Back in Time – Fire Emblem Fates: Retaggio
Fire Emblem Starter Pack.
Dopo la pausa della settimana scorsa, in cui vi abbiamo parlato di Ninja Gaiden: Dragon Sword, la nostra rubrica retro torna a 3DS e, più precisamente, torna a Fire Emblem, dopo avervi raccontato il grande successo di Awakening. Fire Emblem Fates: Retaggio è la “versione light” del successore di Awakening. L’insolita formula scelta da Nintendo prevede un inizio comune, costituito dai primi cinque capitoli: al termine di quest’ultimo, il nostro eroe, creato tramite uno scarno editor, è chiamato a una scelta, cioè quella del regno con il quale schierarsi: se sceglie Hoshido, ha inizio Retaggio, mentre a Nohr si lega Conquista. Poco dopo fu rilasciato anche un terzo path, chiamato Rivelazione.
La trama non presenta collegamenti con episodi precedenti. Sul piano stilistico, poi, va valorizzata un’ambientazione come il Regno di Hoshido, ben distante dal fantasy classico proposto tradizionalmente da Fire Emblem e incarnato dal Regno di Nohr: si tratta di un regno feudale giapponese, caratterizzato da colori, classi e armi peculiari; non che in altre episodi non ci fossero ninja o katane, ma in Fates è stata creata un’apprezzabile contrapposizione fra Giappone e Occidente feudali. Peccato che questa buona idea venga svilita dalla povertà di lore e di trama, che seguono le orme di Awakening, ma con un risultato pure peggiore. Per una valutazione complessiva andrebbero considerati anche Conquista e Rivelazione, ma è anche vero che Fire Emblem Fates: Retaggio costituisce un gioco autonomo, da cui sarebbe stato lecito aspettarsi un lavoro più scrupoloso sotto questo profilo.
Probabilmente queste componenti sono state alleggerite per fare spazio a un elemento molto più pop, cioè quello delle conversazioni di supporto, che si sviluppano proprio come nell’episodio precedente. A seconda di quanto cooperano in battaglia (e anche di altri elementi secondari, fra cui un controverso mini game), le unità migliorano le relazioni sentimentali o di amicizia fra di loro. A ogni incremento di affinità corrisponde una conversazione: peccato che in molti casi si tratti di scambi di battute frivoli e abbastanza stereotipati (c’è il maggiordomo esageratamente servizievole, la pessima cuoca, il “mangione”, la domestica sbadata e così via). Siamo in linea con quanto abbiamo potuto leggere in Awakening, che per primo ha posto l’accento su un elemento bene o male da sempre presente in Fire Emblem.
Fire Emblem Fates: Retaggio e Conquista si differenziano non solo per trama, ma anche per alcuni aspetti di game design, ma entrambe le versioni poggiano sullo stesso gameplay. Retaggio – lo ricordiamo – è indirizzato ai neofiti, ma ciò implica che i veterani debbano stargli alla larga? È impossibile rispondere al quesito senza distinguere fra due piani: quello della complessità più ampiamente intesa e quello della difficoltà in senso stretto.
Sotto il primo profilo, Fire Emblem Fates: Retaggio è volutamente più povero di Conquista. Quasi tutte le missioni hanno lo stesso obiettivo, cioè quello di annientare il nemico o più raramente il boss, senza aggiungere altri elementi o limitazioni. Inoltre, nel momento in cui non si riesca a vincere una battaglia (e non si voglia abbassare la difficoltà in modo permanente), le possibilità di grindare sono numerose, in linea con la strada tracciata da Awakening; chiaramente, il tradizionalista può anche scegliere di disinteressarsi a qualunque elemento di contorno e limitarsi a infilare una missione dietro l’altra, in modo da non deteriorare il livello di sfida scelto all’inizio. Va comunque segnalato che è possibile allenare il proprio esercito anche in Conquista, solo che non ci sono battaglie casuali, quindi le opportunità in questo senso sono minori.
Per quanto attiene alla difficoltà, entrambe le versioni del gioco consentono di selezionare il livello di difficoltà e la modalità (classica con permadeath, casual senza permadeath e la nuova fenice, con resurrezione dei combattenti sconfitti nel turno successivo), di conseguenza entrambe possono rivelarsi tanto facili quanto impegnative. Chi scrive è un fan di Fire Emblem ma non uno stratega impeccabile, quindi ha giocato in Difficile (il secondo dei tre livelli di difficoltà) con permadeath. Dopo i primi semplicissimi capitoli, la sfida si è inizialmente assestata su buoni livelli per poi declinare con l’arrivo dei primi “classati” (cioè dei guerrieri di classe avanzata, acquisiti con il prosieguo della trama o facendo “evolvere” quelli di classe inferiore), che hanno reso l’impresa molto meno ardua, almeno fino alle ultime battaglie. Di fatto, limitazioni di turni o obiettivi secondari – o anche mappe più articolate – avrebbero reso il gioco più impegnativo, mentre allo stato attuale spesso è sufficiente disporre con sapienza le tre o quattro unità più forti per attirare gradualmente i nemici e ammazzarli nel turno successivo se non direttamente con i contrattacchi. L’unico elemento di “ansia” è costituito dai rinforzi (che ho sempre odiato in ogni Fire Emblem, N.d.R.), in alcuni livelli infiniti.
In conclusione, Fire Emblem Fates: Retaggio è apertamente rivolto ai principianti e fa un buon lavoro nell’accompagnarli alla scoperta di un genere ostico, che spesso spaventa i non “iniziati”; cionondimeno, anche i giocatori esperti possono trovarlo almeno godibile, utilizzando i giusti accorgimenti.
Il gameplay è figlio di quello apprezzato in Awakening, ma Fates modifica alcuni aspetti secondari, che comunque hanno il loro peso. I fan della serie noteranno innanzitutto l’eliminazione dell’usura per le armi, conservato soltanto per oggetti e incantesimi curativi. Questa soluzione elimina un elemento di complessità, ma ha il vantaggio di far risparmiare molto tempo prima impiegato nell’acquisto di armi sempre uguali e di consentire un miglior equipaggiamento delle truppe, che potranno contare più facilmente su un arsenale efficace in ogni occasione (ad esempio, si può dotare un mastro d’asta con una lancia forte, un’ammazzabestie per le unità a cavallo e un giavellotto per colpire a distanza di due caselle). Un altro aspetto macroscopico – e ben presto evidenziato dal gioco stesso – è la possibilità di modificare alcune caratteristiche morfologiche dello scenario (ad esempio, prosciugare un fiume) attivando le vene di drago; come suggerisce il nome, solo le unità appartenenti alle stirpi dei draghi possono avvalersene. Questa opzione cerca di rimediare almeno in parte al level design tendenzialmente piatto che caratterizza la main quest.
Il sistema di pairing (in italiano “duo”) è stato opportunamente ridimensionato; ora, per massimizzare il danno, è decisamente più conveniente schierare due unità adiacenti, ma ciò non garantisce né lo stat boost né la protezione dell’unità debole. Insomma, le numerose possibilità tattiche valorizzano l’elemento posizionale che sta alle fondamenta della serie; appare, dunque, felice la scelta di non sopprimere il pairing system (che, anzi, ora è utilizzato anche dai nemici) ma di ribilanciarlo. Magari nei prossimi episodi sarà necessario inventare qualcosa di nuovo e sfrondare di qualche opzione un sistema che rischierebbe altrimenti di prevedere troppe possibilità, ma al momento le meccaniche sono efficaci.
Un’altra modifica opportuna è quella del job system, che rimane imperniato su un sistema semirigido di classi inferiori e superiori, intercambiabili con l’uso di diversi sigilli. Diversamente da Awakening, ora il passaggio a una classe di pari grado non comporta il ritorno a livello 1, quindi le dosi di grinding e power playing sono inferiori. L’unico inconveniente riguarda le abilità: le classi avanzate acquisiscono la loro ultima skill a livello 15, quindi prima di “riclassare” per acquisire altre abilità è opportuno raggiungere quel livello e poi riclassare nuovamente dopo pochi livelli per acquisire il maggior numero di abilità possibile (come spiega la guida, quando da una classe si passa ad un’altra da un livello alto, le due abilità della nuova classe sono apprese nei due successivi level up). Il sistema è macchinoso e richiede una certa tempestività nel riclassare, ma c’è da dire che il ragionamento di cui sopra è rivolto ai perfezionisti che vogliano il maggior numero possibile di skill – ricordiamo che se ne possono equipaggiare contemporaneamente fino a cinque. Intelligent Systems, poi, ha deciso di rendere più versatile lo sviluppo dei personaggi, introducendo nuovi sigilli che consentono di acquisire le classi degli alleati con cui si ha il punteggio massimo di supporto.
Sorvoliamo su altri numerosissimi aspetti, come grafica, character design e colonna sonora, in linea con quanto offriva Awakening; l’unica segnalazione davvero negativa riguarda l’assenza del doppiaggio giapponese. Concentriamoci infine sulla longevità: per portare a termine i 27 capitoli dell’avventura servono circa venticinque ore (esclusi eventuali game over), a cui possiamo aggiungere almeno una dozzina di ore per missioni secondarie – tramite le quali arruolare nuove unità principalmente figlie di quelle che già fan parte del nostro esercito – e multiplayer, che prevede sfide online e in locale. In particolare, il giocatore può costruire la propria base, in cui possono essere ospitati altri giocatori, e ovviamente può visitare le altre basi, reperendo materiali utili (soprattutto visitando i castelli nohriani di quanti abbiano scelto Conquista) ed eventualmente sfidando la squadra dell’ospite.
Fire Emblem Fates: Retaggio punta ai neofiti, quindi alcune scelte vanno valutate in quest’ottica, e anche la “deriva pop” può essere valutata con maggior indulgenza. Resta un bel JRPG tattico, ma non raggiunge le vette toccate dai suoi migliori predecessori.