Transient – Recensione
All’alba dell’uscita dei calibri pesanti quali Cyberpunk 2077 e Assassin’s Creed Valhalla, insieme alla next gen, fa capolino una nuova produzione che ha come idea di base un qualcosa di tanto originale quanto strambo. Transient è l’ultimo titolo prodotto da Iceberg Interactive e sviluppato da Stormling Studios che si pone come obiettivo quello di farci immergere in un mondo futuristico dalle atmosfere simili a quelle del già citato titolo di CD Projekt RED, ma dalle tinte oniriche e lovecraftiane.
Il setting è sicuramente interessante: un mix di due mondi apparentemente distanti e diversi può portare a risultati mai visti ma il passo falso, quando si conducono esperimenti del genere, è sempre dietro l’angolo. Transient si muove quindi sul filo del rasoio: un salto nel vuoto fra impianti cibernetici e Nyarlathotep.
Mondi infiniti
Randolph Carter è un hacker professionista del gruppo ODIN e, sotto pagamento, porta a termine qualsiasi incarico gli venga assegnato grazie alle sue abilità fuori dal comune. Lui e i suoi compagni, così come gran parte degli altri abitanti di Domed City, non esce spesso di casa se non per necessità impellenti, visto che tutti passano buona parte del proprio tempo sulla Rete. Vivere in Rete è un’esperienza virtuale a 360° (ciao, VR) ma quello che accade durante le sessioni di navigazione può poi ripercuotersi fisicamente sul corpo degli utenti. Questo espone anche gli hacker a manipolazione o rimozione dei ricordi, che possono comunque essere digitalizzati ed essere rivissuti. Carter, in particolare, oltre a lavorare come hacker è un appassionato di particolari rituali che hanno a che fare col mondo onirico.
Randolph è in grado di preparare particolari sostanze esotiche in grado di potenziare i sensi o condurre dei sogni lucidi dove, proprio grazie ai suoi preparati, riesce ad accumulare conoscenza del mondo dei sogni e delle creature lovecraftiane che lo popolano come il Mysteriarch. A sua insaputa però, Carter è invischiato, già da tempo, in qualcosa di molto più grande di lui: a portarlo sulla pista giusta su cui indagare sarà la misteriosa morte di alcuni dei suoi amici.
Accompagnato da Phi, strumento di scansione d’ambiente prediletto da Carter, il Nostro dovrà far luce sul mistero che avvolge la sua vita e che ha portato via quella dei suoi compagni d’avventura. L’intreccio narrativo di Transient ha un incipit e degli spunti molto interessanti che tuttavia vengono sviluppati in maniera abbastanza confusa, oltre al fatto che i dialoghi, a volte troppo scarni, rendono gli avvenimenti privi di pathos, facendo da contrappeso all’ambientazione evocativa che accompagna i viaggi nel mondo dei sogni. Il finale inoltre – raggiungibile in poche ore – ci ha lasciati abbastanza interdetti, in quanto privo di mordente e impalpabile, oltre che di un senso vero e proprio.
Vi sono brevissimi momenti in cui ci siamo sentiti spinti ad attraversare ancora l’ultimo corridoio o risolvere un breve puzzle per scoprire cosa il titolo ci avrebbe riservato ma, il più delle volte, ci si ritrova con in mano un pugno di mosche.
Corridio + Puzzle = Transient
Tralasciando l’aspetto narrativo, Transient non riesce a essere veramente coinvolgente neanche sotto i termini della giocabilità. La maggior parte del tempo di gioco trascorre nel camminare nei corridoi di cui si compone l’ambientazione e risolvere dei rompicapi. Questi, a dirla tutta, non sono neanche così complessi, anzi ci si impiega davvero poco tempo a risolverli senza poi troppi problemi. Durante la nostra run abbiamo trovato più difficoltà a trovare il posto giusto per collocare una leva, piuttosto che a risolvere gli enigmi che il titolo ci ha proposto. Sotto questo punto di vista aprire una qualsiasi rivista di rompicapi procurabile in edicola è possibile che ci faccia arrovellare di più il cervello.
Fra un puzzle e l’altro, nei panni di Carter dovremo anche indagare su omicidi e zone sospette, tramite l’aiuto di Phi, ma tutto questo si concretizzerà nel seguire il punto indicato dall’IA del protagonista e cliccare sugli indizi, nulla di più. Il tutto poteva sicuramente essere più approfondito e studiato meglio, invece l’impianto del gameplay si mostra molto scarno e superficiale, tanto che si arriva a vedere i titoli di coda nel giro di poco più di 4 ore di gioco.
Cybercity poliposa
Uno degli aspetti positivi di Transient è sicuramente l’ambientazione: girare per i meandri digitali di Domed City e nel mondo onirico di Carter è un piacere per gli occhi, soprattutto se si è appassionati dei cicli di H.P. Lovecraft. Nei sogni del protagonista, che sono paragonabili a dei veri e propri viaggi verso altre dimensioni, si trovano moltissimi richiami alle creature dell’universo creato dallo scrittore statunitense, da Cthulhu a Nyarlathotep.
Le creature così come le strutture architettoniche o tutto ciò che è “non umano” sono curate in modo dettagliato e puntiglioso. La qualità invece viene meno quando si vedono visi umani (a dir la verità molto pochi): fattezze che non faticheremo a dimenticare e stili abbastanza discutibili. La stessa regola vale per le animazioni, qualche incertezza sui liquidi e sulle scariche elettriche ma per il resto sembrano essere fluide. L’opposto invece si ha quando si parla degli umani e in special modo di Carter: il corpo del protagonista risponde in modo meccanico, legnoso e poco fluido, così come è ben visibile anche negli altri comprimari.
Transient è un’opportunità sprecata: il concetto alla base della produzione potrebbe essere stato sviluppato in maniera molto più interessante e corposa. Stormling Studios e Iceberg non hanno colto la palla al balzo visto che in pochissimi si sono avventurati su territori del genere, soprattutto in campo videoludico. La gran cura delle ambientazioni e dell’atmosfera a tratti surreale non bastano a tamponare la superficialità del gameplay, la trama impalpabile con un finale scadente e le animazioni meccaniche.
Pro
- Texture dettagliate
- Setting suggestivo
Contro
- Controlli troppo meccanici
- Animazioni da rivedere
- Trama impalpabile
- Brevissimo