Biomutant – Recensione PlayStation 4
Un mondo in rovina a causa delle scorie liberate da una società, un ecosistema completamente mutato e un imminente – quanto distruttivo – pericolo: il destino della Terra è tra le piccole zampette di un essere mutante che, privato dei ricordi, dovrà fare da ago della bilancia tra la distruzione e la salvezza. Queste sono le premesse di Biomutant, RPG firmato Experiment 101 e distribuito da THQ Nordic con arrivo previsto per il 25 maggio su PC e console PlayStation 4 e Xbox One. Vediamo insieme in questa recensione se le aspettative sono state rispettate!
Tra compiti e ricordi
Il mondo all’interno del quale si viene catapultati in Biomutant è un universo mutato derivante da una vera e propria apocalisse, causata dalle sconsiderate pratiche della Toxanol Corportation. Quest’ultima, desiderosa di sfruttare le risorse offerte dalla terra e dal nucleare, ha finito con il generare tonnellate di scorie radioattive, per poi tentare di smaltirle creando immense discariche. Un metodo simile mostrò quasi nell’immediato le proprie mancanze, e portò la società a prendere una decisione cruciale: scaricare le scorie tossiche nella spuma a poca distanza dalla costa, sperando nella loro disgregazione con il passare del tempo.
Un piano così sconsiderato diede presto i suoi frutti, portando alla nascita di una fauna – sia sottomarina che terrena – caratterizzata da un codice genetico modificato, e di un ecosistema completamente mutato. A tentare di riportare l’equilibrio fu la natura stessa, ma il conflitto che ne derivò non fece altro che mandare completamente in pezzi il mondo intero.
In unione a questa premessa si sviluppa la storia del protagonista del gioco che, privo di ricordi riguardanti il proprio passato, deve farsi largo in un mondo ricco di creature mutate per prendere la decisione più importante di tutte: rigenerare l’albero della vita, unico capace di restituire la scintilla ad un mondo in rovina, oppure distruggerlo e punire coloro che hanno creato questa situazione?
A interrompere questo flusso di base seguito dalla trama sono alcuni intermezzi che, ideati per riportare alla mente i ricordi del personaggio principale, permettono anche di capire quali eventi traumatici del suo passato abbiano portato proprio alla rimozione di questi ultimi.
Entrambi i filoni narrativi, portati avanti in parallelo all’interno dell’avventura, affondano le loro radici in un terreno promettente che, però, perde in fretta il proprio fascino: una narrazione pesante, tediosa, i dialoghi troppo lunghi e una serie di personaggi assolutamente improbabili rompono infatti immediatamente l’alone di mistero, spingendo i giocatori meno pazienti a saltare le conversazioni.
Veloce, forse troppo
Componente fondamentale del gameplay, vista soprattutto la necessità del protagonista di muoversi liberamente all’interno di un universo arricchito da una pericolosa – e geneticamente mutata – fauna, risulta essere il combattimento.
Biomutant offre a ogni genere di giocatore la possibilità – tramite la fase di personalizzazione del personaggio che affronteremo più avanti – di scegliere il proprio stile, spaziando tra le categorie Tiratore, Commando, Psicofolle, Sabotatore e Sentinella. Ora, al di là delle singole caratteristiche di queste ultime, sicuramente apprezzabili poiché abbastanza varie e capaci di adeguarsi anche alle esigenze più disparate, uno dei problemi stessi del titolo risiede proprio negli scontri.
Questi ultimi, presenti perfino troppo spesso all’interno dell’RPG Biomutant, affondano infatti le radici in un insieme di combo non immediate e, soprattutto, in una rapidità eccessiva: entrambi questi aspetti vanno inoltre mischiati con la tonalità dei colori che, troppo accesi anche per tutto – e intendiamo letteralmente tutto – ciò che circonda il personaggio, rendono quasi impossibile capire le azioni compiute in game, sia da noi che dai nemici.
A risollevare un po’ il comparto gameplay/meccaniche è sicuramente la vastità delle opzioni disponibili, soprattutto per quanto riguarda l’investimento dei punti potenziamento, sfruttabili sia per migliorare le tecniche del combattimento corpo a corpo sia quelle a distanza. Molto interessante in tal senso è anche la presenza del Ki, energia primordiale che scorre attraverso tutte le cose e che riporta il pensiero al concetto di Forza affrontato in Star Wars, utilizzabile sia per influenzare il combattimento sia nella sua forma riflessa, ovvero l’aura.
L’eccesso del vivace
Appena iniziata l’avventura all’interno dell’RPG, Biomutant ci mostra immediatamente il suo difetto più grande: il titolo cerca infatti di mostrare la sua ricchezza di dettagli fin dai primi istanti ma, purtroppo, nel modo peggiore possibile, ovvero tramite colori estremamente accesi e una nitidezza ai limiti del fastidioso per l’occhio umano.
Un dettaglio simile rende qualsiasi oggetto o personaggio con cui poter interagire all’interno del mondo di gioco quasi ininfluente, poiché impossibile da individuare. Il difetto risulta particolarmente evidente quando, al termine di uno scontro, vi sono delle risorse lasciate a terra dal nemico, e che potrebbero essere sfruttate a proprio vantaggio: queste ultime si perdono completamente nell’ambiente, costringendo il giocatore a girare nella zona prestando la massima attenzione, nel tentativo di individuare tutto l’utile.
Ad affiancare questa ricerca del dettaglio è, invece, una sua totale assenza quando si tratta di personaggi incontrati in gioco. Durante il proprio cammino infatti, sia per carpire informazioni utili a salvare l’albero della vita sia per riportare alla mente i ricordi del personaggio principale, quest’ultimo avrà a che fare con moltissimi NPC secondari (alleati e non). Questi ultimi, spesso rappresentati da esseri dalle fattezze animali, appaiono però come delle semplici estrapolazioni prese da libri per bambini, a volte anche abbastanza ridicoli sia a causa dell’aspetto estetico sia del loro stesso nome (“Bei Tempi” sembra una caricatura di Fonzie).
A contribuire all’effetto “potenzialità sprecate” è la precedentemente citata narrazione, che appesantisce un’atmosfera già troppo densa con una voce priva di cambiamenti di tono e fin troppo rilassante.
Una personalizzazione diversa da solito
Una delle caratteristiche sicuramente più apprezzabili di Biomutant è la fase di creazione del personaggio. Come ogni buon RPG, infatti, il titolo pone il giocatore, prima di iniziare la sua avventura all’interno del particolare universo di gioco, davanti ad una scelta che andrà ad influenzare tutto il suo percorso.
In questa fase sarà infatti possibile scegliere, in primo luogo, la razza del proprio personaggio, variando tra Primal, Dumdon, Rex, Nyla, Fip e Murgel. Ognuna di queste ha dei pregi particolari e un vantaggio nel combattimento corpo a corpo o in quello a distanza, capace di influire anche sull’efficacia delle armi utilizzate.
Una volta scelta la razza si entrerà nel vivo della fase di creazione del personaggio: spostando il cursore in una piccola zona dalla forma circolare si potrà infatti ottenere una combinazione di caratteristiche, favorendone alcune a discapito di altre tra Forza, vitalità, agilità, carisma e intelligenza. Questa fase, a meno che non vogliate optare per i valori di base, vi richiederà un po’ più di concentrazione e tempo, anche perché l’unione scelta muterà non solo le capacità, ma anche l’aspetto del personaggio!
Altro pregio dell’RPG risiede nel riflesso del Ki, ovvero l’aura del personaggio. In certe situazioni, come i dialoghi, verrà infatti richiesta una scelta tra due opzioni, una più luminosa e una più oscura. La scelta effettuata influirà, per l’appunto, sull’aura del protagonista, rendendola più tendente alla luce (e quindi alla salvezza del mondo e dell’albero della vita) o all’oscurità (e quindi alla morte dell’albero della vita). La tendenza ottenuta si manifesterà nel corso dell’avventura, rischiando anche di modificare i rapporti con gli alleati!
Biomutant potrebbe essere definito come un’opportunità enorme che non è stata sfruttata al massimo. Una trama potenzialmente avvincente rovinata dalla narrazione, un mondo di gioco completamente nuovo e affascinante ma troppo vivace e dettagliato, personaggi di gioco deludenti e combo non immediate nei combattimenti rendono, nel loro insieme, la vita difficile agli aspetti positivi del titolo, come la vasta possibilità di personalizzazione e l’interessante meccanica della gestione dell’aura. L’effetto ottenuto è, dopo un iniziale stupore per la novità rappresentata dalla storia di fondo, quello di generare noia nel giocatore, unita a una certa insoddisfazione – derivante soprattutto dalle promettenti cutscenes mostrate fino a poco tempo prima dell’uscita – e a una frustrazione spesso derivante dai combattimenti. In conclusione, l’RPG di Experiment 101 e THQ Nordic non convince, rimanendo relegato tra i confini di un’avventura che poteva avere tutte le carte in regola per diventare grande, ma ha voluto fermarsi ad uno stadio perfino troppo precoce.
Pro
- Trama intrigante
- Personalizzazione del personaggio
- Meccanismo di gestione dell'aura
Contro
- Narrazione pesante
- Combo non immediate
- Ambiente troppo dettagliato e acceso
- Personaggi dalle fattezze "bambinesche"