Directive 8020 ANTEPRIMA | GAMESCOM 2024
Directive 8020 PROVATO | GAMESCOM 2024 ci ha dato la possibilità di provare il primo episodio della nuova stagione di The Dark Pictures Anthology, Directive 8020, che fa parzialmente luce sulla direzione del franchise da qui in avanti.
La saga di The Dark Pictures Anthology è sempre stata un’altalena di emozioni per me.
Da un lato, l’approccio narrativo e le atmosfere horror interattive di Supermassive Games hanno saputo catturare la mia attenzione più di una volta; dall’altro, alcuni episodi della serie non sono riusciti a soddisfare pienamente le mie aspettative (con “House of Ashes” che considero una vera delusione), lasciandomi con la sensazione che mancasse qualcosa per rendere l’esperienza davvero memorabile.
Tuttavia, non posso fare a meno di rimanere curioso ogni volta che viene annunciato un nuovo capitolo, sperando che possa finalmente centrare il bersaglio, soprattutto dopo un “The Devil in Me” che personalmente non faceva pieno e ottimo uso del suo potenziale narrativo.
The Dark Pictures – Directive 8020 ANTEPRIMA | GAMESCOM 2024
Directive 8020, il primo episodio della seconda stagione, sembra voler fare proprio questo: imparare dagli errori del passato (ve ne parla per bene il nostro Alessandro in un editoriale apposito) e portare la serie verso nuove vette.
Sviluppato e pubblicato da Supermassive Games, questo “capitolo” (dopo vi spiego le virgolette) promette di mescolare gli elementi tipici dell’horror di The Dark Pictures con un’ambientazione spaziale che, già solo dal teaser, fa venire i brividi. Ambientato a bordo della nave spaziale Cassiopeia, il gioco ci catapulta in una missione di ricognizione tra le stelle, dove l’ignoto non si limita a essere fuori dall’oblò, ma è pronto a insinuarsi tra l’equipaggio.
La scelta di un setting fantascientifico, con richiami a classici del genere come Alien e Event Horizon, rappresenta una deviazione intrigante rispetto alle atmosfere più terrene dei capitoli precedenti.
Il teaser mostrato alla fine di The Devil in Me ha svelato appena quanto basta per farci capire che non sarà una passeggiata tra le stelle: un’astronave abbandonata, un casco spaziale incrinato, gocce di sangue che fluttuano nell’aria e un pianeta con un sinistro bagliore viola che fa da sfondo.
Il mistero che avvolge la missione verso Tau Ceti F, un esopianeta potenzialmente abitabile, sembra il perfetto catalizzatore per un’esperienza horror in grado di esplorare non solo il terrore dello spazio profondo, ma anche le dinamiche psicologiche di un equipaggio isolato e sotto pressione.
Rimane personalmente da vedere se Directive 8020 riuscirà davvero a correggere il tiro rispetto ai suoi predecessori e a mantenere alta la tensione dall’inizio alla fine, ma personalmente sono pronto a dare alla serie un’altra possibilità, sperando che questa volta la paura e l’intrigo siano all’altezza delle ambizioni di Supermassive Games.
Nello spazio a nessuno interessa sentirti urlare
Non è stato un hands-on ma, nella piccola stanzetta dello stand, a parlare sono stati Will Doyle, Creative Director del gioco (e già ex Game Director di House of Ashes), e l’executive producer Dan McDonald (nello stesso ruolo anche in Until Dawn e in tutti gli episodi dell’Anthology).
La prima sorpresa arriva dalla definizione “strutturale” di Directive 8020: standalone. Sì, sembra davvero che Supermassive abbia lasciato indietro la categorizzazione come episodio, e devo dire che la trovo una scelta interessante. Lo vedremo nei prossimi paragrafi, ovviamente, ma Directive 8020 è un passo avanti piuttosto deciso su pochi ma importanti fronti.
Piccola intro narrativa? La Terra sta morendo (vale tecnicamente come documentario?) e l’umanità ha capito, a suo tempo, quanto poco all’Universo importi, di noi. Siamo irrilevanti, nel grande equilibrio delle cose, ed è ora di metterselo in testa, ma quanto è importante l’umanità… per noi?
Non si sa quanto universalmente, ma questa è una delle domande che combatteranno con la nostra moralità, in Directive 8020. Le reference tematiche sono palesi e, come le ho descritte prima, toccano classici del genere body horror come Alien, Event Horizon e La Cosa, tanto che uno dei dev alla presentazione ha voluto definire, con una tagline veloce, questo titolo come La Cosa ma ambientata nello spazio.
La protagonista, interpretata da Lashana lynch, è una dei 5 componenti dell’equipaggio di un’astronave che, ritrovatasi attaccata e invasa da un patogeno alieno piuttosto aggressivo, deve decidere se salvarsi, partendo con destinazione Terra ma quasi sicuri di “portarsi dietro” anche l’organico alieno composto, o condannarsi a morte in nome della salvezza dell’umanità tutta.
Noi, se decidessimo di giocare in solitaria, switcheremo da un personaggio all’altro seguendo i ritmi della storia (che, ci è stato promesso, mantiene il ritmo al quale i precedenti titoli ci hanno abituato), ma rimane – nuovamente – aperta la possibilità di giocare in coop. Come in passato tutti possono sopravvivere, tutti possono morire, e sta a noi cercare del nostro meglio o lasciarsi andare al sadismo più autocommiserante.
Stessa base, più lateralità
Una parola scaraventataci addosso molto presto nella presentazione di questo hands-off è stata agency, ossia la presenza di un effetto alle nostre azioni all’interno di un sistema, in questo caso un videogioco.
Mantenendo quindi la struttura narrativa di Until Dawn, The Quarry e i vari episodi della Dark Pictures, Directive 8020 promette di essere un survival horror sci-fi narrativo nel quale le scelte che prenderemo avranno un peso non indifferente su ciò che succede a schermo, ma è sulla base appunto di questo che il titolo costruisce, allineandosi ad un concetto di modernità che potrebbe esserne croce o delizia.
Supermassive vuole più agency per chi gioca, più effetto nel modo in cui ci muoviamo o affrontiamo ciò che ci si para davanti, e questo si traduce in più “on the sticks” gameplay, ossia un’esplorazione meno comfort e passiva che in passato, un metodo di movimento rivisto e più fluido, capace di schivate laterali e crouch, e dei nemici che incontreremo “in tempo reale”.
Se sulla carta questi sono tutti effetti e necessità di un survival horror, dal vivo è la rappresentazione del senso di spinta dei limiti che Supermassive Games con Directive 8020 sembra voler fare. Il team è così sicuro di questo che l’hands-off di ieri era tutto sulle parti di un titolo Supermassive “che ancora non conoscete”. Quali sono queste parti?
Evoluzione o digressione?
Bastano l’imprevedibilità dei nemici e la loro varietà a convincerci di essere davanti a qualcosa “di più”. Ci sono infatti diversi tipi di mimic (l’entità aliena), da quelli di forma umana, che effettivamente fingono di essere umani ma che spesso vengono traditi da un’adesione anatomica non propriamente del 100% con la morfologia umana, a quelli che hanno abbandonato ogni richiamo visivo all’essere umano, convinti di poterci far soccombere con la forza bruta.
Aggiungiamoci ora un livello in più: il mimic, a prescindere dalla sua forma e in funzione di un’idea di design mirata ad un’esperienza ludica ancora più vicina al body horror “da cinema”, può uscire da ogni ammasso di sostanza aliena presente sull’astronave.
Non ci è ancora dato sapere quanto questo risulti meccanico e programmato, e quanto invece, al pari magari di un Alien Isolation, si sia effettivamente di fronte ad un sistema che vuole farci – e ci farà – stare in punta di piedi ogni volta che incontreremo una nuova massa aliena, ma se ciò che sta venendo creato rispecchia la seconda, ogni run e momento di gioco potrebbe davvero essere diverso da quello di qualcun altro, o da una nostra stessa run diversa.
Lo stealth che ho potuto vedere non era estremamente raffinato, e anche Directive 8020 ha una sua versione dell’ecolocazione, di cui ti parlo fra pochissimo, ma è, a detta stessa dei dev, una versione piuttosto prematura del gioco, quindi non mi soffermerò sugli aspetti che più palesemente sono legnosi in termini di polish, non di “idea” ludica.
Hop Hop gadget…
Ad aiutarci avremo il nostro fidato bracciale multi funzione, capace di scannerizzare, operare su dispositivi a distanza, difenderci e, perché no, scambiare due chiacchiere con uno degli altri membri della nave.
Nell’hands-off al quale ho partecipato, l’utilizzo di questo strumento è stato piuttosto rapido e non troppo indicativo di quanto o come effettivamente lo useremo nel gioco finito, ma onestamente non mi aspetto nulla di meccanicamente eccezionale, quanto piuttosto un elegante e fedele riproposta di quanto già fatto e applicato da IP più concentrate nel contesto narrativo sci-fi nel quale, di contro, Supermassive si butta solo ora, con Directive 8020 appunto.
Non ci sono stati nemmeno molti momenti di dialogo, ma, come detto prima, i dev hanno voluto mostrarci le novità del “formato Supermassive”, non le sue certezze e regolarità.
Impressioni finali
Directive 8020 sta sperimentando, cercando di crescere ma senza lasciare indietro le radici di una certezza di struttura ludica che sì, praticamente si ripropone a rotazione ogni tot tempo, e non si può davvero avere da dire sul coraggio che un team come Supermassive Games dimostra nel decidere di non stare seduto, comodo comodo, sui traballanti allori di una saga.
Il tentativo di dare più agency è palese, e rimane solo un lontano dubbio su quanto una anche così superficiale diluizione del comparto meccanico possa influire sull’equilibrio del gioco intero, ma i dev stessi mi hanno assicurato che il ritmo di gioco è rimasto lo stesso, e questi sono solo aspetti aggiuntivi a quei momenti un po’ più “spenti” e “confort” dei vari titoli.
Per chiudere il cerchio, l’abbandono dell’etichetta Dark Pictures Anthology e la scelta di auto pubblicare il gioco (precedentemente era stata Bandai Namco a pubblicarne i titoli) sono chiari segnali di un contesto ludico che vuole crescere oltre le proprie radici e tradizioni, e lo fa tentando di sperimentare lateralmente la propria struttura di gioco, come già ha fatto in ogni episodio dell’Anthology e nei due titoli più mainline, Until Dawn (qui la recensione) e The Quarry (indovina un po’? Ecco un link alla recensione).
Gli esperimenti sono personalmente sempre validi e vanno supportati, anche e soprattutto nel contesto di un genere, quello horror, forse ancora troppo statico rispetto al suo corrispettivo transmediale, quel film che, libero di vincoli di agency, ci consegna cose come The VVitch, Talk to Me o Nope.
Non resta che attendere nuove sezioni di gameplay e dettagli di questo esperimento di Supermassive Games, ma per ora Directive 8020 mantiene, se non addirittura solleva, l’interesse verso il futuro di questo brand e team di sviluppo che così tanto e così naturalmente hanno restituito, negli ultimi anni, alcuni memorabili momenti di gameplay (Hayden Panettiere va sempre salvata, sia chiaro).
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