The Outer Worlds – Recensione
La serie Fallout è, nell’immaginario comune, un’autentica àncora complessiva di fantasia, gioco in senso stretto e concetto di “universo”: un qualcosa a cui ispirarsi completamente, per certi versi, per constatare cosa significhi imbastire un mondo credibilmente post-apocalittico nonostante follemente irrealistico. The Outer Worlds, il gioco di cui tratteremo in questa recensione, è un titolo molto atteso proprio per il motivo di cui sopra: è il prodotto delle fatiche di Obsidian e, de facto, erede spirituale di Fallout: New Vegas. Ma riuscirà, appunto, qualcosa che si pone come una sorta di Atlante che solleva il mondo, a sollevare appunto il pesantissimo fardello?
The Outer Worlds è uno sparatutto in prima persona incorniciato da uno profondo e vasto comparto ruolistico. Ed è proprio questo, il primo, importante dato da considerare: il titolo di Obsidian prende lo spunto dal passato recente, da un modo di fare che era a sua volta proiezione nel futuro dei canoni e “dogmi” dei giochi di ruolo di qualche decade fa. Le sue movenze ludiche, infatti, poggiano su di un universo colmo di personaggi, dialoghi e scelte, le quali ci permetteranno sostanzialmente di delineare il nostro personaggio nel modo che più ci aggrada, scegliendo con quali residenti, fazioni e problemi (e ce ne saranno tanti!) volerci rapportare. Sceglieremo d’esser banditi? Aiuteremo le persone in difficoltà? The Outer Worlds è impostato in modo che, nel suo strambo e futuristicamente retrò universo, si sia completamente liberi o quasi mentre si sceglie cosa fare, dove e quando, in un universo sì tecnologicamente avanzato, ma che sembra essersi fermato, per modi, usanze e concetti, al vecchio West. Humour compreso.
Naturalmente, come ogni titolo Obsidian che si rispetti, anche The Outer Worlds avrà una linea di trama principale “alternativa”, dove la realtà che conosciamo ha preso una piega del tutto differente (o forse no?). Il mondo di gioco è un universo, come detto, alternativo: nel 1901 il presidente americano William McKinley non venne assassinato e, di conseguenza, Roosvelt non salì mai in carica. La permanenza nella stanza ovale di MicKinley creò il giusto “humus” per delle mega-corporazioni, di poter crescere indisturbate e conquistare, a colpi di soldoni, la Terra ma anche e soprattutto dedicarsi alla colonizzazione di pianeti alieni. Ciò, com’è lecito immaginare, ha creato una società distorta e non esattamente fondata sull’uguaglianza sociale. Il nostro protagonista, in modo specifico uno dei colonizzatori inviato a creare una “nuova casa” nel sistema Halcyon, si risveglierà da un lungo sonno criogenico su di una nave spaziale che vaga nello spazio, colma di altri colonizzatori: di lì, sarà suo malgrado coinvolto in tutti gli (intricati) intrighi che la bella e profonda trama di The Outer Worlds ci farà ammirare, la quale sarà in larga parte orientata dalle nostre scelte, e che durerà circa 20 ore, senza contare i finali multipli e la grande rigiocabilità data proprio dalle succitate possibilità decisionali.
La prima cosa che scopriremo, probabilmente in antitesi con il retaggio a cui si ispira, The Outer Worlds non è un mondo totalmente aperto ma, piuttosto, una serie di grandi hub tra cui fare spola attraverso la nostra navicella intergalattica: in generale, il mondo di gioco di The Outer Worlds sarà ricco a livello di dettagli e delineato da una buona caratterizzazione artistica e di design (probabilmente, meno ispirata però di Fallout). Soprattutto, l’ottimo lavoro fatto da Obsidian fuoriuscirà dai dettagli, dalla caratterizzazione complessiva della società, del suo stile di vita nettamente diviso tra le “persone comuni”, le quali vivono in una situazione di costante pericolo e quasi sempre al limite della sopravvivenza, contro coloro che abbracceranno il “credo” delle multinaz… ehm, delle mega-corporazioni, i quali avranno privilegi e standard di vita elevatissimi.
Naturalmente, come ogni sparatutto ruolistico che si rispetti, The Outer Worlds avrà una fitta componente action legata inestricabilmente a un comparto rpg piuttosto spesso: proprio come fatto anche dalla serie Fallout, il nostro personaggio acquisirà esperienza dal completamento delle missioni e degli obbiettivi, oltre che dalla eliminazione sistematica dei nemici, anche grazie all’ausilio di NPC sparsi nel mondo di gioco, di cui potremo richiamare con la combinazione di alcuni tasti, le utili abilità in battaglia.
In linea di massima, avremo accesso a una vasta scelta di armamentario, da bocche da fuoco più classiche a attrezzatura hi-tech o laser, che ricorderà per certi versi il “retrò futuribile” che abbiamo imparato ad apprezzare nella saga di Fallout. Il sistema di combattimento, meccanicamente solido, sia a livello di possibilità effettive (ci saranno armi ad area, che innescheranno condizioni negli avversari ecc.) che per quanto concerne l’effettività dell’azione, levigata e dinamica al punto giusto, anche se piuttosto “lenta” e che restituirà un feeling delle armi un po’ “vetusto” rispetto alla media degli shooter moderni, sarà parzialmente tamponata da una sequela di nemici che, tranne in casi sparuti, avranno un modus operandi piuttosto simile e che non riserveranno in larga misura grosse sorprese.
Ciò è un peccato visibile (ma sicuramente modificabile in futuro) visto e considerata la grande quantità di possibilità “offensive” che il titolo riserva al giocatore: ad esempio, eseguire un attacco in un punto specifico del corpo del nostro avversario, ne causerà una condizione extra oltre il mero danno (ad esempio, un colpo alla testa innescherà uno stato confusionario, alle gambe limiterà il movimento ecc). Avremo anche la possibilità di utilizzare una sorta di “bullet time“, ovvero rallentare il tempo per poter affrontare in modo più semplice i nemici, oltre che evidenziarne i punti deboli per un vantaggio tattico notevole in battaglia. Ultima, ma non per importanza, la possibilità di utilizzare una schivata laterale che, a conti fatti, è utile in molteplici situazioni e, com’è lecito attendersi, fondamentale in battaglia.
Il nostro personaggio, in un modo non troppo dissimile da Fallout, sarà costruito su di sei statistiche passive, ovvero forza, intelligenza, destrezza, percezione, fascino e temperamento: nulla di sconvolgente, di facciata, se ci si è già avventurati in un qualsiasi mondo ruolistico che si rispetti. Ogni statistica “apicale” andrà a influire direttamente su abilità “subordinate”, che spaziano dalle abilità in battaglia, ma anche alla capacità di dialogo o alla furtività.
Quando guadagneremo sufficiente esperienza, otterremo com’è naturale la possibilità di aumentare determinate abilità: in aggiunta, nel corso del gioco, potremo anche guadagnare delle “fobie”, qui giace la prima novità reale di The Outer Worlds, che porteranno con se malus e bonus in base a diversi fattori (anche a quello che effettivamente abbiamo fatto durante il gioco). In aggiunta, ogni paio di “livelli” ottenuti con il personaggio, potremo guadagnare un “vantaggio”, ovvero un’abilità passiva generica che ci aiuterà in differenti campi, dalla gestione dell’inventario, all’utilizzo delle armi o alle nostre capacità atletiche. Ma l’appeal ruolistico continua anche nel grande lavoro svolto a livello di dialoghi: The Outer Worlds ci consentirà, così com’è funzionato per lungo tempo nel settore, di intraprendere conversazioni mediamente interessanti e ben scritte e che avranno quasi sempre un “senso” non solo estetico, visto che ad esempio potranno portarci alla conclusione di una missione o all’apprendimento di dettagli importantissimi per un’altra task.
In linea di massima, The Outer Worlds sarà meccanicamente e contenutisticamente pregevole, seppur soffrirà probabilmente di una certa mancanza di carattere: un’esperienza completa e appagante per ogni giocatore di ruolo ma che si attesta come un “what if” monumentale, se si fosse osato qualcosa in più per uscire dagli schemi tradizionali. Tecnicamente parlando, la prova del gioco ha mostrato uno stato di programmazione tecnica e elaborazione artistica eccellente, seppur non priva di difetti.
Archiviati i classici problemi che i titoli a mondo aperto o quasi (come in questo caso) hanno, tra texture qualitativamente ondivaghe, qualche rallentamento qui e lì, sporadici pop up improvvisi di oggetti di scena sulla distanza e piccole compenetrazioni poligonali, The Outer Worlds è un’esperienza pregevole e di spessore tecnico e artistico. Siamo comunque su di un gradino un po’ più basso di quello di un canonico Tripla A, soprattutto per quanto concerne la qualità estetica di edifici e, in generale, degli avamposti, che sembreranno spesso simili geometricamente ed esteticamente, seppur restino comunque un bel vedere complessivamente.
Legandosi a doppio filo al mondo di Fallout (per stessa ammissione degli sviluppatori) il confronto tra The Outer World e la succitata saga è sostanzialmente impossibile da non imbastire: Fallout (complice ovviamente decenni di sviluppo e labor limae) offre un mondo folle e visionario, personale e originale nella sua “impossibilità” ma dannatamente crudo e reale nelle sue movenze concrete interne.
The Outer Worlds, nonostante offra un universo di gioco eccellente, sembra ancora qualche passettino indietro a livello di coerenza complessiva e “diametro” qualitativo della sceneggiatura. In aggiunta, anche a livello meramente estetico, The Outer Worlds sembra voler battere, per certi versi forzatamente, la stessa strada di umano dissidio, sociale e non, seppur non legata a una apocalisse, riuscendoci in gran parte ma non completamente.
https://www.youtube.com/watch?v=Oxlflrh_Pzw
The Outer Worlds è il primo capitolo di una (siamo sicuri) lunghissima serie di videogame che si proporranno al grande pubblico come una vera e propria alternativa concettuale a Fallout. Un mondo vasto, una sceneggiatura degna, dialoghi, combattimenti e abilità: la formula è completa. Peccato che, in linea di massima, Obsidian non metta nulla di nuovo sul piatto, offrendo un’esperienza ricca ma sin troppo legata alla tradizione.
Pro
- Un mondo vasto e colmo di storie
- Meccanicamente solido
- Artisticamente valido
Contro
- Qualche incertezza tecnico
- Intelligenza artificiale da rivedere
- Nessuna caratteristica di peso che lo renda "originale"