Back in Time – Tomb Raider
Il capostipite dell'ottima trilogia reboot di Lara Croft.
Per la fine del 2021 Epic Games ci ha regalato l’ultima trilogia di Tomb Raider, che moltissimi di voi hanno riscattato nella settimana dal 30 dicembre al 6 gennaio. Cogliamo l’occasione per parlare di Tomb Raider, capostipite della trilogia, uscito nel 2013 su PlayStation 3 e Xbox 360 e negli anni successivi su una moltitudine di piattaforme (fra cui PlayStation 4 e Xbox One con la Definitive Edition).
Ancor prima che un ottimo gioco, Tomb Raider è uno spettacolare film d’azione, che sa essere allo stesso tempo emozionante ed emozionale seguendo le vicende della vecchia/nuova Lara Croft, pronta a ripartire dopo anni nelle sue avventure. Il viaggio ricomincia dalla sua primissima sfida, quella che l’ha temprata e fatta evolvere da studentessa modello alla pettoruta archeologa più famosa del mondo. Preparatevi quindi a conoscere una nuova Lara Croft, intrappolata suo malgrado in una lussureggiante ma mortale isola, centro del famigerato Triangolo del Drago, atollo maledetto per imbarcazioni e velivoli.
Non sono gli incidenti ad attrarre la nave di Lara nella zona, bensì la leggenda che narra dell’esistenza di un regno perduto, al largo del Giappone: Yamatai, l’Atlantide d’Oriente. Durante l’esplorazione però le cose non vanno come previsto: l’imbarcazione affonda durante un’improvvisa tempesta, lasciando Lara e i suoi compagni a fare i conti con la misteriosa isola, che presto scopriranno non essere per nulla deserta. La nostra eroina viene infatti immediatamente rapita, separata dagli altri e rinchiusa all’interno di una tremenda grotta ricca di strani idoli e cadaveri. Un inizio scoppiettante, quello di Tomb Raider, mentre prendiamo per la prima volta le redini del gioco e guidiamo l’archeologa all’uscita del tunnel, braccati da nemici e da crolli inattesi, comandando una semplice ragazza, ferita e vulnerabile. Il primo momento di meraviglia si appalesa appena “usciti a riveder le stelle”: l’ambiente si dimostra in tutta la sua inospitalità, con relitti e macerie ovunque, mentre una figura sperduta si avvia verso l’ignoto. Benvenuti nell’ultima fatica di Crystal Dynamics.
Sono cambiate tante cose dal 1996, ma anche dagli ultimi capitoli HD. La svolta dalle piattaforme/avventura allo shooter dalle tinte survival è senz’altro figlia del successo di Uncharted, con cui Tomb Raider condivide struttura e concept. Certo, tocca sostituire a Nathan Drake una Lara Croft inedita, che nel gioco vivrà la sua crescita spirituale e combattiva, per raggiungere l’agguerrita e senza macchia protagonista della saga che conosciamo. La nostra agile britannica ha perso almeno una taglia di reggiseno (sempre notevole, comunque, ndr), ma non il suo coraggio, da ritrovare tuttavia insieme a lei nella sfida ai poteri sconosciuti dell’isola.
Il grande merito di Crystal Dynamics sta nell’aver trasposto questa maturazione non solo nell’intreccio e nelle situazioni, ma anche e soprattutto nel gameplay. Procedendo con la trama, infatti, i meccanismi di gioco muteranno gradualmente ma decisamente. Nelle prime fasi Lara sarà quasi disarmata, dovrà curarsi le ferite, procacciarsi cibo tramite la selvaggina, nascondersi dai suoi nemici, e oltretutto vedremo tante sequenze scriptate gestite da QTE (comunque mai invadenti). Dopo alcuni decisivi eventi, Lara ne avrà viste di tutti i colori e comincerà a farsi meno scrupoli nello sbarazzarsi degli autoctoni. L’arsenale inizierà a riempirsi di armi da fuoco e il focus si sposterà decisamente verso un classico TPS (e uno davvero valido, lasciateci aggiungere). Potremo spesso e volentieri decidere noi stessi l’approccio agli scontri: consigliamo di equipaggiare il versatile arco e di optare per le uccisioni ragionate e silenziose. Doveroso citare anche l’influenza dei semplici elementi da RPG e personalizzazione delle armi, attivabili dopo aver guadagnato punti esperienza o materiale rispettivamente.
Non ci saranno solo sparatorie però, visto il ritorno di grandi classici del genere come sequenze di fuga, scivolate da dirupi à la Uncharted: Golden Abyss, puzzle e scalate avventurose. Se tutto vi suona come una classica scampagnata con Nathan Drake, non avete tutti i torti, ma Tomb Raider ha carisma e originalità da vendere per scacciare i fantasmi della copia-carbone. La modalità single player è una corsa mozzafiato per scoprire i segreti della vera protagonista del gioco, quella che rende l’opera di Crystal Dynamics unica e speciale: l’isola.
Quello che forse eleva Tomb Raider infatti al di sopra della maggioranza delle altre produzioni nel genere è la location, quest’appezzamento di terra maledetto nel mezzo del Pacifico in grado di regalarci alcuni degli scorci più evocativi mai vissuti con un videogioco. Il motore grafico è spettacolare a dir poco, specialmente se contiamo la grandezza e il dettaglio di certe aree; la struttura resta a corridoi più o meno grandi, ma la differenza di approcci e la possibilità in fondo di rivisitare le varie zone a piacimento (sono tutte connesse tra loro) crea un mondo più vivo e tangibile delle pur splendide ambientazioni di un Gears of War o di un Uncharted, troppo chiuse e visitabili una volta per walkthrough. Non stiamo parlando di un vero sandbox, ma di un ibrido interessante che allunga la longevità, ricco di collectible, assieme a qualche side-quest. Tra di esse, intriganti in particolare le “tombe”, situate in punti strategici della mappa e ognuna dotata di rompicapo usualmente più intricati di quelli del filone principale, in vero stile Tomb Raider. Complimenti a Crystal Dynamics allora: varia e viva, tra montagne, spiagge, grotte e cascate, il mondo ai piedi di Lara è un piacere da esplorare. Per quanto riguarda il resto del comparto grafico, ottime le animazioni e il modello della Croft, meno quelli del supporting cast, ma parliamo di dettagli.
Ad accompagnare la splendida grafica, Tomb Raider si distingue anche per la soundtrack e gli effetti, rispettivamente evocativi e decisi, senza contare il doppiaggio italiano, dove da elogiare è in particolare il lavoro della nuova doppiatrice ufficiale di Lara Croft, la bravissima Barbara Ponticelli.
Ad accompagnare la maestosa modalità singolo giocatore, arriva anche il multiplayer, da 2 a 8 giocatori online. Come spesso accade nei TPS, o in generale nei titoli molto basati su una forte campagna offline, anche il multigiocatore di Tomb Raider appare accessorio e nemmeno lontanamente al livello del resto del pacchetto.
Le due fazioni dei Superstiti della nave e dei Solarii (il nome degli indigeni, ndr) si scontrano su una manciata di mappe in modalità classiche come deathmatch a squadre e tutti contro tutti, più un paio di aggiunte dedicate al setting della serie, chiamate SOS e Soccorso. In entrambe le tipologie di partite ci si sfida a turni per controllare dei punti d’interesse o raccogliere oggetti, con entrambe le fazioni a rincorrere un obbiettivo differente. Apparentemente variano abbastanza rispetto ai canoni classici del genere, ma alla resa dei conti si tratta di King of the Hill modificate e adattate a Lara e compagnia bella. Le opzioni di personalizzazione e le statistiche sono tutte lì come ci si dovrebbe attendere, ma è proprio gamepad alla mano che qualcosa non funziona: il ritmo, le armi e il gunplay non sono semplicemente a livello di concorrenti come Gears of War e tutte le partite appaiono farraginose e affidate al caso. Nel caso abbiate terminato la Storia, è comunque bello sapere che Crystal Dynamics ha pensato di includere qualcosa per aumentare la longevità, tuttavia avremmo decisamente preferito qualche livello e ora in più con Lara che impersonare un cuoco con un fucile a pompa che sfida una setta religiosa a raccogliere medikit entro lo scadere del tempo.
Tomb Raider rappresenta un perfetto esempio di reboot e di gioco di qualità da fine generazione, tanto da colmare la distanza che la separava da Nathan Drake, che con gli ultimi due Uncharted per PlayStation 3 era salito sul trono come miglior esploratore/tombarolo videoludico.