Demon’s Souls Remake – Recensione
È complicato esprimere le proprie sensazioni, davvero. Non è mai facile riuscire a far trasparire ciò che si prova veramente, per quanto gli strumenti di comunicazione si siano evoluti, negli ultimi anni, in una maniera spaventosa; e in oltre dieci anni, l’evoluzione c’è stata, eccome! Dieci anni, o qualcosina in più, è lo stesso lasso di tempo che separa il mondo videoludico da quello che è stato un prodotto in grado di sovvertire le leggi del videogioco, spaccandole in due in maniera silenziosa, basandosi in realtà su argomentazioni e stilemi tecnico-tattici in realtà ben più “semplici” del previsto. Ed è complicato, lo dicevamo poco fa, tornare a parlare di quanto Demon’s Souls, l’oggetto della nostra disamina odierna, abbia saputo dare alla community videogiocante, anche indirettamente.
Ai più, del resto, il gioco di FromSoftware e Japan Studio, arrivato in Europa completamente in sordina e diversi anni dopo l’originale release, è sfuggito completamente (o quasi) dai propri radar, addossandosi, in maniera anche legittima, per certi versi, la fama di prodotto “elitario” e per pochi intimi. La difficoltà, l’essere criptico a ogni costo, la brutale voglia di punire il giocatore a ogni singolo errore: questo era Demon’s Souls, ma anche e soprattutto molto molto di più, soltanto che in “pochi” se ne sono veramente accorti. Per fortuna, però, l’arrivo della next-gen ha sistemato questo grosso “problema” dei nostri tempi: Demon’s Souls, grazie al lavoro mastodontico di Bluepoint Games è tornato sulla scena, ma stavolta sotto le luci della ribalta, tanto meritata quanto doverosa per certi versi, dando così alla community la possibilità di (ri)scoprire una vera e propria perla, chiaramente sotto una veste (e che veste!) decisamente diversa. Noi abbiamo trascorso in quel di Boletaria tantissime ore (oltre 70, Platino in corso) e siamo pronti a raccontarvi le nostre sensazioni, in attesa di scoprire e riscoprire anche quello che è un background narrativo smisurato, figlio di un prodotto che, come da tradizione per la serie, non smette mai di stupire e di “insegnare” sempre nuove cose.
Ah, attenzione, di difetti, questo Demon’s Souls Remake, ne ha eccome, ma ne parliamo con calma. Mettetevi comodi!
Comparto narrativo
Parlando del comparto narrativo di Demon’s Souls Remake ci siamo resi conti che, forse, è inutile soffermarsi più di tanto sulla lore e sulla struttura tematica del titolo, ne abbiamo parlato alcune settimane fa (qui) e ci torneremo nuovamente più avanti. Rispetto ai suoi “figli”, il titolo in questione risulta certamente più chiaro a livello narrativo, offrendo una linea tematica più cristallina e “lineare” in cui non è necessario speculare più di tanto per arrivare al punto focale: non sembra obbligatorio andare a cercare il “pelo nell’uovo”, c’è un cattivo preciso che ha commesso azioni precise, che hanno portato a un finale chiaro e complessivamente “semplice” da inquadrare.
Dal nostro punto di vista, e non vogliamo nasconderlo, Demon’s Souls risulta, proprio sotto questo aspetto, anche superiore ai suoi “discendenti” poiché lo abbiamo sempre trovato più “umano”: i vari Dark Souls, Bloodborne e anche Sekiro hanno quell’aura di etereo, di soprannaturale, di narrativamente impossibile da ritrovare nella realtà, cosa che il giocatore avverte in modo molto forte sin dalle prime battute, mentre in Demon’s Souls ciò accade in misura molto minore. Le storie portate avanti sono in qualche modo più realistiche, più intime: il figlio di un re che vaga all’interno del regno alla ricerca del padre, la chierica Astrea che si rifugia nella palude “imbrogliando” gli abitanti offrendo loro una finta salvezza per poi in realtà sfruttarli e cibarsi delle loro anime, soltanto per fare qualche esempio, sono soltanto la superficie di quanto è possibile trovare esplorando la narrazione del primogenito della famiglia di From.
Ciò, indubbiamente, genera un impatto emotivo più forte, in cui il giocatore riesce a empatizzare e a sentirsi maggiormente parte della storia di Demon’s Souls, cosa che accade molto relativamente negli altri titoli del brand. Ne è un esempio calzante anche il finale, senza chiaramente fare spoiler, in cui è possibile scegliere in base alla propria coscienza, tra un finale “buono” e uno “cattivo”, e anche in questo caso sembra tutto più comprensibile e meno avvolto nel mistero.
Anche in Dark Souls e “figli” sono presenti in verità un finale buono e uno cattivo, ma in ognuno dei due casi il mondo non trae molto giovamento: o la condanna all’oscurità o la condanna a un altro ciclo identico al precedente, cosa che invece, in Demon’s Souls, sembra sfuggire a questa legge, e il giocatore ha la sensazione di avere un reale controllo delle cose, con la possibilità di fare una scelta che influenza la sorte del mondo, condannandolo o salvandolo.
Gameplay
Il “nuovo” gameplay di Demon’s Souls non è stato rivoluzionato, anzi, piuttosto è stato per certi versi riproposto in scala 1:1, risultando, in primis snellito nelle sue meccaniche principali. Pad alla mano il titolo, sfruttando la forte potenza di nuovo hardware, riesce a rimuovere tutta quella legnosità della versione originale. Ciò si avverte in particolare con i personaggi agili e veloci, quelli che utilizzano schivate e il cosiddetto “fastroll”, che adesso restituiscono al giocatore una sensazione di fluidità, di libertà di movimento e di libertà in generale maggiori rispetto al passato. L’originale Demon’s Souls era caratterizzato da una sensazione di “durezza” nei movimenti ovvia e per certi versi caratteristica, che ora – chiaramente – si avverte in maniera diversa, ma non solo però grazie alla maggiore potenza di calcolo della macchina ma anche al lavoro svolto dai ragazzi di Bluepoint Games, che hanno saputo mettere mano in maniera sapiente alla struttura del titolo, senza però snaturarlo, ma perfezionandolo e snellendone alcuni tratti fondamentali.
A spiccare è ovviamente la gestione del gameplay, in particolare quella relativa al combat system, che, essendo quello svolto con il Remake un lavoro di riproposizione più che di evoluzione o rivoluzione, mantiene invariati molti pregi e difetti, come ad esempio il fatto che le classi magiche risultano nettamente più efficaci rispetto a quelle corpo a corpo, specialmente nelle fasi iniziali. Paradossalmente, in questa nuova veste donata a Demon’s Souls il tutto si avverte ancor di più e risulta un peccato in quanto si poteva cercare di bilanciare meglio il tutto, così come poteva essere migliorato il livello di sfida portato da alcune aree, che, proprio per lacune di programmazione dell’epoca non riviste a oggi, mettono in difficoltà il personaggio in modo artificioso.
Allo stesso modo si poteva inserire la possibilità di sommare più “buff”, meccanica presente in alcuni dei “Souls” successivi: sarebbe stato gradito, infatti, poter utilizzare insieme, ad esempio, il miracolo “Rigenerazione” e l’incantesimo “Velo d’Acqua”, oppure abbinare il primo di essi a “Seconda Possibilità”, giusto per citare alcuni “abbinamenti” in grado di agevolare il giocatore nella sua già complessa traversata.
Demon’s Souls Remake risulta in ogni caso molto piacevole da giocare pad alla mano, grazie a una forte identità e alla particolare connotazione rispetto anche agli altri “Souls”, che ha mantenuto il suo grande fascino e la sua “energia” rispetto agli altri capitoli in questione, proprio grazie all’unicità del suo gameplay. L’unica nota stonata secondo il nostro punto di vista è relativa ai boss, i quali, senza girarci troppo intorno, ci hanno un po’ delusi, risultando nella maggior parte dei casi troppo deboli ed eccessivamente “bloccati” in termini di possibilità pratiche: ci saremmo aspettati, dato che nei trailer erano presenti varie clip dedicate proprio ai boss e alle loro movenze, di vedere qualcosa di più evoluto, che sapesse maggiormente di next-gen, e magari con un boost generale dell’intelligenza artificiale.
Essi risultano invece praticamente identici al passato, con le stesse caratteristiche e movenze, inclusa la facilità nell’aggirarli o comunque nel metterli in difficoltà sfruttando le informazioni già in nostro possesso inerenti i punti deboli, mostrando così un lato eccessivamente ancorato alla natura old-gen della produzione.
Inoltre, vogliamo fare una doverosa chiosa relativa al discorso sull’equipaggiamento, che in Demon’s Souls si basa quasi interamente sull’attacco e, di conseguenza, sulle armi. Gli anelli, ad esempio, a differenza degli altri soulslike, sembrano avere un impatto differente sul titolo rispetto al passato e agli altri titoli Souls, risultando meno “decisivi” e incisivi di quanto ci si potrebbe immaginare. Ci riferiamo in particolare a quelli che influenzano le resistenze, così come accade a tutto ciò che riguarda la difesa, risultano poco efficaci e anche aumentando le statistiche del personaggio sembra quasi che la resistenza ai danni ne risenta meno di quanto dovrebbe, lasciando intendere che non si riesca a potenziarsi più di tanto a livello difensivo.
Discorso, invece, diverso per gli equipaggiamenti “offensivi”: ogni arma, pur con un semplice up, diventa nettamente più forte di prima, spingendo, in qualche modo, il giocatore ad approcciare in modo aggressivo ogni scontro, specialmente quelli uno contro uno. Ciò avviene anche per gli anelli relativi alla potenza d’attacco, che hanno un’incisività più tangibile rispetto a quelli inerenti le resistenze. Chiosa finale dedicata al sistema di cure presente in Demon’s Souls e nel suo Remake: ancora oggi, ci si può curare solo con erbe e oggetti consumabili, fatta eccezione per l’uso dei miracoli, ed essi hanno un peso anche significativo. Portare con sé cure numerose può risultare problematico, impedendo al giocatore di raccogliere alcuni oggetti durante l’esplorazione: essi finiranno sì all’interno del deposito, ma si poteva cercare di eliminare, o ridurre drasticamente almeno, il peso di erbe e simili.
Boss
Non vogliamo nasconderci dietro a una mezza verità: dal nostro punto di vista i boss di Demon’s Souls, e di conseguenza di Demon’s Souls Remake, sono tra i più belli visti nella storia dei souls-like: peccato per il fatto che, come detto in precedenza siano qui stati riproposti in una veste “debole” a livello di gameplay.
Nessuno di essi ci ha realmente impensieriti, fatta eccezione per il Falso Re Allant e il Falso Idolo (a causa del fatto che non uccidevamo i suoi cloni, quindi ci trovavamo a un certo punto della boss fight con colpi che ci giungevano da ogni direzione). Per il resto siamo riusciti a cavarcela quasi sempre in pochi tentativi, cosa che con gli altri “soulslike” accade con ben poca frequenza, pur conoscendoli a menadito. Questo evidenzia una gestione dei boss controversa: dal punto di vista estetico sono stati interamente ricostruiti in maniera spettacolare, a livello narrativo sono molto solidi (pur essendoci la sensazione in alcuni casi che non ha senso che si trovino in quel luogo, restituendo una bassa contestualizzazione con l’area), ma non risultano indimenticabili per il livello di sfida che offrono.
Ciò non risulta comunque un difetto di Demon’s Souls Remake, o per meglio dire non del tutto, in quanto la pecca più grave risulta il mancato sfruttamento dei nuovi hardware per rendere migliore la loro intelligenza artificiale, che risulta trasportata in modo praticamente identico rispetto al passato. I boss di Demon’s Souls Remake, ma in generale di Demon’s Souls, risultano dunque poco “incisivi” da un punto di vista del livello di sfida, rimasto eccessivamente tarato, come dicevamo in precedenza.
Parlando sempre dei boss, oggi più di ieri, è doveroso tornare al discorso relativo alla contestualizzazione di essi, alcune volte controversa, ma nel complesso di grande impatto. Ne è un esempio perfetto Astrea, nemico finale della Valle della Putrefazione, che sembra quasi un’apparizione, un fantasma, in una landa afflitta da pestilenza e terribili alterazioni di ogni sorta, mostrandosi come una sorta di essere superiore, che ne ha soggiogato gli abitanti, degli esseri “inferiori” e ciechi, che obbediscono a una creatura che nei loro confronti non dimostra mai lo stesso affetto. Lo stesso discorso si può fare per il Palazzo di Boletaria, in cui troviamo cavalieri in precedenza al servizio del re che si ribellano alla nostra presenza, tentando di difendere il luogo e il loro sovrano. Proprio tra questi spicca la figura del Trapassatore, un boss a cui è stata dedicata una piccola chicca, estesa chiaramente a tutta la community. Superando una particolare e ardua sfida, che vi spiegheremo in un secondo momento, sarà possibile reperire l’armatura del boss in questione, situata su un cadavere nascosto, sfruttato dalla software house sia per premiare i giocatori più coraggiosi sia per omaggiare un loro dipendente che è venuto a mancare proprio durante lo sviluppo del titolo.
Tecnica
Dal punto di vista tecnico è impossibile non fare un enorme plauso ai ragazzi di Bluepoint Games, seppur chiaramente con qualche riserva, legata ad alcune limitazioni “banali” e che, a nostro modo di vedere, avrebbero potuto funzionare diversamente. Tecnicamente e artisticamente parlando Demon’s Souls Remake, che parte da una base di partenza, da un punto di vista prettamente artistico, si intende, di grande impatto, riesce, grazie alla potenza dei nuovi hardware, a restituire ai giocatori sensazioni a tratti indescrivibili, emozionanti, specialmente per chi ha goduto del titolo originale su PlayStation 3 all’epoca.
La nuova veste grafica, infatti, restituisce ai giocatori una straordinaria sensazione di immersività, grazie ad alcuni colpi d’occhio a tratti veramente impressionanti. Questo è il caso, ad esempio, dell’area finale della Cripta delle Tempeste, in cui è possibile ammirare le splendide e letali murene che volano in alto nel cielo pronte a scagliarci addosso i loro dardi luminosi, in un continuo contrasto cromatico che vive di momenti di art design fuori scala, o la Torre di Latria, tra le mappe più belle e iconiche che ricordiamo non soltanto per il brand, ma più in generale nella storia dei videogiochi, che qui risulta ancor più terrificante, controversa e orribilmente memorabile.
Grazie alle nuove tecnologie si riesce a far cogliere ai giocatori dei dettagli fondamentali, che giocano un ruolo chiave sia nel “semplice” impatto estetico sia e soprattutto nella comprensione a livello concettuale della sua costruzione, angosciante e terrificante, in cui gli unici suoni sono le grida di coloro che vi sono rimasti intrappolati, la cui ricostruzione risulta in alcuni frangenti a dir poco magistrale.
E, per quanto alla fine il Ray tracing non sia stato implementato, cosa che ha ingiustamente scioccato molti fan, scommettiamo che al momento nessuno ne senta veramente la mancanza, poiché è impossibile non lodare e apprezzare la qualità generale con la quale Bluepoint ha ricostruito il nordico, per fare una citazione, regno di Boletaria. Partendo dalla gestione dell’illuminazione, dei riflessi, o più nello specifico dei particellari, ad esempio quelli degli incantesimi e delle fiamme, il tutto lascia trasparire le potenzialità della next-gen, in cui a “stonare” sono soltanto alcuni passaggi, evidentemente figli dei limiti della natura di remake di un titolo appartenente a due generazioni fa, in alcune occasioni lasciati pressoché invariati o comunque poco in grado di lasciare il segno. Ciò può far storcere il naso, certo, ma si tratta di particolari su cui noi ci sentiamo di sorvolare, poiché nel complesso la ricostruzione eseguita con Demon’s Souls Remake è decisamente pregna di amore e di ammirazione.
Il remake di Demon’s Souls è un’opera d’amore che Bluepoint ha compiuto, sia nei confronti di FromSoftware sei nei confronti dei giocatori stessi, che finalmente hanno la possibilità di recuperare una delle perle più rare ma oscurate dell’era PlayStation 3. La splendida ricostruzione tecnica e artistica si scontra però con un gameplay rimasto molto simile alla sua versione originale, in cui i limiti strutturali del tempo li abbiamo ritrovati anche oggi, un fattore che ha in qualche modo rovinato la magia generale che, per carità, ha saputo mantenersi su livelli sempre moderatamente alti. Peccato però per una gestione troppo “antiquata” di alcuni passaggi, come gli incantesimi e i miracoli, o per quanto concerne il sistema di cura, due aspetti rimasti troppo legati al passato e che avrebbero dovuto ricevere una svecchiata doverosa ma che invece sono rimasti immutati. Si tratta, chiaramente, di dettagli che soltanto chi ha sviscerato l’originale su PS3 può comprendere, ed è proprio sotto questo aspetto che Bluepoint è andata “sul sicuro” cercando di offrire un prodotto sia accessibile sia fedele, riuscendo però soltanto a metà nel proprio intento. Nel complesso, comunque, la qualità generale di questo remake rimane decisamente alta, e consigliarne l’acquisto è praticamente obbligatorio, a patto di avere già in conto di dover tenere un bel calendario a portata di mano… Potrebbe servirvi!
Pro
- Ricostruzione del mondo di gioco splendida e incredibilmente fedele
- Gestione dell'illuminazione e dei particellari di primissimo livello
- L'aggiunta della "quest" del Trapassatore e la sua contestualizzazione
Contro
- La gestione dell'IA dei nemici e soprattutto quella dei boss ci ha sinceramente deluso
- Troppi elementi di gameplay sono stati lasciati "indietro nel tempo".