Dragon Age: Inquisition – Hands on
Pochi publisher possono vantare il curriculum di Bioware: responsabile di capisaldi del gioco di ruolo occidentale come Baldur’s Gate, Neverwinter Nights e Star Wars: Knights of the Old Republic, il suo nome da sette anni a questa parte è noto soprattutto per due delle serie best-seller di EA, ovvero Mass Effect e Dragon Age.
Purtroppo, essere sotto l’egida della due volte peggior compagnia d’America ha il suo prezzo, pagato dalla scarsa qualità di Dragon Age 2 e, per alcuni, Mass Effect 3. Eppure si scorge una luce in fondo al tunnel: il nuovo Dragon Age: Inquisition pare infatti ridare giustizia alla serie. Ne avevamo già parlato durante l’E3, ed ora vi raccontiamo dell’hands on.
Inquisition segna la transizione della serie da un gioco di ruolo semi-lineare a uno open-world, con tutti i benefici del caso: il giocatore può esplorare liberamente un mondo più grande di quello dei precedenti episodi, ha maggiore interazione con l’ambiente, non è limitato da barriere invisibili.
Per giustificare questo passaggio, ci pensa una trama che riflette molto sulla giocabilità: il protagonista è uno dei massimi esponenti dell’Inquisizione e, insieme ai suoi compagni, deve esplorare il mondo per scoprire cosa causa le spaccature nel Velo – una dimensione eterea popolata da demoni, che passano attraverso queste fessure causando devastazione nei regni umani. Non solo: c’è anche una tremenda crisi politica che sta generando una guerra civile, contrapponendo in particolar modo il clero ai maghi.
Nella missione da noi provata, posta in una non precisata parte avanzata del gioco, l’Inquisitore (il cui aspetto e classe, ricordiamo, vengono definiti dall’utente) doveva affrontare una doppia missione: salvare dei soldati dell’Inquisizione prigionieri di un demone all’interno di un castello, e, facoltativamente, chiudere le spaccature del Velo nella zona per stabilire un nuovo avamposto. Da giocatori familiari con le dinamiche dei giochi open-world, abbiamo allegramente ignorato le direttive per esplorare un po’ i dintorni, facendo conoscenza con l’aggressiva fauna locale, sui quali intraprendere le nostre prime azioni. I personaggi sono controllati in modo molto più diretto: gli attacchi non sono più automatici scegliendo il nemico, ma vengono fatti manualmente, coadiuvandoli con la tradizionale rosa di abilità e magie assegnabili al menù di scelta rapida (con la croce direzionale). Sono controllate manualmente anche parate, schivate e rotolate, così come i salti. Come da tradizione, ogni personaggio del party può essere controllato direttamente, e non manca la visuale tattica, da cui assegnare catene di comandi e movimenti precisi mettendo in pausa l’azione.
Dopo aver eliminato qualche mostro siamo andati verso la direzione indicata dalla missione, scegliendo di dedicarci alla chiusura delle spaccature. Muovendoci nell’ambiente abbiamo più volte fatto ricorso allo stick sinistro, che, se premuto, evidenza gli oggetti con il quale è possibile compiere azioni – cosa molto utile vista la quantità enorme di elementi a schermo, sia in ambienti aperti che in ambienti chiusi. Raggiunte le spaccature, la procedura per chiuderle comportava l’intervento diretto del protagonista, l’unico col potere per sigillarle, mentre il resto del team si occupava di eliminare i mostri circostanti, accorsi numerosi per impedire il compimento della nostra opera. Una volta eliminate tutte quelle nell’area, abbiamo potuto convertire un campo di briganti in una nuova base dell’Inquisizione, rendendo l’area più sicura grazie all’arrivo di truppe che controllano i dintorni – un aspetto molto interessante che approfondiremo meglio dopo.
L’espugnazione della fortezza e la liberazione degli ostaggi si è rivelata molto semplice e diretta: in sostanza si è trattato della canonica missione da gioco di ruolo, ovvero entra, avanza per le stanze eliminando nemici, arriva alla stanza finale, uccidi il signore del dungeon, salva la principessa (o meglio, gli ostaggi).
Una prova di forza dunque, che ci ha permesso di prendere maggiore confidenza col già collaudato sistema di combattimento, il quale, com’è giusto che sia, ha richiesto maggiore attenzione tattica durante lo scontro col boss.
La transizione della saga al sistema open-world ci è parsa efficace, adattando coerentemente la mobilità dei personaggi e riempendo le zone di cose interessanti da fare (almeno per quel che abbiamo visto). Come abbiamo detto, chiudere portali, eliminare briganti e creare avamposti sono tutte azioni che ampliano il potere della fazione di appartenenza, le cui statistiche e la cui mappa di controllo sono esaminabili nella tenuta Skyhold, centro di comando dell’Inquisitore. Ciò che però è davvero notevole è la visibilità delle conseguenze delle nostre azioni: più guardie per le strade, meno mostri in giro, crollo del brigantaggio, prezzi dei mercanti più favorevoli.. e sono solo una parte delle cose influenzate dal giocatore. Ricordiamo infatti che ci saranno anche i dialoghi a scelta multipla, altro marchio di fabbrica dei giochi Bioware, e che anch’esse influenzeranno i rapporti tra noi, il resto del party e gli NPC.
Non sappiamo ancora come Bioware abbia affrontato problematiche come il livellamento, ad esempio se permettendo l’accesso ad ogni area da subito con nemici di pari difficoltà in base ai personaggi, un po’ come avvenuto negli ultimi due giochi della serie The Elder Scrolls, oppure con un approccio tipo Risen, rendendo di fatto impossibile accedere in certe zone senza avere certe capacità. Inoltre, per quanto il sistema di “cattura” del territorio sia intrigante, auspichiamo che il gioco preveda anche altre forme di intrattenimento e non si limiti a ripetere questo per tutta la sua durata.
Come andrà? Lo scopriremo il 20 novembre su PC e console Sony e Microsoft di settima e ottava generazione.