Little Town Hero – Recensione
Presentato lo scorso anno durante un Nintendo Direct con il provvisorio nome di “Town“, Little Town Hero altro non è che un ingegnoso RPG, partorito da chi ha sulle spalle la pesante eredità e l’innegabile esperienza garantita da una delle serie videoludiche più conosciute e apprezzate tanto in terra nipponica quanto in occidente: Pokémon.
Dietro a Little Town Hero, infatti, c’è la sapiente mano di Game Freak, da sempre associata nel corso degli ultimi anni ai diversi capitoli del brand dei mostriciattoli tascabili: un peso tanto piacevole quanto complesso da scrollarsi di dosso; proprio per questo motivo una nuova IP può rappresentare la boccata d’aria fresca che permette di usufruire di maggiore libertà, consentendo esperimenti su differenti generi e meccaniche che, perlomeno stavolta, non devono obbligatoriamente andare di pari passo con la tradizione.
Little Town Hero racconta la storia di Axe e dei suoi amici, abitanti di un piccolo villaggio sperduto, sovrastato da un immenso castello perlato dove risiedono i guerrieri più valorosi del territorio.
A seguito di un patto stipulato diversi anni prima – le cui motivazioni sono misteriose – i guerrieri garantiscono protezione agli abitanti da eventuali attacchi di mostri, ma in compenso agli abitanti è proibito lasciare il villaggio, collegato al mondo esterno attraverso un cancello accessibile solo attraverso il castello stesso.
Gli abitanti vivono in pace con quest’idea di costrizione, mentre Axe non accetta di non poter vedere quello che si cela al di fuori dei ristretti confini del paesino rurale e il suo più grande desiderio è proprio quello di esplorare i territori al di là del castello e scoprire quali sono le reali motivazioni dietro a questa “prigionia consensuale”, specie perché – perlomeno all’inizio degli eventi narrati – di mostri attorno al villaggio non se ne sono mai visti e la protezione degli abitanti da parte delle guardie sembra essere futile.
Le particolari meccaniche di combattimento messe in mostra da Little Town Hero suggeriscono quella che è una struttura sostanzialmente ibrida, che nei vari turni avanza proponendo una tipologia di scelta solitamente riservata ai giochi di carte. Avremo Infatti a che fare con delle “carte” – che nel gioco prendono il nome di Izzit – che corrispondono alle mosse effettuate in quel turno dal personaggio e dal nostro avversario.
Ognuno dei due contendenti nella lotta beneficia di 3 vite e, banalmente, la vittoria è ottenuta da chi riesce per primo a toglierle all’altro attraverso colpi diretti: per arrivare a fare ciò, è necessario distruggere in quello stesso turno tutti gli Izzit e i Dazzit – nome che prendono gli Izzit attivi e pronti per essere utilizzati in quel turno – in possesso dell’avversario. Ognuno di questi elementi presenta un valore di attacco e un valore di difesa: nella collisione tra due Dazzit viene effettuato un calcolo di differenza tra il valore di attacco dell’uno e il valore di difesa dell’altro e viceversa, con la conseguente distruzione del Dazzit se il valore di difesa scenda a zero a seguito del calcolo.
Una formula che potrebbe sembrare complessa riportata per iscritto ma che, dopo qualche battaglia, potrà essere appresa in maniera esaustiva da parte del giocatore senza troppe difficoltà. La componente strategica emerge alla perfezione in una struttura del genere, in cui gli Izzit che è possibile rendere attivi sono limitati da un numero che incrementa ogni tre turni: tutto questo contribuisce a dare un ritmo in crescendo ai combattimenti, che nelle prime fasi vivono di pochi e ragionati colpi, che vanno dosati con attenzione. Un’attenzione che spesso non è sufficiente, proprio perché può capitare che nei primi turni si faccia fatica per via dei bassi punti spendibili che limitano quindi le possibilità di scelta iniziali.
Emerge infatti come, nonostante la componente strategica sia pensata con attenzione e renda spesso ogni turno oggetto di numerosi calcoli da parte del giocatore, la fortuna giochi un ruolo alle volte ancora troppo preponderante: condurre una partita (quasi) perfetta non servirà a nulla se perlomeno inizialmente non saremo aiutati dagli Izzit in nostro possesso. Certo, c’è sempre la possibilità di riprendersi nel corso della partita, ma dovremo abituarci molto speso a partire in salita.
Tutto ciò enfatizza ancora di più quello che potenzialmente avrebbe reso Little Town Hero ancora più divertente e intrigante dal punto di vista della sfida: si sente la mancanza della possibilità di poter controllare il proprio mazzo fin dall’inizio, con il giocatore che potrà spendere i punti guadagnati a seguito dei combattimenti unicamente per potenziare gli effetti e i valori di attacco e difesa degli Izzit in proprio possesso, con l’aggiunta di nuovi poteri che però è un fatto raro e a discrezione del gioco e non del giocatore, che dovrà fare quanto di meglio possibile con il materiale in suo possesso.
Una formula, quella di Little Town Hero, che comunque non stanca e che si lascia vivere in maniera inaspettatamente piacevole anche durante le battaglie più lunghe che si trascinano per diversi turni e per numerosi minuti. Resta comunque il fatto che rendere il tutto ancora più personalizzabile avrebbe aumentato di gran lunga longevità e rigiocabilità dell’opera.
Quando non si è in battaglia ci si muove per le strade del villaggio natale di Axe, in quello che comunque risulta essere un titolo molto lineare e in cui l’elemento esplorativo passa davvero in secondo piano. Nonostante tutto, questa struttura aiuta la trama dell’opera, priva di trovate d’effetto ma che, nella sua semplicità, si lascia seguire piacevolmente per tutto il corso dell’avventura (della durata di circa 20 ore, numero che può incrementare o diminuire in maniera molto netta sulla base del tempo impiegato dal giocatore per padroneggiare le varie meccaniche). Attenzione agli amanti della localizzazione italiana: il titolo offre solamente localizzazione giapponese o inglese.
Nonostante la portata limitata del campo visivo, il gioco soffre di diversi singhiozzi specialmente dal punto di vista del frame rate: nonostante riescano a mantenersi stabili durante le lotte, in qualche fase esplorativa i frame calano vistosamente. Un peccato che però non va a intaccare la vena artistica e particolarmente ispirata di Little Town Hero, specie per quanto riguarda i mostri da fronteggiare.
Le lunghe lotte e le camminate di Axe sono accompagnate da ottime musiche: la sapiente mano dietro alla parte strumentale, in questo caso, altri non è che quella di Toby Fox, autore di Undertale che in questo caso ha contribuito al comparto sonoro del titolo di Game Freak, con un risultato finale comunque molto positivo.
Non è mai facile uscire dalla propria comfort zone, specie se questa prende il pesante nome di Pokémon. Game Freak porta sugli scaffali un’avventura piacevole e originale che – considerando anche il prezzo di copertina – potrebbe sorprendere e intrattenere per diverse ore. Qualche difetto limita la piena riuscita dell’opera, ma nel suo gameplay Little Town Hero è in grado di riuscire nel suo rischioso azzardo, non mancando di stupire in più di un’occasione. Il primo passo compiuto è davvero buono e ci auguriamo che eventuali step successivi seguano il solco tracciato da questo capostipite.
Pro
- Sistema di combattimento originale
- Musiche eccellenti
Contro
- Qualche problema tecnico
- Poche possibilità di personalizzazione