Microsoft e Activision: Un sodalizio distruttivo?
L'aggiunta selvaggia di videogiochi sul Game Pass porterà a un calo generale di qualità?
Era settembre 2020 e Microsoft, a meno di due mesi dal lancio globale di Xbox Series X e Xbox Series S, annunciò al mondo l’acquisizione di ZeniMax Media e di tutte le sue sussidiarie. Mai nel mondo del gaming si era vista una acquisizione di queste dimensioni, in grado da sola, di smuovere gli equilibri di un intero settore.
Ebbene, è successo di nuovo: Microsoft ha acquistato Activision Blizzard per 68,7 miliardi di dollari.
Il botto mediatico ed economico è stato istantaneo e travolgente. La notizia è rimbalzata fra stampa generalista, economica e ovviamente, di settore, causando un’immediata reazione dei mercati che ha fruttato un +38% ad Activision Blizzard e un -13% a Sony. Un vero ciclone in grado di far sembrare i 7 miliardi spesi per Zenimax una compravendita di media entità. Tuttavia l’ultima parola non è ancora detta: completare il processo di acquisizione sarà un percorso lungo e tortuoso che andrà a concludersi entro giugno 2023. Tuttavia, se tutto dovesse procedere senza intoppi, le 11 software house di Activision (fra le quali Blizzard Entertainment, Infinity Ward, Sledgehammer Games, Treyarch, Toys For Bob, Beenox, King, ecc..) entreranno a far parte degli Xbox Game Studios, facendo lievitare così il numero di studi da 6 a 32 in 5 anni.
Xbox si appresta quindi ad appropriarsi di IP storiche quali Diablo, Warcraft, StarCraft, Guitar Hero, oltre al colossale Call of Duty e alle mascotte della prima PlayStation: Crash Bandicoot e Spyro the Dragon. La convalescenza da quella Xbox One caratterizzata, fra le altre cose, da una cronica mancanza di esclusive, sembra essere passata. Il futuro del gaming di casa Microsoft si preannuncia impossibile da ignorare anche al più occasionale dei videogiocatori.
La storia insegna
Stupore, entusiasmo e paura, ma non solo, l’acquisizione di Activision Blizzard ha lasciato ai giocatori anche tanti dubbi. Quanto tempo occorrerà a Microsoft per rientrare nei costi? E quante sottoscrizioni dovrà accumulare Game Pass per ripagare quei circa 76 miliardi spesi per le ultime due acquisizioni? Per trovare risposta occorre, come spesso accade, guardarsi indietro e volgere lo sguardo al passato. Il progetto Xbox infatti è stato spesso causa di grosse perdite economiche per la compagnia di Redmond. L’inesperienza nella progettazione e costruzione di hardware rese impossibile ottimizzare e quindi calare nel tempo i costi di produzione di quella prima Xbox venduta in perdita già dal day one. Per Microsoft, il conto finale della sesta generazione fu salatissimo: Xbox causò un ammanco di circa 4 miliardi di dollari.
Il vento soffiò diversamente per l’ottima Xbox 360, ma il Red Ring of Death era pronto a rovinare la festa presentando un conto di 1,15 miliardi per la campagna di ritiro e riparazione messa in atto al fine di non uccidere la credibilità del brand. Dulcis in fundo, Xbox One riuscì a vendere un totale di 50 milioni di pezzi nonostante la comunicazione disastrosa e la già citata mancanza di esclusive, dato abbastanza buono considerato il contesto, ma che impallidisce davanti alle quasi 120 milioni di PlayStation 4 piazzate. Insomma, tre avvenimenti che, anche presi singolarmente, avrebbero portato qualsiasi altra società a mollare il colpo e aggiudicarsi un posto d’onore accanto ad Atari e Sega. Ma qui stiamo parlando di Microsoft: quella che nel 2021 ha fatturato 168 miliardi di dollari, quella per la quale il gaming è solo una delle tante divisioni interne, quella che in passato ha sempre reinvestito miliardi in un settore tanto complicato ed elitario.
Fatto 30 quindi, tanto vale fare 31 investendo, questa volta, in know how e proprietà intellettuali capaci di fornire nuova linfa vitale a quel Game Pass che, finalmente, sta dando al gaming Microsoft la personalità e l’identità necessaria a distaccarsi dalla nomea di “brutta copia di PlayStation”. Quando infatti le acquisizioni di Zenimax e Activision Blizzard inizieranno a dare i propri frutti, Game Pass potrà offrire davvero a tutti gli iscritti quel costante afflusso di contenuti atto a far desistere chiunque dal disdire l’abbonamento.
La morte di qualità e creatività?
Lo stiamo già vedendo con i servizi di video streaming al quale Game Pass chiaramente si ispira: la qualità non è certo all’ordine del giorno. Offrire una tale mole di contenuti a un prezzo tanto ridotto porta in dote la produzione di prodotti “filler” creati appositamente per fare numero e rimpolpare il catalogo. Tuttavia, in seguito a tanti anni senza esclusive di rilievo, risulterebbe paradossale che proprio ora, Microsoft optasse volontariamente per un calo qualitativo dei frutti del proprio shopping miliardario. Se IP storicamente di qualità e dal forte appeal come The Elder Scrolls, DOOM, Call Of Duty, Diablo e Crash Bandicoot, dovessero avere futuri capitoli non all’altezza delle aspettative, per Microsoft sarebbe un enorme danno di immagine, danno che si rifletterebbe in una perdita di appetibilità verso Game Pass.
Ciò a cui invece probabilmente assisteremo è la creazione di tanti videogiochi a medio-basso budget dal forte appeal artistico e autoriale, in grado di aumentare l’offerta e, contemporaneamente assorbire le perdite causate dai grandi franchise.
A conti fatti, questo scenario è già in atto e verificabile negli eclatanti esempi di Grounded e Psychonauts 2: entrambe produzioni lontane dai costi di un tripla A, ma in grado di proporre un livello qualitativo altrettanto valido. Il capolavoro Double Fine in particolare si è imposto come uno dei migliori giochi del 2021, arrivando alla nomination per il GOTY dopo un primo capitolo passato in sordina e una eco mediatica sensibilmente inferiore rispetto ad altre produzioni di maggiore appeal. Voi ci avreste scommesso? Noi di certo no. Risulterebbe quindi controproducente per Microsoft imporre a quel genio creativo di Tim Shafer di abbandonare i propri progetti e dedicarsi a quegli shooter dal budget milionario che tanto piacciono al pubblico americano, tutto machismo e “Stars and Stripes” che garrisce al rallenty.
A conferma di tutto ciò, Phil Spencer ha dichiarato che nei prossimi anni vedremo tornare in vita numerosissime IP direttamente dalla quarantennale storia di Activision. Ciò significa una nuova iniezione di fondi che permetterà, non solo di prendersi dei rischi nel riproporre IP dall’ormai scarsa attrattiva, ma anche dare nuova libertà agli studi appena acquisiti, da tempo costretti a lavorare unicamente su Call Of Duty.
Un servizio democratico.
Microsoft ha tutto l’interesse nel continuare a produrre titoli di qualità, lasciando inoltre agli studi la stessa libertà creativa che li ha portati a essere quelle eccellenze degne di essere acquistate. Indie? Doppia A? Tripla A? Non ha più importanza. Il Game Pass mette tutti sullo stesso livello, proponendo a un pubblico vastissimo uno scaffale su cui sono affiancate produzioni di ogni budget e qualità, attuando una democratizzazione capace di allettare gli studi più piccoli, dare ampio pubblico a produzioni minori e far sbocciare amori che, diversamente, non sarebbero mai nati.
Siamo troppo ottimisti quindi? Forse. Se volessimo invece scommettere sulla non sostenibilità del Game Pass e prevedere una futura morte del servizio, a Microsoft resterebbe comunque un grandissimo numero di talentuosi studi, pronti a sfornare nuovi titoli da vendere a suon di 80 euro alla volta.
Comunque vadano le cose, per Microsoft l’affare è servito.