viene accolta dai proiettili di alcune guardie. Tuttavia, lasciamo il beneficio del dubbio: forse le guardie erano semplicemente spaventate e si sono difese preventivamente.
A questo punto prendiamo il comando di Artyom, lasciando che i compagni riparino i danni alla locomotiva. Già dall’inizio è chiaro che la struttura di gioco non sia più lineare: l’obbiettivo che ci viene dato è esplorare l’insediamento, ma nulla ci impedisce di ignorare l’ordine e darci alla libera esplorazione dei dintorni – come gli stessi sviluppatori ci suggeriscono di fare. Decidendo di esplorare l’esplorabile durante il percorso verso l’insediamento scopriamo infatti tanti rifugi nascosti, molti dei quali raccontano delle storie senza bisogno di parole: in una palafitta sul fiume, ad esempio, troviamo delle canne da pesca in cattivo state ed alcuni cadaveri circondati da decine di bottiglie di vodka vuote, che ci suggerisce come probabilmente quei poveracci siano morti di fame cercando invano del pesce e decidendo di spendere gli ultimi giorni di vita bevendo tutto ciò che avevano.
Ovviamente, oltre ai dettagli che arricchiscono il mondo di gioco, non mancano benefici diretti al gameplay, come munizioni, armi, kit di pronto soccorso e materiale utilizzabili per il crafting – meccanica completamente rinnovata. Lo zaino di Artyom contiene tutti gli attrezzi necessari per creare munizioni, oggetti e modifiche per le armi (con cinque punti di aggancio ognuna) in qualsiasi momento. Modifiche e creazione possono avvenire in qualsiasi momento purché si abbiano risorse a sufficienza, e naturalmente a rischio e pericolo del giocatore, mentre i vecchi banchi presenti nei precedenti giochi serviranno soltanto per riparare e ripulire le armi già in possesso.
Arrivati all’insediamento, facciamo conoscenza della popolazione locale, che si rivela ben presto tutt’altro che ospitale. Il motivo? Si tratta di un culto religioso fanatico che rigetta la tecnologia in quanto causa del disastro atomico, pertanto Artyom, con i suoi molti gingilli elettrici, non può che essere visto come un peccatore. A questo punto l’area di gioco, ristretta, offre i classici scenari di combattimento dei precedenti Metro, dove la scelta ricade tra forza bruta e furtività. Tentiamo il secondo approccio, ma essendo piuttosto cotti dalle corse dentro il Convention Center di Los Angeles e dal continuo passaggio tra le temperature esterne di Los Angeles e l’aria condizionata sotto zero degli ambienti chiusi, siamo piuttosto rimbambiti e finiamo col far scattare qualsiasi tipo di trappola e allertare tutti. Passiamo al piano B, carneficina, che si rivela più semplice.
Eliminato un certo numero di nemici, succede qualcosa di interessante: i fanatici riconoscono la nostra superiorità e si arrendono, pregando di lasciargli in vita. A questo punto scatta la scelta morale, con influenza su un invisibile parametro di karma come nei precedenti episodi: ogni volta che uccidiamo un superstite, difatti, lo schermo si illumina per un attimo, e una volta usciti dalla zona riceviamo anche commenti negativi via radio da parte dei compagni, che ci chiedono se fosse davvero necessario e lasciano sottintendere che, probabilmente, il nostro comportamento avrà delle ripercussioni. Gli sviluppatori rafforzano la tesi dicendoci che in Metro Exodus il nostro comportamento influenzerà diverse parti del gioco, e non solo il finale come nei precedenti capitoli.
Tornati alla locomotiva riceviamo nuove istruzioni su posti da esplorare, sia dal capogruppo che da altri NPC, i quali si aggiungono alla nostra mappa come fossero delle quest, tuttavia scordatevi indicatori a schermo, poiché la mappa sarà l’unico modo per orientarsi nell’area di gioco.
Ci avviamo verso un nuovo punto di interesse confrontandoci con alcuni mutanti di forma umanoide che erano nascosti all’interno di un fabbricato poco illuminato, ma purtroppo a questo punto il nostro tempo di gioco è scaduto. L’intera area di gioco, difatti, richiede almeno 5 ore per essere completata, pertanto non sarebbe stato comunque possibile vedere tutto.
La nostra prova ci ha lasciato con sentimenti contrastanti. Abbiamo provato Metro Exodus in una fase chiaramente non matura del progetto e su console Xbox One X, dove il gioco si mostra visivamente impressionante ma con non pochi difetti, quali i tempi di caricamento lunghi diversi minuti, controlli molto imprecisi, e mancanza di effetti grafici dichiarati come presenti dagli sviluppatori. Fino a qua niente di irrisolvibile, ciò che non ci ha convinto del tutto, tuttavia, è il passaggio da gioco lineare a semi open world, che da quello che abbiamo visto non sposa particolarmente la filosofia della serie e, soprattutto, elimina quel senso di claustrofobia e paura che solo i cunicoli della metropolitana di Mosca riuscivano ad ispirare. Scopriremo se la versione finale saprà convincerci meglio, quando Metro Exodus uscirà su Xbox One, PlayStation 4 e PC il 22 febbraio 2019.